Walter Sabatini ha rilasciato una lunga intervista al portale Romanews.eu di cui riportiamo qualche dichiarazione, nella quale ha parlato in modo approfondito del suo passato a Palermo che la Roma affronterà domenica pomeriggio allo stadio Olimpico, oltre che del progetto Roma che lo vede protagonista insieme a Franco Baldini arrivato oggi a Trigoria e che domani alle 13.30 verrà presentato in conferenza stampa. Il direttore sportivo della Roma ha parlato del suo Palermo, di quel Palermo che sfiorò la Champions anche a causa della vittoria della Sampdoria contro la Roma di Ranieri che fece perdere il tricolore alla Roma e permise ai blucerchiati di rimanere saldamente al quarto posto, parlando inoltre di Delio Rossi quando gli viene chiesto sulle reali possibilità avuta dall’allenatore romagnolo di essere scelto come allenatore della nuova Roma, e infine commentando le parole di Zamparini che aveva definito Roma e Palermo sono due progetti simili, due cantieri in costruzione. “Due anni fa abbiamo sfiorato la Champions e poi sciaguratamente la Roma ha perso con la Sampdoria. Ero davanti alla tv e tifavo vergognosamente per la Roma, ovviamente per un mio interesse personale. Dopo il primo tempo potevano stare 6 a 0 e a me serviva che la Samp non facesse i 3 punti. Anche col pareggio saremmo passati noi, per questioni di differenza reti. Dopo un finale di primo tempo da 5 a 0 avevo una leggera inquietudine, ma non potevo immaginare che sarebbe finita in quel modo: 1 a 1 e poi 2 a 1…Poi la Roma ha perso quella partita e il Palermo, la domenica successiva, non ha vinto lo scontro diretto con la Samp.La Champions a Palermo era il mio obiettivo: arrivarci con un metodo e delle scelte particolari; con un allenatore demiurgo e via dicendo… Ho avuto grande rammarico per questo percorso non realizzato, ma sono stati tre anni molto belli. Anzi l’ultimo è stato dimezzato visto che mi sono dimesso a dicembre” Dopo questo suo giudizio sul Palermo e su quell’obiettivo fallito è passato a parlare di Delio Rossi e delle parole del suo ex Presidente, “No, non poteva essere l’allenatore della Roma per tutta una serie di considerazioni. Non perché non abbia lo spessore per allenare la Roma. E’ che la Storia è Storia. Non aveva il profilo per allenare la Roma. Il valore di Delio Rossi è da Roma e anche da Inter, ma le caratteristiche che cercavamo erano diverse. E’ assolutamente vero che la Roma è in costruzione, non solo nella scelta dei giocatori: acquisizione di mentalità, voglia di giocare un certo tipo di calcio, di imporre una cultura alternativa. Non voglio tornare sulle parole “progetto” o “rivoluzione culturale’” quando li ho usati avevano funzionalità, ora siamo dentro alle cose che stanno nascendo tutti i giorni. Le scelte che sono state fatte a monte sono state rivoluzionarie. Io prima sono sceso negli spogliatoi con Franco Baldini ed è successa una cosa che è veramente rivoluzionaria, anche se sembra minimale: tutta la squadra, che alle dieci e mezzo deve scendere in campo, alle nove e quaranta era già a disposizione. Tutti presenti, ognuno con le sue forti motivazioni ed il lavoro introduttivo all’allenamento. Sono certo che questo sia rivoluzionario: è la cultura del lavoro ed è stata trasferita nei giocatori dall’allenatore”. Dopo aver commentato le parole di Zamparini e descritto quali sono gli obiettivi della nuova Roma che sta nascendo si è soffermato sul progetto tecnico, descrivendo lo stato attuale del progetto Roma e quale sia l’obiettivo da raggiungere, “Il progetto tecnico-tattico è al 50%, ma le abitudini e i comportamenti ormai sono vicini alla perfezione, anche se la perfezione non è né del calcio né della vita. Siamo vicini al modello che vogliamo, diciamo che da questo punto di vista siamo all’ 80%. Merito dei calciatori e dell’allenatore: hanno un rapporto che posso dire autorevole, non autoritario. Direi empatico, un rapporto diretto. Non c’è accettazione pigra dei suoi dettami, c’è accettazione reale. I ragazzi riconoscono l’autorevolezza dell’allenatore. Questo ci induce a pensare che la Roma abbia un futuro importante davanti a sé, con questo gruppo di lavoro. Andiamo un passo alla volta. Mi sembra improprio prendermi dei tempi troppo comodi: la Roma esiste, non è una promessa.La gente non deve percepirla come una promessa, è una squadra in attività e deve produrre il risultato. Ha la qualità e le caratteristiche per farlo. Sarebbe comodo parlare di programma triennale, ma la gente non vuole sentire queste cose. I tifosi sono più maturi di noi, non hanno bisogno di messaggi per stare tranquilli. Loro hanno capito tutto.La Roma non è di DiBenedetto, di Baldini, o di Sabatini: è della gente. E la gente è andata oltre”. Infine nella sua lunga intervista Sabatini ha commentato così la nuova idea di gioco che Luis Enrique vuole portare a Roma e del momento che la squadra sta vivendo con un leggero cambio di gioco rispetto alle prime giornate. “Non credo che il tecnico sottoscriva al 100% questo atteggiamento della squadra. Combattono per trovare la giusta sintesi. Con la Lazio abbiamo giocato troppe volte con palla lunga evitando il fraseggio. E’ un problema di sintesi, è quello che sta cercando Luis Enrique tutti i giorni e che troverà: è troppo motivato, preciso negli interventi, chiaro nell’esposizione del proprio pensiero calcistico per non farcela. Siamo in attesa di trovare la sintesi più proficua tra l’essere una squadra un po’ barocca ed un’altra mortifera e verticale. La stiamo cercando e sono certo che la troveremo”.