La Gazzetta dello Sport (A.Pugliese – D.Stoppini) – Questione di coperte e di frigoriferi. Perché nessuno vuole sentire freddo, nessuno vuole restare con il cerino in mano. Il cerino ora ce l’ha Iturbe, stretto nella morsa di un giocatore convinto a restare quando freddo ancora non faceva, fine agosto, il solleone e chissà quale panorama immaginario davanti. Ora che più freddo fa, non è certo colpa di quel frigorifero pesante sulla schiena dell’attaccante, non è certo colpa del prezzo pagato un anno e mezzo fa se Iturbe non è ancora riuscito a prendersi la Roma. Non è colpa del frigorifero se la Roma si sta chiedendo a fondo se non sia giusto rinunciare persino a una coperta corta, ovvero a un attaccante esterno proprio nel momento in cui si infortuna Salah, in cui la stagione si aggiusta e fa pensare che davvero sarà lunga la strada da percorrere.
Adesso Iturbe senza Salah, il cambio di passo o la cessione
È L’ORA – Iturbe e la Roma è un rebus, un soap opera che di dolce ha poco o niente. Ha giusto l’amore del d.s. Sabatini per il calciatore. Non quello di Rudi Garcia, che per l’attacco ha fatto altre scelte. Lo dimostrano i tabellini, la prova è nelle uniche due volte in tutta la stagione in cui l’allenatore l’ha schierato titolare: Sassuolo e BateBorisov, una volta in campionato e un’altra in Champions, risultati scarsi, una sostituzione sceneggiata e una prova assai negativa. «Deve tornare a giocare come quando era bambino», dice Sabatini. Garcia chiede altro però. Chiede un calciatore, non un giocatore, non un ragazzo che sia travolto dalla pressione ogni volta che viene chiamato in causa. Chissà se davvero riuscirà a farlo a Roma, Iturbe. Il momento è adesso. Ora o mai più. Ultima chiamata. Lo slogan è da scegliere, ma il concetto è fin troppo chiaro. L’attaccante ha sette partite per cambiare il finale di una storia che naturalmente porterebbe alla cessione, a gennaio. Sabatini la definisce «improbabile», ma improbabile è pure che Iturbe non chieda di andar via, non chieda di tornare a inseguire il ritorno a se stesso. In fondo, lo farebbe «solo» con sei mesi di ritardo. Ad agosto l’addio in direzione Genova era cosa fatta, poi il cambio di rotta. Un errore, a leggerlo oggi. Magari le cose cambieranno. Forse c’è ancora tempo per dar ragione a quel ragazzo argentino che ieri su twitter ha postato una foto della maglia diIturbe ai tempi del River, chiedendo al calciatore di tornare in fretta in Argentina. Laggiù lo amano ancora. Roma è rimasta ferma al corteggiamento.