Prof. Castellacci: “Protocollo sanitario ancora poco chiaro. Difficoltà concrete sul tema delle...

Prof. Castellacci: “Protocollo sanitario ancora poco chiaro. Difficoltà concrete sul tema delle responsabilità, sui nuovi positivi e sulla mole dei test da effettuare”

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Il Professor Enrico Castellacci, presidente dell’associazione italiana medici calcio, ha parlato ai microfoni di Radio CentroSuonoSport. Queste le sue dichiarazioni:

Il calcio ripartirà?
“A decidere sarà sempre il Governo, nel calcio così come in tutte le dinamiche della nostra vita in questa fase d’emergenza. Certamente le nostre istituzioni hanno commesso un errore quando è stato consentito agli atleti di sport individuali di tornare ad allenarsi mentre a quelli degli sport di squadra no, per fortuna questo errore è stato sanato, considerando i tanti campi da calcio che ci sono nei centri sportivi, soprattutto in Serie A. Da questo punto di vista il Governo ha fatto un passo indietro, dopo di che si arriverà al 18 maggio. E’ giusto partire con gli accertamenti, i test sierologici, a chi ha contratto il virus vanno fatti accertamenti più approfonditi”

Sul protocollo e la gestione dei nuovi positivi?
“Stiamo vivendo un momento drammatico ed eccezionale, vale nel mondo sociale e nel mondo sportivo. Non ci sono ancora le idee chiare. Se seguiamo i protocolli della FIGC, nell’eventualità di un nuovo contagio ovviamente ci sarebbe la quarantena del singolo e tutta la squadra sarebbe isolata ma solo per alcuni giorni. La deroga richiesta dal mondo del calcio rispetto ai protocolli generici imposti dal DPCM, sarebbe quella di mettere in quarantena solo il calciatore positivo e nel frattempo svolgere test molecolari tenendo a riparo i giocatori per qualche giorno, salvo poi tornare alla normale attività. E’ una deroga molto grossa, sulla quale si sta discutendo”

Cosa accadrebbe se il campionato fosse interrotto?
“Si può pensare di chiudere il campionato, ma i giocatori dovranno allenarsi, non possono rimanere fermi 4-5 mesi. I protocolli che dovranno esser rivisti dalla commissione medica della FIGC e poi riproposti al comitato tecnico scientifico nazionale, devono necessariamente valutare due ipotesi: che si torni eventualmente a giocare oppure che il campionato venga bloccato, concedendo in questa seconda ipotesi comunque la possibilità di allenarsi, perchè gli atleti professionisti non possono restare fermi senza far nulla per tanti mesi. C’è anche il problema della B e della C, studiando dei protocolli aperti per club che non hanno a disposizione centri sportivi attrezzati”

Le responsabilità dei medici?
“Noi come medici delle squadre di calcio, abbiamo espresso dei dubbi per avere dei chiarimenti, perchè conosciamo molto bene le realtà locali. I protocolli sono validi solo se applicabili. Noi come associazione non siamo stati invitati al tavolo della Federazione e ci dispiace non poter portare il nostro contributo in questa fase. Servono dei protocolli plasmabili in funzione di ciò che deciderà il governo sulla ripresa. Le responsabilità sono enorme, sia per i club sia per i medici, ricordando che i calciatori professionisti sono dei lavoratori. Il club ha la responsabilità di porre in sicurezza i propri tesserati e il tutto è demandato ai medici nell’applicazione di questi protocolli. Queste sono tematiche sensibili, su cui bisogna trovare un’intesa. In Cina a tutt’oggi non è stata ancora decisa la ripresa dei campionati e conoscendo bene quella realtà, loro sono avanti a noi 3 mesi, servirà grandissima cautela nelle decisioni finali da parte di tutti”

Sui controlli dei giocatori?
“Per controllare effettivamente tutti i calciatori, costantemente, serve una mole di tamponi e test sierologici enorme, soltanto così i medici con serenità potrebbero avere uno screening chiaro del gruppo squadra. In Germania utilizzeranno una marea di test, ma evidentemente al contrario nostro li hanno e non è solo un problema etico, ma anche pratico e sociale”.

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