Grande spettacolo. Fiorentina battuta. La Juve torna a -3

Grande spettacolo. Fiorentina battuta. La Juve torna a -3

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ROMA FIORENTINALA GAZZETTA DELLO SPORT (R.Palombo)-Spettacolo allo stato puro. Di quelle partite che quasi ti dispiace abbiano fine. Proprio come l’anno scorso. Stesso giorno, l’8 dicembre, e un Roma-Fiorentina con uno Zeman e un Totti in meno e un Garcia e un Destro in più. 4-2 allora, 2-1 questa volta, con dentro la favola dell’esordio in campionato del centravanti giallorosso, dato per disperso da dieci mesi tra operazioni chirurgiche (febbraio) e rientri affrettati. C’è il marchio del suo gol a metà del secondo tempo, dopo quelli di Maicon e Vargas nel primo, a sancire la (piccola) differenza che passa tra Roma e Fiorentina. Due squadre magari imperfette, prive per giunta di Totti (in panchina) e Gomez, che tuttavia, pur con il rispetto che si deve alla Juventus, praticano oggi in Italia il calcio più bello. Sotto gli occhi di James Pallotta, che porta bene al contrario del suo predecessore Di Benedetto, e di cinquantamila spettatori cui evidentemente non dispiace la partita all’ora di pranzo, la Roma dopo 4 pareggi torna a vincere con merito e si riporta a meno 3 dai campioni d’Italia, ricacciando a meno 10 la Fiorentina, comunque salda al 5o posto.

GOL E OCCASIONI Più di mezza dozzina sia di qua che di là, con i portieri sugli scudi:Neto, salvato dal palo sul tiro di Strootman, dice di no a De Rossi, Gervinho, Maicon e più volte a Ljajic, indolente e sciupone di suo. Leggendaria invece la parata di De Sanctis sulla punizione di Pasqual, destinata, come si diceva una volta, a togliere le ragnatele dall’incrocio dei pali. Quanto ai gol, quelli di Maicon e Destro portano la firma di Gervinho, migliore in campo, e sono due inediti (marcatori numero 12 e 13 del collettivo Garcia). Quello di Vargas, nel giorno in cui Pepito Rossi gioca benino ma ha le polveri bagnate, nasce invece da un break di Tomovic, che si ripaga così del Gervinho andatogli di traverso. Ma l’assist più ghiotto lo confeziona sull’1-1 Cuadrado, il clone di Gervinho dall’altra parte. Se lo divora Aquilani, e sono episodi che fanno la differenza. 

 

 

LA PARTITA  Due squadre corte, cortissime. Che qualche volta, più la Fiorentina, sembrano allungarsi ma solo perché il verbo di Montella e in parte di Garcia è quello di portare il pressing più in alto che si può. La Roma ha il merito di schiacciare sull’acceleratore due volte, scacciando così i sospetti di una condizione in fase discendente: sono impressionanti i primi 15 minuti, in cui la Fiorentina, che pure parte bene, viene rinchiusa dentro alla propria area da un avversario che fraseggia fin dentro l’altrui porta. Ed è da calcio a 5 l’1-0, Gervinho che compie una magia sulla linea di fondo, il passaggio a Florenzi per lo scarico su Maicon che fa un giochino con la suola della scarpa prima di appoggiare in porta, tutto quanto in pochissimi metri quadrati. Ma è impressionante anche il modo con cui la squadra, raggiunta da Vargas al termine di un’azione che pone Dodò e Ljajic sul banco degli imputati, cambia nuovamente marcia nel bel mezzo della ripresa, dopo un primo quarto d’ora tutto viola. Succede quando Destro sostituisce Florenzi, un centravanti vero e robusto al posto di un mini attaccante che nasce terzino. Con Gervinho che muovendo da esterno finisce col rendere il triplo la Roma, forse anche spaventata da Cuadrado e dal gol mangiato da Aquilani, rimette la Fiorentina all’angolo, fin quando Destro su assist dell’ivoriano non brucia Pasqual sul primo palo. Gol d’autore e risolutivo, anche se la partita regalerà ulteriori emozioni tra salvataggi in extremis, ribaltamenti di fronte, sostituzioni mirate e (minuto 43) l’espulsione per doppio giallo di Pjanic, che gli costerà l’assenza lunedì col Milan e anche un successivo rientro, in Roma-Catania e prima di Juventus- Roma, da diffidato.

 

SPETTACOLO EXTRA  Quello offerto al termine di un match spigoloso (un espulso e 7 ammoniti) e ben diretto da Orsato: non tanto l’ormai tradizionale corsa dei giallorossi sotto le curve, quanto tutto quell’abbracciarsi al centro del campo tra titolari, riserve e panchinari d’eccellenza come Totti. Sintomo di un’avventura appena cominciata e di un senso di appartenenza speciale, di cui la Juventus farà bene a diffidare.

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