CORRIERE DELLO SPORT – « E’ stata la scelta migliore. E speriamo che l’affare l’abbiano fatto la Roma e la città di Roma ». Tre giorni dopo la firma di Boston, Paolo Fiorentino, vice direttore generale di Unicredit, racconta retroscena dell’affare DiBenedetto e i programmi della nuova Roma, intervenendo in diretta su GR Parlamento a “La Politica nel Pallone”, condotta da Emilio Mancuso. « E’ stato un percorso lunghissimo, iniziato alla fine del 2010 con il supporto di una banca d’investimento, Rothschild, che ha fatto il giro del mondo per trovare i potenziali investitori. La nostra soggettività è stata relativa perché nei numeri e nella modalità l’offerta di DiBenedetto era la migliore. Al di là dell’aspetto economico, ci dava una garanzia sullo sviluppo del progetto, il che non è mai stato un elemento marginale » , spiega Fiorentino. Aggiungendo a proposito degli americani: « I numeri parlano da soli, ma anche nella prospettiva di una valorizzazione futura della Roma questo era il team ideale ».
CIFRE – Le cifre dell’affare, spiega Fiorentino, sono in linea con altre operazioni andate in porto in Inghilterra: « Sinceramente la Roma non poteva essere venduta meglio. Il valore degli asset non si basa sulla suggestione del brand ma su dati economici: si valuta il giro d’affari, cioè quanto incassa un club, e per stabilire un prezzo si utilizza un moltiplicatore. Nel caso del Liverpool è stato di 1,6 mentre quello della Roma è stato di 1,4. Il Liverpool vale di più perché i diritti tv garantiscono un ritorno più importante. Per l’Arsenal il prezzo è stato di 3,9 volte il fatturato ma per il fatto che il club ha uno stadio di proprietà, bellissimo, un contratto con Emirates che vale 110 milioni di euro e 360 appartamenti realizzati con il vecchio stadio. Chi ha comprato l’Arsenal, ha comprato soprattutto un progetto immobiliare ». E lo stadio della Roma? « Nel business plan discusso non c’era, ma è evidente che una squadra come la Roma ha questa opzione. Incassa 140-150 milioni di euro, come altri club di calcio è una media impresa che ha bisogno di infrastrutture su cui costruire il business in maniera sostenibile, affrancandosi dal mecenatismo ».
PISTA SOROS – Fiorentino conferma anche la trattativa avviata due anni fa con Soros, non gestita però da Unicredit: « Riscrivere la storia sarebbe ingiusto nei confronti di chi c’era. Ci furono delle congiunture negative: prima c’è stata una fumata grigia, poi erano cambiate le condizioni e l’appeal della Roma. Me lo ha confermato anche Pallotta, lui era vicino a prendere la Roma con Soros ».
Vincere subito, vincere anche domani: Fiorentino si tiene alla larga dai nomi, però fa capire bene quali saranno le linee guida della nuova Roma in tema di acquisti. « Lascio con piacere agli altri l’onere del mercato, però direi che intanto gli americani nutrono il mito del capitano, Totti. Vogliono puntare su giovani di grandissimo talento e mixarli con dei campioni affermati, questo nella prospettiva di creare intorno al brand un appeal dal giorno uno ma anche costruire dei risultati sostenibili nel tempo » , spiega Fiorentino. Il senso è questo: i big per essere subito competitivi e per aiutare i giovani talenti ad esplodere per essere al vertice anche negli anni a venire. Per aprire un ciclo, insomma.
RISORSE – Il tema del mercato si lega alla questione del vendor loan, il finanziamento che la nuova Roma otterrà da Unicredit e, in parte, da Roma 2000. « La trasparenza estrema che abbiamo dato ai numeri è lo stile della nostra casa, per evitare la dietrologia ho voluto che nel comunicato la storia del credito fosse chiara », sottolinea Fiorentino. Che spiega: « Oltre all’acquisto, gli americani metteranno altri soldi freschi per l’aumento di capitale. In più hanno chiesto dei finanziamenti a medio- lungo termine: per le altre società si tratta di solito di anticipazioni sugli incassi, qui saranno risorse utilizzate se necessarie. Se c’è da fare un’operazione di mercato e non c’è abbastanza cassa, ci sono due possibilità: o metti insieme gli investitori e chiedi al volo un aumento di capitale, il che non è una passeggiata, oppure attivi delle linee di credito che ti consentano di fare delle operazioni » .
COMPETITIVA – Una Roma competitiva, subito e nel futuro, perché, spiega Fiorentino, « si fa del marketing su un oggetto che vince, nessuno si appassiona a team perdenti e antipatici. L’obiettivo è avere una squadra che sia competitiva per creare una tensione positiva intorno al brand » .
APPEAL – Una squadra costruita per vincere, per piacere alla gente. E’ la filosofia del marketing applicato allo sport: « Gli americani mi hanno molto colpito per la loro esperienza nella gestione dei marchi sportivi e la capacità di costruire intorno al team una serie di eventi che trasformano la squadra in un oggetto da media. Sono stato colpito dalle cose che Tom ha fatto sui Red Sox nel baseball e che Pallotta ha fatto con i Celtics nel basket » .
Ci sarà da incassare l’ok dell’Antitrust, ci sarà da lanciare l’Opa. L’iter burocratico è lungo ma Fiorentino fissa una data: « A giugno DiBenedetto sarà ufficialmente presidente della Roma ». Difficilmente il suo vice sarà però James Pallotta: « Non ne abbiamo parlato, però lui è nella gestione dei fondi e in America è proibito tutto ciò che può essere percepito come potenziale “advertising”. Per questo problema lui non ha partecipato alla conferenza stampa e si è concesso invece ai giornalistiin maniera destrutturata ». Nel Cda ci saranno anche i rappresentanti di Unicredit: « Ma non c’è nessuna intenzione di porre dei paletti alle scelte che Tom vorrà fare. DiBenedetto è il rappresentante della società, gli azionisti, anche di minoranza, si riconosceranno in lui. Lungi da noi qualsiasi idea di inserire persone che Tom non dovesse sentire come scelte da lui: sarebbe l’anticamera per l’insuccesso. Nei patti abbiamo previsto che ci siano votazioni con maggioranze qualificate per le decisioni importanti, ma lavoreremo molto sulla base dei piani ».
SOCI ITALIANI – Unicredit affiancherà DiBenedetto al 40%, ma gli accordi con gli americani prevedono l’ingresso di partner italiani che rileveranno quote dalla partecipazione dell’istituto di credito. Tra i nomi c’è quello di Angelini, imprenditore farmaceutico già in passato interessato a rilevare il club: « Conosco la sua passione per la Roma, se lui fosse interessato sarebbe un’opportunità. Non abbiamo ancora parlato, ma che lui sia uno dei candidati lo considero ovvio ». Per Fiorentino gli imprenditori italiani « erano spaventati di lanciarsi in un’iniziativa così complessa sul piano del rischio », ecco perché l’affare Roma ha stuzzicato di più l’interesse di investitori stranieri. « L’Italia paga una logica di mecenatismo con cui sono stati gestiti i club: penso agli Agnelli, a Moratti, Berlusconi, alla stessa famiglia Sensi che ha investito centinaia di milioni in questo asset. C’era l’idea che fosse l’unico modo di gestire un asset in piazze calde e con appassionata vocazione ai risultati ». Gli stranieri, invece, possono « settare in maniera alternativa la comunicazione con la piazza ». La costruzione dello stadio può riaccendere l’interesse degli imprenditori romani: « Credo che la Roma debba avere un cuore romano solo nei tifosi e nei giocatori ma anche negli investitori ».
ORGANIGRAMMA – Aspettando il nuovo CdA, c’è già un organigramma dirigenziale definito: Baldini dg, Sabatini ds. « Non confermo, anche se lo sapessi non lo direi… So che Tom sta già lavorando con esperti, i consulenti potranno muoversi ma non ufficialmente, come nelle altre società del resto ». « Tom sta già lavorando con esperti » . Oppure: « Non porremo paletti alle scelte che Tom vorrà fare ». Quando parla di mister DiBenedetto, l’uomo che diventerà il 21 ° presidente della Roma, Paolo Fiorentino, vice direttore generale di Unicredit, lo chiama per nome, Tom. Il che è segno non solo di confidenza ma anche di una buona conoscenza dell’imprenditore americano e dei suoi soci anche sul piano personale. « DiBenedetto è un gattone. Con Lotito sicuramente formerà un’accoppiata che sul piano comunicativo sarà una bella esperienza… Di Benedetto è un manager esperto, con una forte sensibilità sulla finanza, dà grande rilevanza al marketing e alla competenza. Diciamo che è una persona totalmente fissata per la competenza: il suo è un approccio anglosassone » .
L’INCONTRO – Fiorentino conferma di aver incontrato per la prima volta DiBenedetto a Roma dopo che l’imprenditore americano aveva assistito alla sfida con l’Inter: « E’ stato a casa del nostro avvocato. Mi aveva parlato delle motivazioni che spingevano il suo gruppo a investire sulla Roma. Mi era piaciuta l’idea e la sua energia. E’ un tifosissimo, uno che soffre: non ci siamo sentiti dopo la sconfitta con il Palermo, ma dopo Udine farfugliava, non riusciva a parlare perché si era emozionato dopo il secondo gol di Totti » .
JIM E GLI ALTRI – DiBenedetto manager scrupoloso, al quale si sono affidati gli altri tre soci americani: « Lui è il manager di questo team, l’uomo che destinerà il suo tempo alla gestione della Roma. Alle spalle ci sono quelli che affidano il denaro a Tom, hanno prospettive di coinvolgimento diverse, anche in termini di tempo ». James Pallotta, spiega Fiorentino, difficilmente potrà ricoprire una carica come quella di vice presidente: « Però è quello che sente molto le radici italiane, anche più di quanto mi aspettassi, è un vero appassionato. Grazie a Jim, sono riuscito ad andare a vedere i miciti Celtics contro New York, mi ha procurato i biglietti sul parterre, un’esperienza straordinaria » . Ruane e D’Amore? « Due imprenditori di successo, si occupano molto di gestione fondi e real estate, hanno costruito un grosso patrimonio e ora possono dedicare molto tempo al golf. Beati loro…