L’impero dei Sensi è costato ad Unicredit 60 milioni di euro

L’impero dei Sensi è costato ad Unicredit 60 milioni di euro

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Per i tifosi è “la magica”, per il top management un investimento, per gli azionisti una svalutazione. A una decina di giorni dalla chiusura dell’operazione, prevista intorno al 4 luglio – giorno dell’Indipendenza americana, caro alla cordata nuovo proprietario Thomas Di Benedetto – ricostruire quanto la AS Roma pesi sulle casse di UniCredit è impresa ardua. Nella serata di martedì scorso, il cda della banca ha approvato i pre-requisiti previsti dal contratto siglato con gli americani per la cessione dei giallorossi: «Un loan (prestito, ndr) da dare alla società di calcio e un commitment a partecipare all’aumento di capitale di 35 milioni» ha spiegato il direttore generale Paolo Fiorentino, da questa mattina membro del cda del club, che ha poi affermato: «siamo pronti anche ufficialmente a formalizzare i contratti».

Un punto fermo a due mesi dall’accordo messo nero su bianco lo scorso 15 aprile, quando l’imprenditore americano, già proprietario di una quota dei Red Sox, è divenuto azionista di riferimento di Roma 2000 Srl, ex società della galassia Italpetroli, in cui è stato conferito il 67% della club AS Roma, oltre ad ASR Real Estate, che gestisce il centro sportivo di Trigoria, e a Brand Management, società che si occupa invece di marketing e merchandising giallorosso. Il tutto al prezzo di 70,3 milioni di euro, di cui 60,3 (36,8 miliardi sborsati dagli americani e 24,12 dalla prima banca italiana) relativi alle azioni della Roma, valutate al prezzo di 0,67 euro per azione (al momento in cui scriviamo il titolo è scambiato a 0,69 euro).

Secondo quanto si legge sulla nota relativa al deal, «l’acquisto, effettuato attraverso una società di nuova costituzione, partecipata per il 60% da Di Benedetto AS Roma LLC e per il 40% da UniCredit Spa, è subordinato al rilascio del nulla-osta antitrust e alla concessione ad AS Roma Spa, da parte di UniCredit e Roma 2000 Srl, di finanziamenti per complessivi Euro 40 milioni».

Traducendo e ricapitolando: la valutazione complessiva della Roma è di circa 110 milioni di euro, l’aumento di capitale avallato dalla banca ieri l’altro sarà sottoscritto pro quota, quindi 21 milioni di euro da parte di Thomas Di Benedetto e 14 da Piazza Cordusio, che però sborserà altri 10 milioni di euro per godere dei diritti su Trigoria per un decennio. Non solo. Come si legge sul comunicato di aprile, «la holding promuoverà […] l’Opa su tutte le azioni ordinarie AS Roma diverse da quelle costituenti la partecipazione di maggioranza […] In caso di adesione totalitaria, il controvalore complessivo massimo dell’Opa su AS Roma sarà par a circa euro 29.570.265». Non è ancora chiaro chi le sottoscriverà, ma secondo le indiscrezioni di questi giorni la banca potrà ridurre la sua partecipazione al 20% post Opa, entro l’autunno. Fonti vicine al dossier affermano infatti di avere già avuto contatti con tre potenziali acquirenti.

Il percorso per ricapitalizzare il club di riferimento dell’Urbe è stretto e tortuoso. E passa attraverso il quasi default di Italpetroli, la società della famiglia Sensi, ormai ex proprietaria della Roma. Guardando al bilancio 2009, l’ultimo depositato, il debito a breve termine nei confronti delle banche era di 367.862.000 euro, di cui, secondo fonti giornalistiche, 80 nei confronti del Monte dei Paschi Quindi, l’esposizione dei Sensi verso UniCredit è poco meno di 288 milioni euro. Come risulta dal consolidato 2010, la banca possiede il 49% della società di Rossella Sensi, ma non è immediatamente deducibile quanto valga questa partecipazione. In realtà, a pagina 98, la Nota integrativa al consolidato 210 una piccola noticina riporta che «i valori di bilancio sono inferiori all’arrotondamento richiesto dalla presente tabella». Ovvero, Italpetroli vale zero. Prima della fusione in UniCredit, l’ammontare del debito di Italpetroli nei confronti della Banca di Roma (da bilancio 2006) è di 268 milioni di euro.

Si sa, invece, il valore dei tre asset principali di Italpetroli in mano a UniCredit, che la banca sta cercando di vendere: il patrimonio immobiliare, circa 100 milioni di euro, il comparto petrolifero di raffinazione, 150 milioni di euro che saranno ceduti entro l’anno. E, infine, la Roma, che ha chiuso il primo trimestre 2011 con una perdita consolidata di 15,3 milioni di euro e, tra le altre voci in passivo, 25,4 milioni di euro proprio verso UniCredit Factoring – a cui il club ha ceduto i proventi per i diritti tv sulle prossime due stagioni – ricevendo in cambio, a febbraio, un anticipo da 25 milioni di euro.

A oggi, dunque, la squadra costruita intorno a capitan Totti è costata alla banca 60 milioni di euro. Il vero nodo da sciogliere non riguarda il rettangolo verde dell’Olimpico ma semmai le piattaforme petrolifere di Civitavecchia. Anche perché, a pagina 204 del bilancio relativo al 2010, sotto la voce “Partecipazioni in società controllate in modo congiunto e in società sottoposte ad influenza notevole: informazioni contabili”, il valore di Italpetroli, a differenza delle altre partecipate rilevanti, non compare. Un mistero spiegato solo parzialmente dalla chiusura dei conti 2010 della società controllata dai Sensi. Secondo i calcoli de Linkiesta, il prezzo dell’operazione Sensi, per Unicredit, è di circa 90 milioni di euro. Circa, in quanto il fair value della società petrolifera (relativo al 2010) è tuttora ignoto.

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