DDR e la Nazionale, l’addio di un predestinato: “Ho amato due maglie...

DDR e la Nazionale, l’addio di un predestinato: “Ho amato due maglie nella mia carriera, l’azzurro e il giallorosso” (FOTO VIDEO)

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EDITORIALE – “E’ il momento più nero per me e per i compagni della mia generazione. Lasciare la Nazionale dopo quasi 15 anni di militanza in una serata così fa male”. Il volto rabbuiato, gli occhi lucidi per le lacrime versate nello spogliatoio prima di sottoporsi al giro di interviste in mixed zone, la voce rotta dall’emozione. Daniele De Rossi ieri sera c’ha messo la faccia, come sempre. Che fosse un “Uomo” con la U maiuscola si sapeva già, che fosse leale e sincero, genuino e verace, non bisognava scoprirlo certamente ieri, ma una delle polaroid più nitide del tracollo del nostro calcio, lo vede, suo malgrado, ancora una volta protagonista. Quando a metà del secondo tempo un collaboratore di Ventura gli chiede di scaldarsi per entrare, De Rossi da capitano tra i capitani, da veterano e da futuro (questo è certo) allenatore sbraita chiedendo l’ingresso degli attaccanti, di Insigne o El Shaarawydobbiamo vincere, non pareggiare, che c…o entro a fare io?”. Negli occhi la rabbia di chi sa di essere agli sgoccioli, di chi sa di aver disputato l’ultima partita ufficiale con la maglia della Nazionale dopo oltre cento battaglie, trionfi, delusioni, sconfitte, vittorie e di aver chiuso con uno sfortunato autogol nel match d’andata contro la Svezia.


ESORDIO DA PREDESTINATO E UN MONDIALE A 22 ANNI – Se n’erano accorti tutti quindici anni fa che quel centrocampista biondo, col caschetto alle origini, fosse un calciatore di livello assoluto. Si era fatto spazio nella Roma di Capello, conquistando terreno di giorno in giorno al cospetto di titolari fortissimi, campioni d’Italia e alcuni anche del Mondo con la propria Nazionale. Dopo il successo all’Europeo Under 21 e il bronzo conquistato con la Nazionale Olimpica nel 2004, Daniele De Rossi fa il suo esordio nella Nazionale maggiore guidata da Marcello Lippi il 4 settembre 2004, a 21 anni, nella partita Italia-Norvegia (2-1), disputata allo Stadio Renzo Barbera di Palermo e valida per le qualificazioni al Mondiale 2006: nella sua partita di esordio realizza anche il suo primo gol in nazionale, con un tocco sotto misura, d’astuzia, ad anticipare il difensore avversario. Storia di un predestinato insomma.

Un destino azzurro già scritto che si ripete impetuoso anche nell’estate del 2006, in Germania. A 22 anni DDR partecipa alla spedizione azzurra al Mondiale. E’ il centrocampista più giovane a disposizione di Lippi, condivide camera ed esperienza con gli altri due romanisti Perrotta e Totti. Il 17 giugno, contro gli Stati Uniti viene espulso, al 26′ minuto del primo tempo, per aver inferto una gomitata durante un contrasto aereo al giocatore Brian McBride, ferendolo al volto. La scorrettezza gli costa 4 giornate di squalifica. Marcello Lippi lo assolve, conosce il valore umano del ragazzo, “eccesso di impeto, Daniele sa di aver sbagliato, ma tornerà per la finale, chissà…” fu profetico il tecnico azzurro. l’Italia supera il girone eliminatorio, batte Australia, Ucraina e Germania, si presenta a Berlino contro la Francia per la finale del Mondiale. Il 9 luglio 2006 contro i transalpini, De Rossi subentra nella ripresa a Francesco Totti. È quella la gara che sancisce il trionfo dell’Italia, De Rossi realizza il terzo dei cinque rigori della serie finale: “non mi sono tremate le gambe”. Una staffilata sotto l’incrocio dei pali e la festa ebbe inizio. 2 milioni di persone al Circo Massimo, l’Italia è sul tetto del Mondo.

11 ANNI, TITOLARE CON TUTTI I TECNICI, COLONNA AZZURRA – Nelle stagioni successive De Rossi diventa un pilastro della Roma e della Nazionale, sommando consecutivamente tre partecipazioni agli Europei (2008-2012-2016) e due ai Mondiali (2010-2014) con una finale persa contro la Spagna ad Euro 2012, 117 presenze complessive (quinto di tutti i tempi nella storia della Nazionale italiana) e 21 gol, divenendo il centrocampista più prolifico del dopoguerra dopo Adolfo Baloncieri. Stupisce in termini di continuità la costante e assoluta considerazione che tutti i CT della Nazionale da Lippi a Donadoni, da Prandelli a Conte, compreso Ventura, abbiano sempre dimostrato al centrocampista giallorosso, divenuto al fianco di Buffon un leader assoluto della Nazionale degli anni 2000. Una carriera meravigliosa, che ieri sera ha spinto De Rossi a parlare di “amore assoluto per due maglie: quella della Roma e quella della Nazionale”. Un orgoglio per qualsiasi tifoso della Roma, non meritava di chiudere in maniera così triste, ma il calcio ti da e ti toglie, chissà che un giorno da allenatore De Rossi non posa riprendersi ciò che il marcio sistema del calcio “italiota” gli ha biecamente sfilato dalle mani.

 

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