IL MESSAGGERO – U. TRANI – Massimo Cellinoe lo stadio Is Arenas sono due realtà diverse del nostro calcio. Tanto differenti da non meritare di stare uno accanto all’altro. Meglio separarli in fretta, per non perseverare nell’errore. Senza aspettare la nuova gara casalinga del club rossoblù, domenica prossima contro il Pescara.
Sul presidente del Cagliari che, dettando un comunicato pericoloso e provocatorio da Miami, è riuscito a far saltare una partita di campionato, è bene che non si pronuncino in molti. Più efficace che intervengano in pochi. Per prima la giustizia ordinaria, perché la sua posizione di disubbidiente non può non essere punita per quello che poteva comportare la sua uscita se non fossero intervenute Prefettura e Questura. E, ovviamente, quella sportiva, con l’esclusione definitiva dal mondo del calcio. E’ consigliere di Lega, cioè della confindustria del calcio. Uno come lui non ne può far parte. Non deve interessare se è presidente e proprietario del Cagliari. Fuori e per sempre. Subito. Anche prima di decidere se assegnare alla Roma lo 0 a 3 a tavolino.
Per capire che impianto sia Is Arenas, invece, bisogna solo fare sette chilometri dal centro di Cagliari. Lo stadio, piccolo e rifinito, è sicuramente migliore di tanti altri della nostra serie A. Quando finiranno i lavori, sarà accogliente e anche bellino. Niente da dire. Ma oggi è ancora presto. Perché non è pronto. Non può ospitare una partita di calcio. Soprattutto non può essere aperto al pubblico. Non solo per l’ordine pubblico, ma per la sicurezza degli spogliatoi. Gru, camion, tubi innocenti, detriti, mancanza di elettricità e tanta polvere. Cantiere aperto e per questo porte chiuse. Tra le gaffe di Cellino anche il riferimento, nel comunicato di sabato pomeriggio, agli ingegneri che lo hanno definito sicuro. Coinvolti e svergognati, pure loro e per iscritto. Ma più degli ingegneri, nella caccia al colpevole, al primo posto c’è chi ha autorizzato l’apertura dello stadio di Quartu Sant’Elena. Alle squadre, prima che ai tifosi.