Roger Ibanez è intervenuto come ospite al podcast brasiliano “Bola Nas Costas” parlando dei suoi esordi e della sua esperienza alla Roma: “Sono nato a Canela, poi mi sono trasferito a Tramandai. Ho iniziato a giocare nell’Associação Garibaldi de Esportes per poi andare al Real Capao. Successivamente Joir Silva mi vide giocare per una settimana e mi portò al PRS. Poi andai al Sergipe, era la mia prima volta in un club professionistico. Dopo tornai al PRS e feci un provino al Fluminense da mediano. Il test, svolto nel 2017, durò 30 giorni. Mi ricordo che persi la prima partitella in allenamento per un gol”.
Chi fu la tua ispirazione?
“Non guardo molto calcio nella vita di tutti i giorni, neanche da piccolo. Mi fermo a guardarlo magari quando mio papà sta vedendo una partita, ma già vivo calcio tutti i giorni. Va bene così”.
Come è marcare Cristiano Ronaldo?
“Normale. Lui spazia molto lungo la linea dei difensori e devi stare molto attento, gli basta un pallone”.
Osimhen?
“Un attaccante tostissimo”.
Lautaro?
“Lui è il classico attaccante argentino, ti distrae in campo perché parla tutto il tempo con te”.
La Conference League e l’Europa League?
“L’abbiamo giocata sin dall’inizio con l’obiettivo di vincere come l’Europa League quest’anno. La Conference era una cosa grande per il club perché era la prima storica edizione di quella competizione. In Italia c’è la Serie A, la Coppa Italia e le coppe europee. Si pensa prima al campionato e se si arriva tra le prime quattro ci si qualifica in Champions, mentre se si arriva quinto o sesto si va in Europa League o Conference”.
Lo scudetto?
“Quello è il sogno di tutti i tifosi. La Roma è un club con un gigante, quindi già conosci la pressione che i tifosi ti metteranno perché sono molto passionali, quindi è normale. L’importante è dare il meglio per cercare di vincere”.
L’interesse dell’Internacional.
“Quando c’era Rodrigo Caetano come dirigente, l’Internacional aveva mostrato interesse per me. All’epoca giocavo nel Fluminense, ma il mio club non voleva prestarmi né cedermi a un altro club brasiliano”.
Come è José Mourinho?
“Sensazionale. Lui è divertente perché è un bipolare nato (ride, ndr): un giorno sorride e l’altro neanche può dirgli buongiorno. Se si vincono due partite di fila è pronto ad abbracciarti. Con lui parlo in portoghese”.
È il tipo di allenatore che manca al Brasile?
“La nazionale brasiliana è il massimo per un calciatore o un allenatore. È un posto difficile, un ct deve avere molto polso”.
Mourinho si adatterebbe alla nazionale brasiliana?
“Sì, facilmente”.
In Italia l’allenatore parla alla squadra in Italia, come fa un calciatore brasiliano come te a capire ciò che dice?
“All’Atalanta non c’era il traduttore, ho seguito lezioni di italiano e poi ho appreso la lingua anche grazie alla convivenza nello spogliatoio. Dopo un mese capivo tutto, ma parlarlo era molto più difficile. Ho iniziato a parlarlo fluentemente dopo 3/4 mesi. Nella Roma c’è il traduttore, entra in campo durante gli allenamenti e spiega il lavoro richiesto”.
L’attaccante più difficile che hai marcato?
“Non ce n’è solo uno, in Italia sono molto intelligenti tatticamente. Questa è la principale differenza tra il Brasile e l’Italia”.
Ti manca il calcio brasiliano?
“Dal punto di vista tecnico sì, ma per quanto riguarda la tattica no”.
Meglio vivere a Rio De Janeiro o a Roma?
“Rio De Janeiro”.
Chi sarà il prossimo ct del Brasile? Si parla di Carlo Ancelotti… Ne avete già parlato sul vostro gruppo WhatsApp?
“No, non abbiamo parlato di questo”.
Ancelotti è un ex Roma. Se ne parla anche lì del suo possibile incarico come ct del Brasile?
“Se ne parla in tutto il mondo. È un grandissimo allenatore, ma io non ho più notizie di voi”.
Anche Emerson ha giocato nella Roma.
“A Roma hanno giocato molti brasiliani e sono ricordati con grande piacere”.
Mourinho è nel gruppo WhatsApp dei calciatori della Roma?
“No, no (ride, ndr).
Mourinho ha ricevuto un’offerta importantissima dall’Arabia Saudita.
“Lui non ha commentato nulla. Solo lui conosce il suo futuro, ma tutti i tifosi della Roma vorrebbero che rimanesse ancora”.
In Conference League avete perso 6-1 contro il Bodo/Glimt. Tu eri in campo giusto?
“Sì, io e Rui Patricio. C’era anche Ola Solbakken, che ora è alla Roma. Fece due gol all’andata e uno al ritorno”.
Cosa fai per distrarti dal calcio?
“A mia moglie piace un ristorante in particolare, Zuma, è uno dei migliori a Roma. Fa una cucina orientale, sushi e carne”.
E i tifosi?
“Sono passionali, quando cammini per strada ti fermano e ti chiedono una foto o un autografo”.
L’inverno in Italia è freddo?
“Non ho mai giocato con la neve, ma ad esempio a Bodo facevano due gradi ed è stato terribile per i piedi e le orecchie. L’inverno in Italia è come quando giochi a Canela a luglio alle 9 di sera”.
Come è il derby tra Roma e Lazio? Non puoi girare per strada e vestirti con il colore celeste?
“Follia, è una cosa molto grande ed è sentitissimo. Io comunque evito di vestirmi di celeste a Roma”.
Ha giocato contro Lucas Leiva giusto?
“Sì”.
La più grande difficoltà che hai incontrato nella città?
“Il brasiliano accoglie chiunque a braccia aperte, mentre in Italia è più difficile: l’italiano è l’italiano e lo straniero è lo straniero”.
L’inizio all’Atalanta?
“Sono a Roma da quattro anni e da cinque in Italia e ho iniziato all’Atalanta. L’inizio è stato difficile in Serie A, perché si gioca a un tocco e la velocità è molto più alta. Io ero rimasto inizialmente alla velocità del calcio brasiliano. Quando si attacca lo si fa insieme ed è lo stesso quando si difende”.