CORRIERE DELLO SPORT (A. MAGLIE) – Ora può sembrare facile dare i meriti a Garcia che lo ha mandato in campo e a lui che ha ripagato la fiducia anche segnando un gol. Ma il dato è incontestabile: la partita della Roma è cambiata quando Ljajic è andato in campo perché ha dato alla squadra quel che sino a quel momento non aveva avuto: un attaccante che dall’esterno si buttava in mezzo al campo, che dava profondità lanciandosi negli spazi diventando un punto di riferimento per gli assist di Totti, che andava ad aggredire immediatamente quando i compagni perdevano palla, che alzava la velocità di crociera sino a quel momento troppo bassa. Il gol, a volte, modifica i giudizi, li migliora. In questo caso, il gol aggiunge qualcosa alla valutazione iniziale, non la cambia perché l’impatto che sulla gara (sia da un punto di vista strettamente tattico che da quello più impalpabile dell’atteggiamento collettivo) il ragazzo serbo, appena arrivato da Firenze, ha avuto è stato quello di creare quello «squilibrio» che ha consentito alla Roma di rendere semplice una partita che alla fine del primo tempo risultava ancora complicata. (…)
SITUAZIONI – Garcia non fa parte di quella schiera di allenatori che vogliono a tutti i costi un attaccante d’area robusto. Il Barcellona (ma non solo) ha spiegato che si può tranquillamente produrre calcio offensivo con punte che oscillano tra il metro e sessantotto e il metro e settantaquattro. Ma bisogna, in questi casi, giocare palla a terra, alzare i ritmi, non consentire gli avversari di essere difensivamente sempre schierati, aggredire appena la palla viene perduta, avere in campo giocatori che sappiano saltare gli avversari per creare superiorità numerica. La Roma, prima di Ljajic tutto questo non lo ha fatto: ritmi compassati, bassa intensità, esterni che solo sporadicamente davano profondità, pressing evanescente con il Verona che poteva tranquillamente alzarsi, in maniera coordinata, quindi senza scoprirsi, sino alla metà campo. In situazioni come queste cresce la tendenza a buttare il pallone in area, con la conseguenza che nessuno lo va a prendere perché troppo alto per i propri compagni ma non abbastanza per gli avversari e perché manca l’uomo che si catapulta verso la porta. (…)
SCELTE – E’ evidente che a questo punto Garcia dovrà fare delle scelte. Ljajic, con la sua duttilità, con la sua atipicità (che spesso viene considerata dagli allenatori un vizio e non una ricchezza) può offrire alla Roma delle soluzioni nuove, obbligandola a cercare la porta avversaria giocando soprattutto palla a terra che è ormai il tratto caratterizzante di tutte le grandi squadre europee. Le condizioni per realizzare un tipo di calcio più continentale e un po’ meno italiano ci sono tutte a cominciare da un centrocampo di grande qualità, che può fare possesso-palla. (…)