Sono giorni amari, tempi bui signori.
Domenica la Roma ha chinato la testa ad una squadra inferiore per l’ennesima volta. Ci sono state rivolte, il clima è insostenibile, e tutti i romanistoni escono fuori dalle loro tane reclamando ed evidenziando che la Roma va male. Complimenti, sapete affermare l’ovvio: la Roma è andata male quest’anno, è andata male l’anno scorso, ed è andata male negli ultimi anni dell’era Sensi. Serviva il tifoso medio (ed è un complimento definirlo tale…) per aprirci gli occhi su questo.
I risultati parlano chiaro: la Roma non ha reso quanto avrebbe dovuto, le critiche sono giuste, soprattutto se hai una squadra che si fa rimontare di 2 gol da Bologna, Udinese, che perde andata e ritorno col Chievo e tutto il resto. Avete ragione. Ma le critiche devono rimanere tali e non sfociare nel solito scempio.
Domenica si è vista una partita che definire tale è un insulto al Calcio: squadre impaurite dall’importanza della Finale, caricate e stressate da due tifoserie che vanno oltre il tifo, e parliamoci chiaro: due squadre di media classifica, chi per valore totale, chi per un progetto avviato che il valzer degli allenatori (non entriamo nel discorso…) non ha mai fatto partire del tutto.
La Rosa della Roma ovviamente è da migliorare, come tutte. Ma il problema qui è un altro. E’ la Romanità, quella “Romanità” che era ed è tutt’ora motivo di vanto di una tifoseria patriota e abituata male ed ora non si vuole prendere in considerazione come grande e unico limite per effettuare un salto di qualità incredibile, aggiungendo l’allenatore.
Evitiamo i finti moralismi, evitiamo i soliti discorsi da Bar e i luoghi comuni: analizziamo la situazione e parliamo della Verità, nuda e cruda.
Daniele De Rossi ha subito un’involuzione che definire atroce è un eufemismo. E’ assurdo che una Curva o chi per lei lo continui a difendere ed applaudire “perché romano” e perché ha inanellato 3 stagioni sugli scudi chissà più quanto tempo fa. L’uomo non è da discutere, anche perchè fuori dal campo ognuno è libero di fare ciò che vuole, di continuare una vita da professionista o no: parliamo del giocatore, del campo. “Capitan Futuro” è un fantasma. Sicuramente ce la mette tutta ogni Domenica, ci mette il cuore, ma non riesce più come una volta. Che fare? Vendere. Troppi anni di attesa che ritorni il Campione di una volta sono passati, ora è evidente che non abbia più stimoli nella Capitale, ed è un bene per lui e per la Roma, sia economicamente che sul campo, che vada dove si sente libero da malelingue e stress, dove possa tornare quello di una volta, insomma. Soprattutto da chi ha la tranquillità di accollarsi uno stipendio netto di 6 milioni. Certo dispiace. Dispiace sempre quando un figlio di Roma lascia i propri affetti e la propria maglia, che sempre resterà cucita addosso, ma si arriva ad un punto in cui bisogna capire che tutto l’amore che si nutre per un giocatore può essere dimostrato anche senza che quest’ultimo debba per forza giocare per la Roma, soprattutto se rappresenta un limite per la formazione stessa.
Francesco Totti, il Capitano. Inutile parlare dell’uomo, inutile parlare della sua bontà e del suo amore per la città e i colori di questa maglia. Sappiamo tutti a cosa ha rinunciato, come ha sottolineato lui all’intervista di France Football, per vestire la maglia del suo cuore. Noi tutti lo ringraziamo. Ma cerchiamo, anche qui, di uscire dagli schemi e cercare di ragionare con un minimo di oggettività. Nell’epoca in cui ogni squadra punta sempre a far crescere i propri giovani o a prendere giovani promesse (inutile spiegare il perché economico), un 37enne Bandiera della Roma, Capitano e idolo di una Città intera può comunque avere spazio? “Certo che sì”, direbbero a Roma.
Allora: quest’anno Francesco ha concluso una stagione con un rendimento clamoroso per l’età che si porta, aldilà degli obiettivi non raggiunti. Fulcro di questa annata così esaltante sicuramente, oltre il suo sempre ripetuto pregio di essere un Campione, la preparazione e gli allenamenti di Zeman, che hanno riportato il Capitano al vecchio splendore fisico ed atletico. E’ chiara questa differenza se confrontiamo due annate diverse tatticamente e, soprattutto, atleticamente. In quella con Luis Enrique, dove i carichi erano sicuramente minori, dato che si preferiva il gioco ragionato e il palleggio, Francesco Totti ha praticamente giocato da fermo, come se non avesse condizione. Quest’anno è stata tutta un’altra storia. Ma da qui a dire che il numero 10 possa fare altre annate da 12 gol e 12 assist è errato. La dirigenza, giustamente, conosce benissimo il valore del Capitano, ma comprende anche che non possa essere infinito come lo vuole la tifoseria, ed è normalissimo che inizi a pensare ad un candidato che tecnicamente possa avvicinarsi alle sue caratteristiche di modo da sostituirlo. Questo discorso viene fatto in ogni singola zona del mondo calcistico, solo a Roma porta a risse, contestazioni, e solite voci radiofoniche, se si possono definire tali, che deviano il pensiero di quel tifo così superficiale capace, tra i tanti “ragionamenti” che fa, di preferire l’era Rosella Sensi a quella degli americani. E’ normale che possa iniziare una gestione del nostro tanto amato Capitano. Una gestione che possa migliorare sia il suo rendimento (evitandogli di affrontare 90 minuti ogni domenica per una stagione intera facendolo arrivare stanchissimo al rush finale, come successo quest’anno) che quello della Squadra. Tra le tante voci e parole offensive dettate dalla rabbia per la sconfitta al Derby non ne è arrivata una che sia una lucida. Nessuno pensa che magari potrebbe essere possibile che il decentramento di Francesco dal gioco della Roma possa responsabilizzare stelle come Lamela e Pjanic, che di tecnica e palleggio ne sanno davvero tanto, per ottenere una definitiva maturazione calcistica e responsabilizzazione? Avete mai pensato che magari avere Totti come sicurezza in campo porti ad un rendimento inferiore e ad una fase di stallo di questi campioncini che potrebbero rendere 10 e invece dimostrano 6 perché “tanto c’è Francesco”? Questi sono discorsi da fare, e quesiti che ogni tifoso sano dovrebbe imporsi.
Il mondo avanza, gli anni passano, e preferire Totti titolare che costringe ad un Pjanic fuori ruolo è da pazzi, parliamoci chiaro.
Ultima cosa, in definitiva: perché il nostro Capitano non ha parlato dopo il Derby? Perché anziché parlare della sconfitta e diffondere serenità ad una piazza colpita a morte parla del suo passato che poteva essere all’estero, e delle sue probabili proposte per concludere la carriera altrove? Perché un Castan al primo anno di Roma e un Marquinhos 18enne, invece, dimostrano una maturità infinita e un’autocritica da veri Campioni scusandosi con la piazza e Francesco parla di altro? Queste cose fanno pensare, almeno me, almeno chi ha gli occhi aperti.
In conclusione. Cerchiamo di finirla con le critiche alla Società, al dare del laziale ad uno dei migliori scopritori di talenti che esistono e tanto altro, perché queste va a ledere il rapporto che la Società stessa ha con la Roma. Un clima del genere, una piazza brucia giocatori e allenatori, non è per nulla un belvedere all’estero. E dato che la piazza conta moltissimo per la scelta di futuri investimenti, potrebbe far partire la Roma in secondo piano come possibile futura squadra per gli obiettivi di mercato.
Avere un atteggiamento del genere è da autolesionisti, perché lede prima la Roma.
Questa dirigenza, checchè se ne dica, ha investito milioni sul parco giocatori e sta riuscendo a rientrare del debito fatto dall’amata Rosella che tutti rivorrebbero, perché con lei sono arrivati i Campioni: Cicinho, Castellini, Kuffour, Zamblera, Adriano, Barusso, Nonda, Eleftheropoulos, Alvarez, Esposito, Comotto, Mido, Martinez, Guberti e Loria. Mentre i Marquinhos, Castan, Destro, Osvaldo, Lamela, Pjanic sarebbero molto meno forti.
Perché a Roma al primo errore si bruciano giocatori e allenatori, mentre in Germania il Werder Brema è stato scortato allo stadio da un tifo in festa e accanto ai propri beniamini anche se navigava nella zona retrocessione? Perché qui si distruggono le cose e poi ci si vanta di essere il tifo più bello del mondo? Perché qui si fischiano i ventenni al primo stop sbagliato?
Svegliatevi: spegnete le Radio e accendete il cervello! Il tifoso TIFA e basta, e tifa soprattutto in questo momenti grigio.
Siamo gli unici tifosi che si ammazzano tra di loro e contestano a prescindere la propria Squadra.