LA REPUBBLICA – G. FOSCHINI/M. MENSURATI – L’inchiesta sul calcioscommesse riparte da un hotel di Milano, l’hotel Toq di corso Como. E, in particolare, da uno dei suoi frequentatori, un signore di una sessantina d’anni, capelli radi, abiti eleganti e troppi telefonini per non dare nell’occhio. Potrebbe essere quest’uomo, secondo gli investigatori che da un anno e mezzo stanno lavorando sull’inchiesta, la chiave di volta per entrare ancora più in profondità nei meccanismi del “gioco grosso”, quello della Serie A, dei suoi dirigenti, dei suoi network, delle sue infiltrazioni. La sua identità, per il momento nascosta dietro il profilo piuttosto generico di tre identikit, sarà l’oggetto dell’attesissimo interrogatorio di Almir Gegic, il numero due della banda degli zingari (il boss è Hristian Hilievski), che si è costituito lunedì sera nelle mani della squadra mobile di Cremona e del Servizio centrale operativo di Roma, all’aeroporto di Malpensa.
Il testimone è considerato decisivo, tanto che il giudice per le indagini preliminari Guido Salvini ha messo in calendario ben due giorni di faccia a faccia, oggi e domani. La prima domanda sarà proprio quella relativa all’identità di quest’uomo misterioso di cui Gegic ha parlato in una intervista pubblicata proprio lunedì dalla Gazzetta dello Sport. «Abbiamo incontrato un paio di volte un signore sulla sessantina, alto meno di 1,80, un po’ in sovrappeso. Ce l’ha presentato Bellavista ( ndr, l’ex giocatore del Bari, già arrestato per il calcioscommesse). Non ricordo il suo nome. Voleva venderci gare combinate di Serie A. Dove erano coinvolte squadre del Sud: Catania, Palermo, Lecce, Napoli, eccetera. Ci diceva: “Andate sul sicuro con me”. Ma voleva 600 mila euro per le informazioni. Troppi».
Di quest’uomo però aveva già parlato, nel marzo del 2012, a Repubblica, direttamente Ilievski, fornendo altri dettagli. «Di lui so soltanto che ha una serie di cellulari, fa un paio di telefonate, apre un computer e poco prima del calcio di inizio dice se la partita si può giocare oppure no. Se sì, si scommette. Altrimenti si va tutti a casa». «La procedura notano gli inquirenti- è quella di un professionista». Nel suo racconto, Ilievski spiegò che “Salvatore” (così lo Zingaro chiamava questo mister X) accetta solo pagamenti in contanti, e soprattutto soltanto cifre molto alte. Da trentamila in su. Ma, a sorpresa – ed è questa la novità – c’è anche un altro testimone che nei giorni scorsi ha parlato alla procura di Cremona dell’importanza di Salvatore.
Si tratta di Massimo Erodiani, il proprietario di una ricevitoria di Pescara che sta collaborando all’indagine. Il suo verbale – ritenuto molto interessante – è stato secretato dagli inquirenti che nelle sue parole avrebbero trovato molti elementi utili all’identificazione di “Salvatore”. In teoria esiste anche la possibilità che si tratti di una persona diversa da quella indicata dai due “zingari”, ma questo non farebbe che aggravare il quadro: anche l’uomo di Erodiani vendeva le partite di serie A e lavorava all’hotel Toq. La cui hall si trasformerebbe dunque in una sorta di suk della Serie A. Come del resto dimostrerebbe anche “il summit” – così lo chiamano gli inquirenti – che si tenne in quell’edificio la notte del 15 maggio, dopo la partita Lazio- Genoa (partita combinata, secondo la procura). C’erano tutti al Toq, quella sera: Ilievski e Gegic, Milanetto e Bellavista, e, appunto, Salvatore.