LA REPUBBLICA (M. PINCI) – Più forte dei propri vizi antichi e di una decisione almeno frettolosa dell’arbitro. Dietro il 4° posto della Roma – dietro il sorpasso al Napoli con quel 4-0 sul campo di un’Udinese in versione Titanic – c’è una nuova consapevolezza della squadra, sempre più simile nel carattere a Paulo Fonseca. Ma anche ai suoi leader.
Sarebbe stato facile rifugiarsi nel piagnisteo vittimistico dopo l’espulsione di Fazio per un fallo su Okaka che solo il fischietto di Irrati ha ritenuto come l’interruzione di una chiara occasione da gol: mancavano 13 minuti all’intervallo e il vantaggio di Zaniolo pareva improvvisamente un’esile barriera tra i giallorossi e un altro inciampo. Anziché rammollire la Roma, invece, quell’episodio l’ha rinvigorita. C’erano tutte le condizioni perché la ripresa si presentasse come un’agonia insostenibile, invece dopo 9 minuti era già un festival. E non è un caso se ad aprirlo e poi a chiuderlo siano stati Smalling e Kolarov, due di quelli a cui – insieme a Dzeko – Fonseca non rinuncia mai. Lo spessore caratteriale di un gruppo che, come Pastore dixit domenica sera, «inizia a credere di essere forte perché così ci fa sentire Fonseca».
Una vittoria nata all’intervallo, nello spogliatoio, quando l’allenatore ha chiesto di non pensare all’espulsione ma a chiudere una partita che la squadra stava dominando. «Niente alibi»: è da inizio stagione il mantra che ripetono tecnico e (soprattutto) dirigenti a Trigoria. Il messaggio è passato, tramutato in fatti dalla forza di Zaniolo che, da quando ha incassato la critica gratuita di Fabio Capello non si ferma più: 3° gol in 3 partite, scatti e giocate illuminate dal talento di cui è stracolmo. Ma pure di Kluivert (3° gol stagionale) e soprattutto Pastore: magari non sarà ancora il marziano degli anni di Palermo, ma lentamente di quel talento ha iniziato a dispensare fotogrammi che con la continuità in campo stanno diventando videoclip. Riuscisse a riprodurne addirittura dei cortometraggi, la Roma si ritroverebbe in casa un fuoriclasse del tutto insperato (eccetto per l’allenatore).
Il paradosso è che la Roma bella di oggi è nata da macerie: quelle fisiche di una raffica di infortuni (ultimo Juan Jesus) e di proteste verso gli arbitri. Da cui ha imparato ad affrancarsi. In cambio ha ricevuto il 4° posto che aveva accarezzato alla 4* giornata ma che non aveva mai occupato in tutta la scorsa stagione: per ritrovare una Roma in zona Champions bisogna tornare all’ultima giornata del campionato 2017/18, anno della semifinale Champions. Oggi anche chi leader non lo sarà mai ha però la testa libera per fare la differenza. Come Kluivert: «Ora sento la fiducia» dice a caldo, sorridente.
Sabato all’Olimpico arriverà proprio il Napoli sorpassato grazie al poker friulano. Un incrocio che il turno infrasettimanale ha trasformato in uno scontro diretto, sì, ma a valori invertiti. Per la Roma, per paradosso, non perderlo sarà più importante che vincerlo. Ma non ditelo a Fonseca.