IL MESSAGGERO – C. SANTI – La famiglia Moggi è da tempo nel mirino delle Procure. Prima Luciano, il diggì della Juventus coinvolto nel 2006 in Calciopoli, quindi il figlio Alessandro, procuratore e artefice della società Gea finita sotto inchiesta e adesso in quest’altra vicenda nel mondo del calcio. Big Luciano vuole rimanere nell’ombra; il calcio gli è vietato anche se lui senza calcio non sa vivere. «Cosa accade ora? Non lo so – risponde da Napoli Moggi – Sono ai margini e non conosco la situazione. Purtroppo non so nulla. Non è come prima quando sapevo tutto».
Molte cose sembrano distanti dal pensiero di Luciano: non coincidono con quello che è stato il suo operato, sempre molto libero. «In Italia si cerca sempre di distruggere quello che va bene – dice – ed è davvero complicato stabilire cosa stia accadendo intorno al calcio».
Moggi jr, che dal primo gennaio 2010 ha ripreso la sua attività di procuratore, mostra serenità. «Ben vengano i controlli della magistratura – ha affermato Alessandro – È giusto che ci siano in un settore così importante dell’economia. È anche legittimo che vi siano attività periodiche per capire se in questo mondo tutto avviene in modo regolare e trasparente. Io sono tranquillo».
L’INCHIESTA DELLA FIGC
La Procura della Federcalcio guidata da Stefano Palazzi adesso ha altro lavoro. Non bastassero le inchieste sulle scommesse e i deferimenti da mettere a punto di un’estate che si annuncia bollente tra Bari e Cremona: ecco quest’altro scandalo legato soprattutto ai procuratori. L’inchiesta sta per essere aperta; si dovranno attendere gli sviluppi e quanto emergerà dall’analisi delle carte prelevate nei blitz di ieri dalla Guardia di finanza su ordine della Procura della Repubblica di Napoli. Dovrà poi essere la Covisoc, l’organo che controlla i bilanci delle società, a dare un’interpretazione sotto il profilo più sportivo-amministrativo. Nel mirino ci sono i procuratori, i giocatori, i club. Sul piano sportivo le conseguenze potrebbero non mancare ed essere pesanti. Difatti, è possibile che qualche club possa aver fatto ricorso a operazioni finanziarie illecite. In questo caso ecco il reato di doping amministrativo che farebbe scattare, per quanto riguarda la giustizia sportiva, il famoso articolo 1 del codice che prevede squalifiche e ammende ma, nei casi più gravi, anche penalizzazioni in classifica. Gli investigatori, che hanno cominciato a lavorare sui contratti di Lavezzi e di Chavez nove mesi fa, fanno notare che gli squilibri finanziari sono evidenti nonostante l’aumento degli incassi derivanti da sponsor e, soprattutto, diritti televisivi. Il rischio è, per tutti i soggetti in questione, di finire sulla lista nera dell’Agenzia delle Entrate con tutti i movimenti bancari messi sotto la lente come sta avvenendo da due giorni a patto che non vi siano pagamenti all’estero, quindi un po’ oscuri, ma comunque rintracciabili.