IL ROMANISTA – S. ROMITA – Per vendere il pianoforte a coda lasciatomi da mia madre, e che andrà a mia figlia Flaminia, dovrei stare proprio a pezzi. Anzi, molto di più. Perché io a pezzi ci sono stato realmente – in un non brevissimo periodo della mia vita – e non ne ho voluto sentir neanche parlare.
Non mi è passato neanche per l’anticamera del cervello di tradire la memoria, la famiglia, e tutto quello che di più caro ci possa essere al mondo: un pezzo di te. Piuttosto sono andato a piedi per quattro anni, e ho aspettato pazientemente che la ruota tornasse a girare. Non si puo’ certo dire che poi si sia messa a correre, ma questo è un altro discorso. Anche Daniele De Rossi è un pezzo di me. Non grande come solo Francesco Totti può esserlo, ma quasi. E mi tocca leggere e sentire che sempre ci sono regole di mercato da prendere in considerazione. E che di incedibili, nel calcio come nella vita, non ce ne sono. Io non sono della stessa idea, se di idea si può parlare. C’è sempre, ed è una fortuna che sia così, un qualcosa o un qualcuno per cui non siamo disposti a scendere a patti con niente e nessuno. La Roma è quel “qualcosa”. De Rossi è quel “qualcuno”. Non siamo stati due anni e passa a difendere le ragioni di un contratto da dover firmare – e che la Società ha volutamente discusso con cura certosina – per poter oggi accettare anche solo delle ipotesi su De Rossi a spasso per Pigalle o in gita sul chilometrico canale di Manchester. E soltanto perché in campo non si raggiunge un’intesa tra allenatore e calciatore sul ruolo che capitan Futuro deve svolgere. Lui è Futuro. E la parola dice tutto.
Lo stesso discorso vale per Pjanic, uno tra i più forti calciatori arrivati in città. Tanti prima di loro, Di Bartolomei e Totti ad esempio, hanno avuto questioni di questo tipo. E sono state risolte. E sono stati scudetti. L’esperienza insegna che se davanti alle difficoltà si prende la porta e la si sbatte si fa solo rumore ma il problema non viene risolto. Se aggiungete che il problema che sta rimbalzando da settimane in mezzo al prato dovrebbe essere risolto da Tachtsidis, onesto giocatore di pallone, ma non certo un campione paragonabile né a De Rossi, né tanto meno a Pjanic, potete capire il mio stato d’animo. Migliorerà? Possibile. Florenzi? Il ragazzo si farà. E in una certa percentuale si è già fatto. Ma io, che ragazzo non sono, non ho voglia di scherzare. Strano che Zeman ne abbia. I campioni, per me, devono giocare sempre. Specialmente se hanno la maglia giallorossa sotto la maglia ufficiale