Il «sei» è un numero ma anche un tempo verbale che richiama l’essenza. Probabilmente i tifosi della Roma hanno riscoperto un numero che diventa carne e sangue: Chris Smalling è un «sei». Chissà, forse come quello che per 13 anni vestì la maglia della Roma facendo innamorare tutti e conquistando il mondo, Aldair Nascimento do Santos.
Per questo, il 2 giugno 2003, il club giallorosso organizzò un «Aldair Day», cioè un’amichevole alla cui conclusione la maglia numero 6 fu ritirata. Dieci anni più tardi però, per venire incontro al desiderio di Kevin Strootman il «mai più» divenne «perché no» e così l’olandese ereditò il 6. Ma adesso le cose sono ulteriormente cambiate visto che – 16 anni più tardi – quel numero è tornato addosso ad un difensore. Smalling, appunto, che sta facendo sognare. Se già all’esordio, forse unico tra i giallorossi, contro l’Atalanta aveva fatto registrare giudizi lusinghieri, contro il Lecce l’inglese ha brillato. I 10 palloni recuperati, il 92% dei passaggi completati e il 100% dei duelli aerei vinti sono i numeri che vanno in vetrina, ma è il senso di sicurezza che lascia trasparire ad aver conquistato compagni e tifosi.
Non stupisce, perciò, che Aldair parli bene del suo erede più che virtuale. «Uno come Smalling potrà essere molto utile – ha spiegato –. Le squadre attaccano molto di più e i difensori devono attaccare di più l’uomo vicino alla porta, senza farlo girare. E non è facile da fare». Come scrive la Gazzetta dello Sport, in generale, comunque, anche in passato Aldair aveva parlato bene dell’allenatore portoghese. «Fonseca è bravo, la Roma ha scelto bene, la strada è giusta. Paulo è preparato, intelligente ed è pronto per il grande salto. Però andrà supportato dalla dirigenza e dai calciatori. Quella giallorossa è una piazza difficile per un giocatore, figuriamoci per un allenatore che viene dall’estero. Io lo so bene».