Quando il pallone finisce sott’acqua

Quando il pallone finisce sott’acqua

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IL ROMANISTA – M. IZZI – «Il cielo diventa nero, le colline sono sommerse, i campanili scomparsi. Lampi, tuoni, saette, si accendono piccole luci. Poi piove. Come in un film americano, come in un racconto di Gabriel Garcia Marquez. Sono le tre e venti del pomeriggio e il Renato Curi è un paesaggio irreale, scuro, inquietante. Piove e tutta l’acqua del cielo dell’Umbria si rovescia dentro lo stadio dello scudetto e fa venire i brividi di freddo. Sagome in campo. Si vede poco, per favore accendete i riflettori. Chiamate il tecnico delle luci, dell’impianto. L’altoparlante fa l’appello, ma il tecnico non c’è e non si presenta e si gioca con il buio sotto la pioggia». E’ questa la descrizione con cui “Una vita in campo”, l’autobiografia di Carlo Mazzone, inizia il racconto dello storico match (diretto da Luigi Collina) del 14 maggio 2000, che con la vittoria del Perugia sulla Juventus assegnò lo scudetto alla Lazio.

Al di là di queste pessime memorie, nell’assistere alla “nuotata” della Roma contro il Parma, al sottoscritto è venuta una grande nostalgia… del passato. E’ mai possibile che negli anni ’30 ci fosse la “tecnologia” per garantire il perfetto drenaggio dei campi da gioco e oggi questo traguardo non sia raggiungibile? Campo Testaccio aveva un manto d’erba a schiena d’asino, preparato a strati che avevano lo specifico compito di garantire la perfetta tenuta e il drenaggio del manto erboso. In quel periodo, non a caso, nessuna partita è stata sospesa a causa di un nubifragio. E a te chi te l’ha detto? Direbbe Verdone… Beh, l’ho dedotto consultando Massimo Germani, l’archivio vivente della storia della Roma, un autentico fuoriclasse della documentazione delle cose giallorosse. Lo pesco a tradimento, il buon Germani nel tardo pomeriggio di ieri (e se imprecisioni ci sono nel dettagliatissimo elenco che mi viene fatto sono dovute alla fretta della mia trascrizione e non certo alla mitica fonte di provenienza), e gli chiedo a bruciapelo in quante occasioni la Roma si è vista sospendere una partita per colpa di Giove Pluvio? La sentenza dell’elaboratore umano è stilata dopo pochi minuti. Allo stato dell’arte (Massimo è sempre alla caccia di nuovi dati), risultano schedate 13 gare sospese per maltempo (5 di campionato, 1 di Coppa Italia e 7 amichevoli). Divento curioso e scopro che tutto inizia il 1° luglio 1945, quando a Sacrofano, sul risultato di 4-0 per i giallorossi, viene sospesa l’amichevole tra la Roma e la formazione locale a causa di un “violento acquazzone”.

Per avere il bis occorrerà attendere il 12 maggio 1949 quando al 30’ del secondo tempo, Chieti e Roma si devono arrendere alla nebbia. La prima bandiera bianca in campionato arrivò nel corso di Genoa – Roma del 21 dicembre 1958. La sospensione di quella gara (tra l’altro con un Genoa ridotto in dieci uomini e sull’1- 0 per la Roma per una rete di Da Costa) comportò durissime proteste da parte dei nostri calciatori, anche se a onor del vero Marassi si era veramente trasformato in un lago, tanto che Selmosson aveva fallito un comodo raddoppio cercando di servire Da Costa, a porta vuota, con la palla che malinconicamente spariva in una pozza.

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