L’Espresso – Ranieri: Io ne ho per Totti

L’Espresso – Ranieri: Io ne ho per Totti

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Forse il problema è che il tempo scorre senza restituire più il senso di una stretta di mano. Almeno nella Roma che ha lasciato. “Sarò anche l’ultimo dei sentimentali, ma io me ne sono andato per amore della mia città.” Sessant’anni, una figlia , la stessa moglie incontrata decenni fa nel vento di Catanzaro. All’epoca, Claudio Ranieri spazzava da capitano sogni provinciali. Difendeva, maglia numero tre. Recitava a soggetto senza tirarsi indietro: “Ogni tanto, bisognava menare”. Oggi, chiuso il cerchio di un’esistenza con le dimissioni dalla squadra con cui inziò a girare il mondo nel 1973, torna a parlare. L’anno scorso sfiorò il titolo, e avvertì in anticipo: “I problemi arriveranno adesso”. Non lo hanno ascoltato, così si è fermato. Sensa società, coesione d’intenti e lealtà, Ranieri ha ballato da solo. Un valzer triste, instabile, coraggioso, tra sorrisi falsi, patti non onorati e ribellioni plateali portate ad arte in primo piano. Nel descrivere gli ultimi momenti, l’ex tecnico dipinge una Guernica romanista. Egoismi, immaturità, miseri espedienti da basso impero che in questo marzo di cambiamento, ha preferito non respirare.

Partiamo dall’ultimo fotogramma
“A Genova la Roma vola. Va sul 3-0 e alla fine si fa rimontare. Nello spogliatoio annuncio il mio addio ai giocatori. “Vi ringrazio uno a uno. Li saluto. Nessuno fiata”

La società non auspica traumi immediati
“Era necessario che i giocatori non avessero più scuse o capri espiatori. Che discutessero tra loro. Mi risulta lo abbiano fatto. Non a caso, da settimane avevo anticipato alla squadra il mio punto di vista: Ragazzi voi avete bisogno di uno choc”

Alcuni hanno brindato al suo addio
“Ne dubito. Se fosse accaduto davvero, avrei fatto bene ad andare via prima. Al mio interesse, ho sempre anteposto quello del gruppo. Ci ho messo la faccia, ho cercato un rapporto onesto e aperto con tutti.”

Dimettersi le è costato un milione di euro
“La dignità non è un assegno. A Torino, dove il feeling non era lo stesso, mi sono fatto pagare. Qui era diverso, non mi sarei più potuto guardare in faccia.”

Senza di lei, la Roma è tornata a impegnarsi
“E io sarei l’incompetente. quando sono arrivato, nel 2009, era ultima in classifica. Allora mi chiedo, dov’è la verità?”

Quanto ha influito l’incertezza societaria?
“Molto. Le voci di un cambio imminente al vertice hanno confuso l’ambiente, facendo perdere di vista l’obiettivo. Ho compiuto un errore di generosità. Mi sono detto resto comunque. Combatto.”

Le avevano garantito il rinnovo contrattuale?
“Sia la Sensi, sia gli uomini di Unicredit. Non è stato possibile, ma a me interessava relativamente. L’investitura sul mio futuro sarebbe stata soprattutto un segnale diretto alla squadra. Quando 20 persone sanno che sei in bilico, per mantenere l’armonia generale serve saldezza d’animo.”

Non tutti l’hanno mantenuta?
“No. In situazioni simili la mente va ovunque, si inquina l’aria. Dopo la sconfitta con il Basilea mi feci sentie: “Andremo incontro ad una stagione complicata. Saremo io e voi. Nessun altro. Faremo rotazioni continue. Se non siete d’accordo ditemelo. Altrimenti ci rimetteremo entrambi.” Ci fu silenzio, anche quella volta.”

Cosa è stato a far deragliare il progetto?
“Le troppe voci. Le false notizie: Forse arriva Angelini, domani firma Angelucci. La notizia dello sbarco americano ha propagato il caos definitivo. La macchina è finita fuori strada e poi si è fermata.”

Le lamentele dei giocatori sulla stampa hanno fatto il resto.
“Ci sono state reazioni che andavano punite. Calci alle borse, musi lunhi e labiali in diretta tv da sanzionare per dare un esempio. Non è accaduto e si è fornito il lasciapassare all’anarchia. Io non sono un personal trainer, io alleno 25 persone.”

Dicono che Totti non abbia tollerato lo smacco di Genova con la Sampdoria. In quell’occasione lei lo fece entrare a quattro minuti dalla fine
“Lo rifarei, era influenzato. Gioca chi è informa e Totti è un campione che, in un minuto, può cambiare il volto e il senso a una partita. Comunque non abbiamo mai litigato. Francesco è la bandiera della Roma. E nello spogliatoio è probabilmente molto più solo di quanto non appaia”

Doni, messo da parte, non la amava
“Julio Sergio è un bravissimo portiere”

Borriello recriminava
“Voleva giocare sempre, ma non è che al Milan fosse costantemente titolare. Lo faccio partire dal primo minuto, con il Napoli non vede un pallone. Due giorni dopo analizziamo la gara, glielo faccio notare e risponde: “Ero stanco, mister, venivo da tre partite consecutive”. Allora non capisco, ma forse sono tardo io. Se sei stanco, perchè dovrei farti giocare anche la quarta e la quinta partita consecutiva?

Con lei Pizarro non giocava. Con Montella è tornato a brillare. Una coincidenza?
“David da tempo aveva problemi al ginocchio. Fin dall’estate si era allenato poco e male. Non era pronto. Più lo difendevo dandogli il tempo di guarire, più trovavo insinuazioni quotidiane sui giornali. Siccome non sono un’idiota, l’ho preso molte volte da parte: “Hai dei problemi con me? Ti ho trattato male? Dimmelo in faccia” Se ho commesso un torto non ho paura di ammetterlo. Sono fatto così, non da ieri.”

Risposta?
“No, mister. Nessun problema”

Pizarro la guardava negli occhi?
“No. Mai. Che devo dire? io sono diverso, per me la sincerità è fondamentale”

A Genova, nel giorno dell’addio, in tribuna sedeva anche l’agente Davide Lippi. Ospite anche nel primo giorno post-Ranieri a Trigoria
“Non volevano smarrire la continuità (ride)”

Lei di Marcello Lippi aveva già parlato
“Non io, i media. Di solito sono informati. E se paventavano influenze romane di Lippi, qualcosa di vero doveva esserci.”

A Torino, invece, c’erano i fatti, le trame
“Mentre ero il tecnico della Juve, Lippi e il direttore generale Blanc officiavano la cena della piadina. Alcuni giorni dopo l’allegro convivio arriva Blanc da me: “Claudio, dobbiamo assolutamente prendere Cannavaro” Mi ribello: “Chi, scusa? Cannavaro?No, signori, no ci sto”. Io sono un uomo libero. Non ho procuratori, non ho agenti”

Quanto influiscono i procuratori nel calcio’
“Molto. E’ la categoria più a contatto con i giornalisti i presidenti e i giocatori.”

I giornalisti. Non tutti l’hanno sostenuta
“Sui collezionisti di cariche che commentano il calcio in tv preferirei tacere.”

Ha timori a far nomi?
“Non scherziamo. Dicevo quel che pensavo a 35 anni, figuriamoci a 60.”

Quindi?
“Io amo lo sport e detesto l’avanspettacolo. Se devo ridere vado a tatro”

Ancora una cosa. Chi l’ha tradita?
“Lasciamo perdere. Non è grave. Mi deludono solo quelli che rispetto davvero”

Nell’ultima gara di Champions contro lo Shaktar siete passati in vantaggio. Però Sky ha inquadrato a bordo campo volti non proprio felici
“Davvero? Non lo sapevo. So che sono stato solo. Solissimo. Da Madrid a Londra, da Torino a Roma. Sempre una rivoluzione proprietaria. Me le vado a cercare con il lanternino queste situazioni.”

Ha rimpianti?
“Nessuno. Mi rimane un anno e mezzo meraviglioso. Mi ero fatto capire, forse fin troppo bene. “Se non correte tutti, non arriviamo. Con invidie, antipatie, gelosie e cura ossessiva del proprio orticello, non faremo strada. Qualcuno sta pensando solo a se stesso.” Ma non c’è peggior sordo di chi non vuole ascoltare. L’anno scorso eravamo uniti. Poi lo scenario è mutato. Quante volte avete visto litigi in campo?

Un’infinità
“Ecco. Non aggiungerei altro.”

Qualcuno ha messo in dubbio la preparazione atletica. I carichi di lavoro
“Era semplicemente avveniristica. Ma quando non conosci un argomento e sproloqui per convenienza, malafede o pigrizia, ragionare su cambi di direzioni e tecniche anaerobiche è patetico. Capanna, il preparatore atletico, è un luminare. Gli hanno attribuito anche il premio di categoria. Le faccio una domanda io adesso. Perchè nella Roma, da Taddei a Brighi, passando per Mexes, Riise e Perrotta, correvano sempre i soliti? Dopo i 18 anni, anche se è dura, bisogna decidere cosa si vule diventare da grandi. Sa che penso? Che questa squadra non ha bisogno di altri alibi. Deve vincere tirando fuori tutto tranne le scuse. Altrimenti non ne usciranno e il mio gesto si rivelerà del tutto inutile”

Chi le è rimasto nel cuore?
“Tante persone. Se devo fare un nome dico Burdisso. Un giorno parlai con la squadra. “Ho una convinzione. Si gioca bene in base a come ci si allena.” e lui, pronto: “No mister, si gioca come si vive.”

Profondo
“Bellissimo. Burdisso non si nasconde. Ti guarda sempre negli occhi.”

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