IL ROMANISTA – C. ZUCCHELLI – Pugno di ferro doveva essere e pugno di ferro è stato. I dirigenti della Roma, Franco Baldini e Walter Sabatini, hanno parlato con la squadra per oltre 20 minuti prima dell’allenamento.
C’erano loro, c’erano i giocatori e c’era Zeman. Ma non c’è stato un confronto. Perché alle parole di fuoco dei dirigenti prima e dell’allenatore poi, la squadra non ha risposto. Un silenzio, quello dei calciatori, che significa solo una cosa: testa bassa e lavorare. E infatti, subito dopo il colloquio, gli è toccato fare gradoni e flessioni. È così che Zeman ha accolto in campo la squadra. Prima però c’è stata la riunione generale. Baldini e Sabatini avevano incontrato il tecnico subito dopo pranzo, prima dell’arrivo dei calciatori che sono arrivati al Bernardini alla spicciolata prima delle 16. I tifosi presenti erano una ventina, c’era qualche poliziotto ma, sostanzialmente, tanta indifferenza. L’unico che è preso qualche incitamento è stato Florenzi, per il resto non è successo niente di rilevante.
Le cose che contavano si sono svolte all’interno. Baldini prima e Sabatini poi hanno preso la parola e hanno chiesto, anzi preteso, dai giocatori più cattiveria, più concentrazione, più furore. E, soprattutto, più convinzione. Anche negli allenamenti. Baldini, ad esempio, su questo è stato chiarissimo: «Voglio più intensità ogni singolo giorno qui a Trigoria». I due direttori – quello generale e quello sportivo – hanno ribadito al gruppo che considerano la squadra a disposizione di Zeman una squadra forte e competitiva e si aspettano che si comporti come tale. Non pretendono ovviamente tutte vittorie, ma pretendono che la Roma scenda in campo con un atteggiamento diametralmente opposto a quello di Torino. Vogliono che i giocatori seguano l’allenatore («non è in discussione, andiamo avanti con lui perché siamo convinti della scelta fatta e ci sembra persino inutile dirvelo», hanno ribadito più volte) e hanno assicurato che, a differenza del passato, vigileranno di più sui comportamenti di tutti.
Evidentemente l’esperienza dello scorso anno, quando a Luis Enrique è stata data ampia libertà di comportamento con alcune scelte a volte anche troppo intransigenti e a volte fin troppo “libertine”, scotta ancora. Baldini e Sabatini, in piena sintonia con la proprietà, credono che questa squadra possa dire ancora la sua in campionato e – quando inizierà – in Coppa Italia, e si aspettano che tutti la pensino allo stesso modo. «Chi non ci crede – è stato in sintesi il messaggio finale della dirigenza – può anche farsi da parte». I giocatori hanno ascoltato lo sfogo in silenzio. E non hanno replicato, nonostante qualche voce in mattinata avesse fatto circolare una presunta voglia della squadra di replicare ai dirigenti.
Ci ha pensato allora a Zeman a prendere la parola con la squadra, e Baldini e Sabatini hanno preferito lasciarli soli. Loro hanno parlato di atteggiamento, convinzione, carattere e responsabilità, mentre il boemo è entrato in questioni più tecniche. Deluso dalla sconfitta, ha analizzato in modo molto duro gli errori commessi contro la Juventus e ha chiesto a tutti di seguire di più le sue indicazioni, i movimenti. Se dice ai terzini di spingere, si aspetta che lo facciano. Se dice agli attaccanti di rientrare e coprire una determinata zona del campo, lo vuole vedere. Di quello che ha visto in campo a Torino non gli è piaciuto niente («nonostante il mio calcio sia molto semplice»), al contrario invece di quanto successo nelle partite precedenti dove, invece, qualcosa di suo, del suo calcio, c’era stato. Anche in questo caso, per le critiche tecniche, la squadra non ha replicato. I giocatori sono scesi in campo e si sono allenati per un’ora e mezza (e il boemo non è stato per niente tenero tra corsa, gradoni e addominali) mentre, Baldini e Sabatini, nei rispettivi uffici, lavoravano dopo una giornata che fin dalle prime ore è stata complicata.
La lettura dei giornali ha mandato di traverso il caffè al dg romanista che oggi, giorno del suo compleanno, parlerà alle 14.30 in conferenza stampa. Una decisione presa dopo che ieri si è detto e scritto da più parti che sarebbe pronto a lasciare la Roma per accettare la corte del Tottenham di Villas Boas che da mesi pensa a lui come super manager della società. Quello che oggi Baldini dirà ai giornalisti è già chiaro a tutti dentro Trigoria, visto che la dirigenza della Roma era e resta questa. Senza alcun dubbio. Fino al termine della stagione nessuno andrà via. Poi, come sempre nel calcio, si farà un bilancio in base ai risultati. I dirigenti sono i primi a sentirsi sotto esame, loro come i giocatori. Nessuna smobilitazione, quindi. Lo stesso Fenucci, che ieri non ha partecipato all’incontro con la squadra perché non era a Trigoria, non ha alcuna intenzione di muoversi da Roma (e ieri Berlusconi ha confermato Galliani). E lui, come tutti, ha massima fiducia nell’allenatore.
La stessa fiducia l’ha anche James Pallotta, atteso oggi a Roma e domani a Trigoria. Per il presidente sono tanti gli impegni in programma, dagli incontri per lo stadio alla serata di gala per la Hall of fame fino alla presenza allo stadio domenica (partirà per Milano per assistere alla partita dei Celtics contro l’Armani solo dopo la sfida contro l’Atalanta), ma non verrà in alcun modo sottovalutato l’aspetto sportivo. Per questo anche lui incontrerà Zeman e i giocatori, spronandoli a essere competitivi in una stagione la cui storia deve ancora essere scritta. E lui, come tutti, si aspetta che le cose da adesso in poi cambino passo