LA GAZZETTA DELLO SPORT – Una giornata così Francesco Totti la inseguiva da diciotto anni, da quando il 28 marzo 1993 esordì sedicenne in Serie A. Vincere un derby e a sei anni di distanza dall’ultimo gol metterci sopra la propria impronta: punizione e poi rigore, eccola la prima doppietta in carriera nella partita che a Roma (purtroppo) era e resterà sempre la più importante. A 34 anni suonati, quasi a 35, il migliore in campo è lui e non solo per il modo con cui scarica tutta la propria rabbia di titolare part-time in quei due tiri, sul primo dei quali costringerà Muslera (non si sa quanto disturbato dal laser del deficiente di turno) alla papera fatale. Totti è il padrone della partita per il cuore, il temperamento e la fisicità che ci mette dall’inizio alla fine, più ancora che per le giocate che a causa dell’età sono per forza di cose intermittenti. La Lazio ne resta stregata. Abbocca al costante corpo a corpo con l’illustre avversario e quando a metà del secondo tempo subisce l’ 1-0 comprende che anche questa volta, la quinta consecutiva, la quarta dell’era Reja, il derby sta scappando via. E perde la testa: l’allenatore non indovinando neanche mezzo cambio, la squadra a causa dei nervi che Totti sa come stuzzicare. Così, c’è il veleno in una coda che Tagliavento gestisce con fatica: prima l’orrenda scarpata di Matuzalem sul viso del capitano sfugge all’arbitro ma può valere la prova tv; poi le espulsioni di Radu e Ledesma precedono nel concitato finale il rigore del 2-0, con Biava che spinge Simplicio. Sabato col Cesena sarà una Lazio falcidiata (squalificato pure Lichtsteiner), mentre la Roma pranzerà domenica a Firenze ma senza Vucinic. Risultato giusto Sarà anche vero, visto l’epilogo, che Tagliavento porta bene alla Roma e male alla Lazio, ma chi è causa del suo mal pianga se stesso. La partita la fa solo la Roma, e quando arriva la punizione dell’ 1-0 il taccuino dice che, dentro un match molto avaro di emozioni, i giallorossi hanno già collezionato tre limpide palle gol (traversa Pizarro e conclusioni di Juan e Vucinic con le opposizioni disperate di Ledesma e Biava) mentre la Lazio si è accontentata del maldestro colpo di testa di Floccari sul cross di Hernanes. Come spesso accade la partita si sblocca quando la Roma sembra avere esaurito la sua spinta propulsiva e la Lazio comincia a mettere fuori la testa. L’ 1-0 di Totti, con la barriera che si apre e Muslera che spancia sul prato zuppo d’acqua dell’Olimpico, provoca peraltro il completo blackout della Lazio, che nei successivi 26 minuti non riuscirà a indirizzare verso la porta di Doni nemmeno un progetto di tiro. Reja recidivo Lo aveva già fatto, sbagliando, col Chievo il 6 febbraio, nei minuti successivi al gol dell’ 1-1 (poi definitivo) di Cesar: fuori Hernanes e Zarate, dentro Mauri e Sculli allora, Mauri e Kozak questa volta, con l’aggiunta successiva di Brocchi (!) per Floccari. Ora, è vero che nessuno dei tre giocatori sostituiti raggiunge la sufficienza, ma levare insieme Hernanes e Zarate alla Lazio è come spegnere l’interruttore. Non potrà più accadere nulla. La curva laziale lo sa così bene che Reja, che avrebbe fatto meglio a puntare tutto su un cambio Kozak-Floccari (il ceco di testa ci sa fare) si è beccato una contestazione super. Montella lucido Schemi speculari (4-2-3-1) e scelte apparentemente coraggiose da ambo le parti. Ma Reja non porterà mai Zarate sulla corsia del vulnerabile Riise. Sbaglierà anche Montella a puntare a sorpresa sull’abulico Menez, ma dopo meno di un’ora saprà correggersi. Dentro Taddei, benzina utile ad avanzare di un tot il baricentro dell’ottimo Pizarro, che infatti guadagnerà la punizione decisiva. Una lucidità che Vincenzino manterrà fino all’epilogo, sottraendo Totti al rischio di qualche ruvido fuori programma al fischio finale. Meglio così.