IL MESSAGGERO (S. CARINA) – Ripensando adesso alle parole di Garcia alla vigilia del match contro l’Inter vien quasi da sorridere. Riavvolgiamo il nastro. E’ sabato e al tecnico è stata appena posta una domanda su Gervinho: «Lo vedete in crisi? – replica sorpreso il francese – No, non penso. Non ha un rendimento inferiore alle attese. Lui però non va giudicato solo per i gol ma per le azioni e quasi nel 75% delle reti che facciamo c’è Gervais». Detto, fatto. Appena 21 minuti e l’ivoriano ha già lasciato il suo marchio di fabbrica in Roma- Inter. Azione travolgente di Ljajic che si beve Dodò, palla in mezzo e per l’ex Arsenal è un gioco da ragazzi siglare l’1-0. Se «l’Olimpico è il nostro giardino», come ama ricordare Garcia, il manto verde dello stadio romano è diventata quasi una seconda casa per l’africano che quando segna lo fa esclusivamente nelle gare casalinghe. Un esempio? In questa stagione tra campionato e Champions è arrivato a quota cinque (Fiorentina, doppietta al Cska, gol al Bayern e all’Inter). Gol fuori casa? Zero. L’ultimo è datato addirittura 22 marzo nel successo esterno contro il Chievo dello scorso anno.
INARRESTABILE E’ vero che la Roma (per informazioni chiedere anche a Ljajic) non trova tutte le domeniche le praterie lasciate sulla corsia sinistra dall’ex Dodò che ancora una volta ha dimostrato di essere un buon prospetto quando può attaccare (suo l’assist a Osvaldo) ma che deve ancora imparare la fase difensiva. Fatto sta che gol a parte Gervinho per una sera è tornato ai suoi livelli. Accelerazioni, scatti, intuizioni, si è scambiato spesso e volentieri la fascia con Ljajic. E i due, oltre alla rete, hanno confezionato un’azione identica nel primo tempo con analogo epilogo, se non per qualche centimetro di differenza, che ha costretto il guardalinee ad alzare la bandierina e annullare la rete. Ma il ritorno di Gervinho va registrato più nell’intensità, nell’altruismo (a volte anche eccessivo), nella facilità di saltare l’uomo e nell’imprevedibilità. Palla al piede non si sa mai dove può andare: impossibile capirlo per i difensori avversari ma anche per i compagni (a volte) non è semplice. Lo ha intuito benissimo Totti nella ripresa anche se dopo l’ennesima azione ubriacante dell’ivoriano è scivolato al momento del tiro. Fortuna vuole che il pallone sia poi finito sui piedi di Pjanic che ha segnato il 3-2. Quando l’ex Arsenal è in una di queste serate, tornano in mente le parole di Montella («Gervinho andrebbe legato ») o quelle della vigilia di Juan Jesus («Quando scappa per riprenderlo gli devi sparare»).
FLESSIONE E RINASCITA – Eppure l’ultimo periodo non è stato dei migliori. Prima della gara di ieri, Gervinho ha risentito inevitabilmente della leggera flessione avvertita dalla Roma: dalla debacle con il Bayern (21 ottobre) a prima del match con i nerazzurri, la squadra di Garcia ha tenuto una media di 1,3 punti a gara (8 in 6 match). Per lui la parziale giustificazione arriva dal fatto che non si è mai fermato: 37 partite lo scorso anno, poi imondiali da protagonista con la Costa d’Avorio, di nuovo la Roma dove ha già collezionato 14 presenze tra campionato e Champions, senza dimenticare le partite (4) con la propria nazionale che si è qualificata per la prossima Coppa d’Africa. Normale che anche uno stakanovista come lui, possa aver avuto bisogno di tirare il fiato. E siccome il calcio è strano ma la statistica può esserlo ancor di più, il Gervinho in crisi (sino a ieri) ha segnato addirittura di più adesso rispetto alla passata stagione. Un anno fa aveva all’attivo appena tre reti contro Sampdoria e Bologna (doppietta). Ora, considerando la Champions, è già a 5 e mancano ancora sei mesi di attività. Il top in carriera lo ha registrato al Lille (15) quando vinse lo scudetto in Francia. Tutti gli scongiuri del caso sono ammessi e permessi.