La cena segreta di Parnasi con il manager e Giorgetti: “Facciamo questo...

La cena segreta di Parnasi con il manager e Giorgetti: “Facciamo questo governo”

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A REPUBBLICA (M. MENSURATI / F. TONACCI / M. E. VINCENZI) – L’abbraccio di governo tra i 5 Stelle e la Lega è nato a casa di un palazzinaro romano, otto giorni dopo il 4 marzo. Quando Giancarlo Giorgetti, braccio destro di Matteo Salvini, e Luca Lanzalone, il “mister Wolf” fedelissimo di Luigi di Maio, si siedono alla tavola di Luca Parnasi, l’immobiliarista in carcere accusato di corruzione e finanziamento illecito ai partiti. A ben vedere, il primo a fiutare il vento gialloverde che avrebbe portato, 89 giorni dopo le elezioni, al governo di Giuseppe Conte.

Il patto del mattone La lettura delle 387 pagine dell’informativa del nucleo investigativo dei Carabinieri di Roma, allegata agli atti dell’inchiesta sul presunto giro di tangenti per ungere Campidoglio e Regione Lazio e accelerare il progetto del nuovo stadio della Roma, riporta a quei giorni lì, immediatamente successivi all’esito delle urne. I giorni della grande incertezza. L’Italia in sospeso. Gli italiani che scommettevano sul nome a cui il presidente della Repubblica avrebbe conferito il mandato esplorativo. Di Maio che non chiudeva le porte a nessuno, Salvini che si professava incollato allo schieramento del centrodestra e a Berlusconi. In realtà, però, il piano era già avviato, nel modo in cui a Roma si fanno gli affari e si stringono patti. Una cena, a casa di amici.

È l’intuizione geniale di Parnasi. Ci comincia a lavorare dal 9 marzo, quando riferisce a Lanzalone — il consulente inviato al Campidoglio da Beppe Grillo per commissariare la sindaca Raggi sulla questione stadio — che la cena con Giorgetti si farà. «A casa mia», dice. «Il 12 marzo». Con un paio di regole di ingaggio per Lanzalone. La prima, riservatezza assoluta. «Dobbiamo essere super parati perché se ci vedono siamo fatti». La seconda, sullo scopo comune. «Oggi decidiamo una cosa… dobbiamo fare di tutto perché ci sia un governo». Mentre parlano, Parnasi contatta Giorgetti con un messaggio vocale su Whatsapp: «Ci vediamo in aeroporto alle 18.15 e ti porto in tv… e vai in tv ma io non mi faccio vedere».

Nel cerchio di Di Maio Il palazzinaro Luca Parnasi è un uomo che non fa mai niente per niente. Il prezzo del suo impegno per fare da taxi a Giorgetti e organizzare la cena lo mette subito in chiaro. «Voglio che mi presenti Di Maio». Per Lanzalone, non è un problema. «Vedo Luigi tutti i giorni, lo sento tre volte al giorno, l’ho visto due ore fa… lo risento domani mattina però in giro non lo dico. Luigi è un po’ come Salvini, cioè molto chiuso il cerchio… io, due tre persone, punto». Dunque, due tre persone al massimo nel cerchio magico di Di Maio, nel quale dice di sguazzare anche Lanzalone. Proprio lo stesso Lanzalone da cui oggi il leader 5 Stelle prende frettolosamente le distanze, ottenendone le dimissioni da presidente di Acea (la multiutility di Roma) dove loro stessi lo avevano messo. «Perché da noi chi sbaglia paga», dice Di Maio. Sorvolando però sul fatto che Lanzalone, poche ore prima di finire ai domiciliari, era con Davide Casaleggio a discutere di nomine in un ristorante di Corso Vittorio a Roma.

“Lanzalone Premier” Che la cena a casa Parnasi del 12 marzo sia uno snodo cruciale dell’inchiesta “Rinascimento”, coordinata dal procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo e dalla pm Barbara Zuin, lo dimostrano le cinque pagine di omissis per coprire le intercettazioni. Dopo quella cena, c’è stato un pranzo, il 16 maggio scorso. Parnasi è a tavola con un prete di nome Don Liberio. «Tra poco avrai una sorpresa», annuncia al sacerdote. La sorpresa è l’arrivo di Giorgetti. Trattandosi di un parlamentare, gli investigatori non annotano quello che si dicono. Seguono però con attenzione ciò che accade dopo.

Parnasi rientra di corsa nella sede della sua azienda, la Ampersand, e riferisce alla sorella Flaminia e alla madre che a breve passerà a trovarlo «un avvocato dei 5 Stelle che potrebbe essere nominato Primo ministro». Si tratta proprio di Lanzalone. Anche in questo caso gli inquirenti omissano il contenuto di quella conversazione negli uffici della Ampersand. Ne indicano però l’oggetto: la formazione del nuovo governo. «Parnasi — scrivono i carabinieri — seguita a dispensare consigli a Lanzalone su come proporsi a Spadafora e agli altri esponenti dei 5 Stelle per proporre il suo nome». Davvero Giorgetti ipotizzò con Parnasi di proporre mister Wolf Luca Lanzalone come presidente del consiglio del governo Lega-5 Stelle? Di fatto si sa che il nome di Giuseppe Conte è stato avanzato pubblicamente da Luigi Di Maio il 21 maggio. Cinque giorni dopo.

“Salvini è un fratello” Del resto, se Lanzalone è l’emanazione Di Maio, Parnasi lo è di Salvini. «Con Matteo ci parlo direttamente», dice l’imprenditore. Una vicinanza sigillata con i 250 mila euro versati nel 2015 alla fondazione “Più Voci”. «Era vicina alla Lega. Con Matteo sono amico fraterno, si fa campagna con me, siamo fuori.Siamo proprio amici!». Un’amicizia coltivata per anni e di cui Parnasi, annusando il nuovo corso politico, intende raccoglierne i frutti. «C’è un rischio altissimo che questi facciano il governo, magari con Matteo Salvini… e quindi noi potremmo pure avere… incrociamo le dita, silenziosamente, senza sbandierarlo, un grande rapporto!». Già, Salvini è il cavallo vincente su cui puntare il massimo della posta. Ma senza dimenticare di spargere briciole su chi potrebbe, prima o poi, essere utile. «Dieci tavoli da 50 l’uno», ordina in codice alla sua segretaria Elisa Melegari, un mese prima del voto del 4 marzo, snocciolandole una lista di nomi di politici e i soldi da versare per la campagna elettorale: «Ferro 5.000 euro, Minnucci 5.000 euro, Agostini 15.000 euro, Mancini 5.000 euro, Polverini 10.000 euro, Francesco Giro 5.000 euro, Ciocchetti 10.000 euro, Buonasorte 5.000 euro…».

Le pr gratis per la Lombardi Ovunque apre “tavoli”. In Campidoglio e alla Regione Lazio. Su richiesta del presidente dell’assemblea capitolina Marcello De Vito e del consigliere Paolo Ferrara, Parnasi mette a disposizione della candidata Roberta Lombardi il responsabile della comunicazione della sua Eurnova, Giulio Mangosi. Il primo febbraio 2018, Mangosi racconta ad un amico: «Ieri sono salito a bordo dalla Lombardi, non da interno ma in coordinamento con Augusto Rubei (attuale portavoce della ministra Trenta, ndr) che è il suo capo campagna e che è stato il capo campagna della Raggi. Sta lavorando per Di Maio pure a livello nazionale. Augusto è un ragazzo bravissimo che già conoscevo prima. Non è un Cinque Stelle, è uno molto intelligente e molto furbo… ha creato lui la Raggi a livello mediatico, ora sta aiutando la Lombardi, io gli sto dando supporto su tutto… gli darò supporto su tutti i giornali locali… Lei non vincerà mai però magari poi a livello nazionale semmai ce la fanno e quindi magari…»

Il generone di Malagò L’indagine scopre che Parnasi è “amico fraterno” anche di Giovanni Malagò, il presidente del Coni. L’11 marzo i due si incontrano al Circolo Aniene e Malagò ha una richiesta. «Dopo arriva Gregorio (il fidanzato della figlia, ndr), te lo volevo presentare. Se giù si fa qualcosa sono contento! Se non si fa, problemi per me non esistono!». Qualcosa si fa: il 23 marzo alla sede di Eurnova si presenta Gregorio. Parnasi gli chiede se sia intenzionato a trasferirsi a Roma a parità di stipendio, quello gli risponde di sì. E negli atti è ricostruito come pochi mesi prima, nel novembre 2017, il Coni abbia improvvisamente cambiato opinione — da non conforme a conforme — circa il progetto dello stadio della Roma in merito a una questione di parcheggi su cui era competente.

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