REPUBBLICA.IT (M. PINCI) – Quanto sono lontane Firenze e Napoli? Viste da Roma, oggi, molto di più dei 470 chilometri di autostrada che le separano. Molta più strada ha fatto la squadra giallorossa, da quella giornata al “Franchi”, quando contro i viola di Delio Rossi il gruppo romanista aveva perso la sicurezza del proprio gioco, oltre che partita e uomini (3 espulsi). Da quel momento che sembrava una fine, qualcosa si è rimesso in moto. Di Luis Enrique, De Rossi ha sempre detto: “Ricorda Spalletti”. E Luis, come Spalletti 6 anni prima, in una notte di Natale ha trovato la sua Roma. Promossa a pieni voti dal doppio confronto contro Juventus e Napoli.
DA FIRENZE A NAPOLI, METAMORFOSI DI LUIS – Vedi Napoli e poi muori. Questo, sul treno che riportava la Roma a casa da Firenze, sembrava il destino dell’allenatore asturiano: lui appeso al filo dell’incertezza sul dare o meno seguito all’avventura romana. La società costretta a prendere tempo in vista di due gare da gelare il sangue contro Juventus e Napoli. I dirigenti avrebbero potuto cambiare Luis Enrique senza scatenare polemiche. È stato invece l’allenatore a “cambiare” se stesso: addio a quel possesso palla imbarazzante quanto inutile visto contro la Fiorentina, nonostante l’inferiorità numerica. Benvenuto al centravanti Osvaldo che rincorrere gli avversari come il trequartista Lamela, agli esterni più attenti, al centrocampo più denso. In una settimana, l’aggancio agli azzurri in classifica, quattro reti, quattro punti. Che, con un po’ di fortuna, sarebbero persino stati sei. Se Luis tiene a ribadire di non essersi “italianizzato”, è innegabile che abbia iniziato a prendere confidenza con la lingua calcistica del nostro paese, almeno quanto con quella parlata (complimenti). Da Enrique a Enrichetto, forse, ma con un grande merito: aver ritrovato la propria squadra, contro due delle squadre più forti del campionato.
LA ROMA AI PIEDI DI TOTTI – Ma il segreto della “nuova” Roma, oltre che nel metodo è anche nei singoli. A cominciare da un nome e un cognome: Francesco Totti. Impossibile sia solo un caso: da quando contro la Juventus il capitano ha ritrovato una maglia da titolare, la squadra ha cambiato volto. Nonostante il rimpasto estivo e la nuova mentalità, la Roma continua a dipendere quasi fisicamente dal suo capitano, diventato fulcro indispensabile anche del gioco di Luis Enrique, nella posizione antica di falso centravanti dietro i due attaccanti-ali. La squadra è ai suoi piedi, e i numeri confermano: senza Francesco, 5 sconfitte in 8 gare, con Francesco titolare un solo kappaò, con il Cagliari, in 7 match. Più determinata, più concentrata, persino più “cattiva”, la squadra, con Totti nell’undici di partenza, nonostante gli avversari si chiamassero Juventus e Napoli. Come se anche gli altri giocatori beneficiassero della sua personalità, scaricandosi magari di qualche responsabilità di troppo, è sembrata evidente la rinascita mentale, oltre che fisica. E pazienza se a Natale il numero dieci è ancora alla ricerca del primo gol in campionato, la prima volta dal ’94 a oggi. Per ora bastano i suoi assist, già 4 stagionali, l’ultimo per Osvaldo.
LA RISCOSSA DEGLI OVER 30 – Totti e non solo. Perché se a Firenze era naufragata la Roma dei nuovi, con l’espulsione di Bojan dopo quella di Gago, oltre alla “bocciatura” iniziale di José Angel, nelle ultime due gare Luis ha riscoperto l’affidabilità di una vecchia guardia troppo presto accantonata. Il volto dell’inversione di rotta è quello di Fabio Simplicio, già pronto al trasloco solo 7 giorni fa (Parma, ma anche Bologna), ora titolare aggiunto di questa squadra. E adesso, anche Luis vuole che resti. Come Taddei: sulle corsie laterali, destra o sinistra non fa differenza, una maglia è sempre sua. Al centro della difesa è invece tornato a brillare Juan, tra i migliori a Napoli sia su Cavani che su Lavezzi e Pandev, dopo cattiverie e offese da tutto l’ambiente o quasi. Ovviamente in coppia con Heinze, un “vecchio nuovo”, decisivo sia contro la Juventus che al San Paolo. Quattro over 30, oltre a Totti, riscoperti fondamentali dal tecnico. Nonostante la consacrazione di Lamela (il migliore domenica) e il debutto di Viviani, a Trigoria ora la rivoluzione giovanile può attendere.
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