La Gazzetta dello Sport – M.Cecchini/A.Catapano – La rivoluzione secondo Gaber? «Oggi no, domani forse, ma dopodomani sicuramente!». Il paragone sembrerà un azzardo, soprattutto di questi tempi, ma se il romanista di oggi somigliasse davvero al comunista di quella canzone?
Rivoluzionario, magari più in là.
Pazienza Ecco. Perché il sogno romanista non si rattrappisca subito, perché la rivoluzione culturale annunciata da Sabatini non ripieghi su se stessa, perché — sempre per dirla con Gaber — chi ha il desiderio di spiccare il volo per cambiare il calcio (almeno a Roma) non si ritrovi presto senza nemmeno più l’intenzione del volo, ci vuole pazienza. Poca? Tanta? Di quanto tempo ha bisogno questo progetto per spiccare il volo? Uno, due anni? E quante partite serviranno a Luis Enrique per ingranare? Non importa, sostiene la nuova Roma: contano di più le idee, le intenzioni, le nostre sono le migliori, come l’allenatore che abbiamo scelto. I tifosi lo hanno capito, e domenica non hanno voluto infierire. Ma cosa diranno del progetto, della squadra, di Luis Enrique se per caso disgraziatamente le cose non andassero bene nemmeno a San Siro, domani sera?
Avanti… Totti Massimo D’Alema, che comunista è stato e romanista continua ad essere, invoca pazienza: «Diamo tempo a Luis Enrique, proviamolo. Se alla fine avrà fatto male, lo manderemo via. Ma Totti tenga la squadra unita intorno all’allenatore». Totti ce la sta mettendo tutta, bisogna dirlo: prima il messaggio di pace urbi et orbi, poi la cena compattatrice dell’altra sera, organizzata per cementare il gruppo. Di più, non può. Per dare una spinta a Luis Enrique e a tutto il carrozzone, potrebbe ricominciare a segnare, sì. Anche perché se non lo fa lui… i suoi compagni di reparto sono diventati tutti stitici. E San Siro è stadio che si presterebbe pure, avendo «ospitato» già 12 gol di Totti (cinque all’Inter e sette al Milan, compresi i due che realizzò in Coppa Italia), alcuni peraltro assai belli, il cucchiaio del 2005 su tutti. Ma, come dice il proverbio, aiutati che Dio ti aiuta, e se Totti continua a giocare così distante dalla porta, diventa più difficile che sia lui a togliere le castagne dal fuoco a Luis Enrique. Ieri lo ha schierato al centro con Borini e Borriello ai fianchi, ma conta poco, l’asturiano mischia continuamente le carte. È quello giusto? Il modulo e la sua applicabilità alle caratteristiche dei calciatori della Roma, se sia quello più giusto o se invece vada modificato, in generale il credo calcistico di Luis Enrique è l’argomento più dibattuto in questi giorni a Roma. «Io non cambio — ha tuonato lo spagnolo dopo il k.o. con il Cagliari —, resto fedele alle mie convinzioni, perché sono le stesse che mi hanno portato fin qui». E allora, ci si può soltanto chiedere se i giocatori, soprattutto i nuovi con cui l’allenatore lavora solo da una decina di giorni, col tempo si riveleranno interpreti efficaci del suo 4-3-3. Quanto tempo? Torniamo alla necessità di essere pazienti, soprattutto con Luis Enrique. Di lui qualcuno nella Roma dice: «È un grande allenatore, speriamo faccia in tempo a dimostrarlo qui». Perciò, comunque vada con l’Inter, si andrà avanti con lui. Almeno fino a… dopodomani.