LA REPUBBLICA (F. ANGELI – M. E. VINCENZI) – Un’azione premeditata, senza ombra di dubbio. Lo sostengono gli inquirenti, lo confermano i fatti. Il gruppo dei 300 ultras biancocelesti che si è staccato dalla piazza in festa per il 119esimo compleanno della Lazio provocando uno scontro con i poliziotti, era lì proprio con l’intenzione di creare scompiglio e disordine. Sono arrivati lì armati e, senza alcuna provocazione né motivo, hanno trasformato una festa in un bollettino di guerra. A parte le bottiglie infatti le bombe carta, le pietre e i bastoni lanciati contro la polizia non sono stati recuperati per strada, i facinorosi le hanno portate con sé. Non è ancora chiaro — dicono gli inquirenti — se siano arrivati armati e con passamontagna per colpire i poliziotti oppure perché nelle intenzioni c’era un possibile scontro con la storica tifoseria avversa (la Roma). Ma che quegli ultras non fossero andati in piazza della Libertà con lo scopo di godersi una giornata di festeggiamenti è assodato. Il risultato della guerriglia urbana scatenata poco dopo l’una di notte è stato un arresto e tre denunce per violenza privata, lesioni personali e resistenza a pubblico ufficiale. Per i 4 è anche scattato il provvedimento di Daspo. In ospedale sono finiti 8 agenti con prognosi che vanno dai 4 ai 20 giorni per ferite e contusioni varie. Gli uomini della Digos stanno ora passando al setaccio le immagini delle telecamere che hanno immortalato gli scontri per identificare altri presenti, anche se molti di loro indossavano cappelli e passamontagna. Il lavoro investigativo sarà anche quello di scoprire quando e come è stato pianificato il gravissimo episodio. «I fatti di questa notte a Roma sono la dimostrazione evidente che la violenza degli ultras non è semplicemente legata alla rivalità tra tifoserie o incontri a rischio ma si tratta di condotte criminali che cercano di condizionare lo Stato e le istituzioni dello sport» Questa la denuncia del portavoce dell’Associazione nazionale funzionari di Polizia (Anfp) Girolamo Lacquaniti. «I tifosi non avevano sul posto rivali da fronteggiare e avrebbero dovuto solo dare sfogo alla loro fede calcistica — aggiunge l’Anfp — e invece, in assenza di qualunque provocazione e senza alcun motivo, hanno deciso di attaccare lo Stato, che in quel momento indossava le uniforme dei poliziotti. È evidente che il fenomeno della violenza nel tifo non rappresenta un problema sociologico bensì una espressione di natura criminale, al pari di altre organizzazioni per delinquere che attraverso la violenza cercano di estorcere vantaggi di natura economica». Dall’accaduto ha preso le distanze il presidente Claudio Lotito che ha definito gli ultras coinvolti pseudo-tifosi. «Per me i tifosi sono quelli che partecipano in modo appassionato alla vita della squadra del cuore nel rispetto delle regole, tutto gli altri fanno delle scelte diverse e ne risponderanno».