(asroma.it) – Il primo pensiero, se lo si pensa con la divisa della Roma, va inevitabilmente al 17 giugno 2001, giorno del terzo scudetto romanista. Roma-Parma, stadio esaurito e colorato di giallorosso, lì, a bordocampo, a incitare la squadra anche negli ultimi secondi di una partita già vinta e che consegnò il tricolore dopo 18 anni. Fabio Capello, però, non fu soltanto il tecnico di quell’impresa. Da giocatore, sempre con la Roma, contribuì non poco alla conquista della seconda Coppa Italia della storia: targata 1968-1969. Mise a segno 3 gol nella competizione (secondo marcatore dopo Peirò a 6), 2 nell’ultima sfida decisiva contro il Foggia. “Fu il mio primo titolo della carriera, come dimenticarlo”, dice ‘Don Fabio’, oggi CT della Russia.
Sono passati 44 anni da quel 29 giugno: la Roma vinse 3-1 contro il Foggia e portò a casa la Coppa Italia. Ricordi?
“Ne conservo tanti e tutti belli. Fu un’edizione particolare perché allora la formula era a gironi e si concluse dopo 11 partite disputate. Giocammo le sfide decisive nel mese di giugno, dopo la fine del campionato, arrivando parecchio stanchi alla finale. Ma per fortuna andò bene”.
Nell’ultima partita, peraltro, lei realizzò una doppietta risolutiva.
“Esatto, a Foggia. Io e Peirò fummo i giocatori che segnarono di più in quella Coppa Italia. Vincemmo il trofeo meritatamente anche perché la squadra era di qualità, con ottimi calciatori guidati da un grande allenatore come Herrera”.
Che tipo era “Il mago”?
“A livello calcistico era più avanti di tutti gli altri: un maestro tatticamente, ma ancor più bravo come motivatore. Sapeva farci davvero”.
Quanto ha imparato da lui?
“Bè, fu il mio primo grande allenatore, ho assorbito parecchio da Herrera per la mia carriera in panchina degli anni successivi. Sicuramente”.
Tornando a quegli anni, il calciatore migliore con cui giocò in maglia giallorossa?
“Ne cito due: Peirò e Cordova, elementi di grande spessore tecnico”.
Domenica per la prima volta ci sarà un Roma-Lazio in finale di Coppa Italia. Sensazioni?
“La Roma forse ci arriva meglio a livello mentale, la vittoria con il Napoli può averle dato una spinta positiva. Da osservatore, invece, noto un problema di freschezza atletica per la Lazio. Ma la stracittadina è un appuntamento che esula da tutto il resto, che ti fa trovare energie e forze che nemmeno tu immagineresti. Sarà un bel match”.
Da tecnico della Roma su 12 derby ne perse 1, ne vinse 7 e ne pareggiò 4. Qual era il suo segreto?
“Bisogna stemperare l’atmosfera nella settimana che ti porta all’evento, la squadra non deve percepire che si tratta di un derby altrimenti è finita e si rischia di perdere. È una partita speciale, per la quale non serve dare motivazioni. Figuriamoci quante ne può dare uno in finale di Coppa Italia…”.