Tempo di prime riflessioni. Sono passate solo quattro giornate dall’inizio del campionato, sette stagionali se contiamo i preliminari e la trasferta di Plzen. Un tempo concretamente molto breve, poco più di un mese, ma apparentemente davvero lungo, che ha decretato il primo giudizio: rimandati. Sembra di essere vicini a Natale, quando le gare giocate hanno ormai delineato che tipo di stagione sarà. Il tempo tempestoso fuori è uno scenario perfetto, il ritratto dei tifosi e della squadra completano a dovere l’opera. Per spiegare in modo completo questa storia c’è da fare però un piccolo passo indietro.
È domenica e splende il sole su Roma. L’aria è quasi estiva, con la pioggia che intanto se la ride ed è pronta a beffare tutti. Mi dirigo verso il solito pub della capitale per vedere Roma-Sampdoria. Entrato nel locale, l’aria è gelida, l’entusiasmo ai minimi storici. Sciarpe presenti appena due. I tifosi da bar sono ancora imbufaliti per l’eliminazione dalla Champions e per il pareggio subito in rimonta a Cagliari. Inizia la gara, pochi minuti e Salah di testa ravviva l’ambiente. La squadra cala, crescono i malumori e i primi fischi iniziano a piombare sui giocatori, tanto dagli spalti quanto dai seggiolini del bar. Si capisce che qualcosa non va e Muriel ci aiuta a toglierci ogni dubbio. Le nubi si addensano, prima in campo e poi in alto. Quagliarella romba come un tuono e porta in vantaggio la Samp. Ormai non c’è più tempo, il diluvio sta per abbattersi. L’arbitro fischia il primo tempo. Nel pub una pioggia di insulti, l’insoddisfazione per il gioco e il risultato scardina come un lucchetto la voce di tutti, che si lamenta inferocita. La pausa di un’ora aiuta a sbollire gli animi, l’ingresso di Totti rinvigorisce i presenti. E il capitano, come un eroe, cambia l’incontro e contribuisce alla rimonta della Roma. La festa è finita, dopo 90’ i giallorossi sono tornati competitivi.
7 giorni dopo. Sono pronto a godermi Fiorentina-Roma dal mio divano di casa. Il pareggio di Europa League ha rimescolato le carte. L’umore dei tifosi è tornato nero. La Juventus nel pomeriggio ha perso e ciò permette ai ragazzi di Spalletti di agguantare la vetta della classifica. Qualche tempo fa il tifoso più pessimista sarebbe stato pronto a dire «Daje stasera vinciamo e andiamo primi». Questa volta però è diverso; l’ottimista di turno afferma «possiamo anche vincere stasera, ma poi ci sorpassano di nuovo in classifica». Alla fine la Roma perde, e la sensazione nell’aria è che siamo ormai arrivati a dicembre, con la squadra troppo lontana dalla capolista per puntare allo scudetto, in lotta per entrare in Champions, ma troppo discontinua per poi arrivarci realmente. Rimane l’Europa League. «Contro chi giochiamo?» «Bu, una squadra della Cecoslovacchia. Na manica de pippe. Vinciamo sicuro e possiamo arrivare in finale». Risultato: sconfitta nella ‘rinata’ Cecoslovacchia e pareggio in casa. Siamo fuori, vinceremo l’anno prossimo. Sono passate solo 7 partite, ma il sentimento che prevale è quello. Tre punti di distacco sono troppi per pensare a una rimonta, uno in Europa League è troppo poco per pensare di vincerla.
Contro la Fiorentina si è vista una Roma a due facce. Anzi no. La Roma era una, ma è stata vista in due forme diverse: una parte l’ha giudicata bella, propositiva, derubata dall’arbitro e che meritava i tre punti; l’altra l’ha ritenuta molle, immatura, stanca, che l’errore dell’arbitro «ci sta, ma non è quello il problema». La verità? Probabilmente, come sempre, sta nel mezzo. La squadra vista a Firenze non ha demeritato, ha tenuto bene difensivamente (Manolas e Fazio finora miglior accoppiamento nelle varie versioni presentate da Spalletti), ma probabilmente non ha avuto mordente in attacco. Quel guizzo in più in grado di farti vincere la partita. Perotti e Nainggolan stanno tirando il fiato, El Shaarawy sta pagando (si spera) le fatiche dell’Europeo, Dzeko è un caso a sé. Il bosniaco si può apprezzare all’infinito per l’impegno che mette, ma definirlo un cecchino d’area di rigore è esagerato. La scarsa incisività sotto porta sta già costando dei punti, perché il vero bomber, in almeno una delle tante occasioni avute al Franchi, le butta dentro. Lui, almeno per ora, non lo è. Sull’operato dell’arbitro infine si può parlare all’infinito: gli errori sono evidenti, ma mi accodo alla fila di chi non rende questo un alibi. Se Dzeko avesse realizzato l’1-0 nel primo tempo quel rigore e quel fuorigioco sarebbero finiti nel dimenticatoio.
Alla fine possiamo dare un primo resoconto: i punti in campionato sono sette, uno in meno dello scorso anno, quando però era stata già affrontata la Juve e si era giocato con il Barcellona nel mezzo delle quattro gare). Stagione già finita? Assolutamente no, ma i risultati ottenuti finora non facilitano a vedere il bicchiere mezzo pieno. E cosi ci ritroviamo, a fine settembre, a inseguire lo stesso obiettivo a cui aspiriamo da anni: il salto di qualità. È già arrivato un altro Natale?