“Io, De Rossi, Totti e…la Roma davanti a tutto”

“Io, De Rossi, Totti e…la Roma davanti a tutto”

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IL ROMANISTA – Un ritorno che fa molto effetto. Perché è tornato? Sono dieci mesi e non ho ancora la risposta: ho detto di sì senza neanche considerarla, quando ho parlato con Tom DiBenedetto gli dissi non c’è una ragione per cui debba lasciare la qualità della vita che ho a Londra e un lavoro che mi lascia tanto tempo libero, non c’è motivo per cui io debba tornare in un posto dove c’è il tutto contro tutti. Ma gli dissi di si, e non c’è una ragione razionale…

C’ è qualcosa che si può cambiare?

Sì, i biglietti, la chimera del posto omaggio che in America non esiste. Lo status symbol è essere in grado di comprarsi il biglietto nei posti migliori, io me lo ero un po’ scordato, in Inghilterra è diverso, i più facoltosi sono coloro che spendono di più per il biglietto, non è una rivoluzione sono tutte piccole cose che si potrebbero fare. Una delle cose più importanti e non anelare al posto come se fosse il riconoscimento che tu sei qualcuno, se sei qualcuno compratelo, così potremo avere ricavi più consistenti. La prima cosa che ho deciso e che io non avrò un solo biglietto omaggio per tutta la stagione, quando voglio invitare qualcuno ne comprerò uno, due, tre non di più e inviterò le persone. Sarà un lungo lavoro. Mi farò tanti nuovi amici, mi mancava.

Il contratto di De Rossi.

La questione occupa un posto importante. Ho parlato con Daniele ma il mio interlocutore per il contratto è il suo procuratore Sergio Berti. Incontrandolo dieci minuti, l’ho trovato molto sereno, maturo. Erano un po’ di anni che non lo vedevo, mi ha fatto piacere trovarlo così bello, intendo tutto. Gli ho detto che se hai voglia di restare non importa quanto ci metteremo, ma il contratto lo faremo. Lui mi è sembrato orientato a voler trovare un accordo per restare.

Francesco Totti.

Complimenti ai tecnici della Roma che hanno fatto fotografie e poi ci hanno lavorato con Photoshop, eravamo in realtà molto tesi… no scherzo. Non c’è niente da spiegare. A Totti avevo anche detto se aveva letto bene quell’articolo o se se l’era fatto leggere. A me sembrava in quell’intervista di aver speso più amore che altro. Quando ho detto che a 35 anni può giocare per altri 4- 5 anni potevo essere accusato per diffamazione. Io poi ho specificato che può giocare ancora così tanto se smette di lasciarsi usare. Io per primo come società l’ho fatto nel 2004 ai tempi della ricapitalizzazione. La società l’ha usato per metterci la faccia, Quante volte è stato usato per altre cose che non fosse giocare? E uno del suo talento alla sua età deve solo pensare a giocare. Il talento non è mai stato discusso. In tutto questo si è innescato il problema che Luis Enrique non lo faceva giocare. E allora si è iniziato a parlare di complotto. Allora gli ho mandato un sms dicendo di parlarne. In quell’intervista definivo lui pigro, ma non era lui pigro: la pigrizia è quella di lasciarsi coinvolgere in certi aspetti. Io da parte della società gli chiederò quello che si chiede a tutti i giocatori. Io lo voglio mettere nelle condizioni di essere normale, è questa la rivoluzione Non è una critica nei suoi confronti. Il giorno dopo l’intervista avrei potuto chiarire come ora la mia posizione ma ho preferito che se ne parlasse per vedere che succedeva. Mi sono preso insulti, fino a che non ho avuto modo di capire con lui. Ci sono voluti 5’, con lui ho sempre avuto un rapporto semplice. Non può essere altrimenti con lui.

Tornare è una rivincita?

No, rivincita è aver perso qualcosa prima. Io dagli anni della Roma ho avuto amore sconfinato dalla gente, assolutamente immeritato, più idealizzato, perchè rappresentavo certe battaglie anche con il presidente, perchè abbiamo vinto lo scudetto. Sono andato via perchè la politica era cambiata, e io nel giro di pochi mesi forse sarei stato mandato via io. Il rapporto è finito, ma tutto lì, nessuna rivincita.

Cosa ha visto in giro per il mondo?

Ho visto che in Spagna il calcio è migliore che in Italia, in Inghilterra è migliore che in Spagna. Ho bisogno dell’utopia, l’uomo ne ha bisogno, non è detto che faccia male. Fuori ho trovato cose godibili. Come dice Luis Enrique è più importante il percorso, il cammino, che la meta. Durante quel percorso, come dice Fiorella Mannoia, uno quando impara a sognare non smette più. Si vuole sempre di più.

Esiste una casta del calcio in Italia e quale sarebbero le prime tre cose che farebbe per cambiare il calcio in Italia. Come giudica il modello Juventus?

Quando ho pensato che c’era una casta, io l’ho detto. Non sono in grado di dare una risposta del genere, sono appena tornato. Il calcio per me ha rappresentato una cosa talmente godibile che ho detto “fammi andare a vedere se posso farlo da un’altra parte”. Noi siamo pronti a recepire qualsiasi messaggio: l’Udinese ad esempio sta provando a giocare senza barriere, la Fiorentina l’anno scorso faceva il terzo tempo… non ho le soluzioni in tasca. Non ho elementi per giudicare il corso delle altre squadre, ma vorrei cogliere tutti i segnali che possano istruirci.

Quale è la cosa che ha fatto nella precedente esperienza a Roma e che non rifarebbe e quella che invece vorrebbe fare ora?

La cosa che ho fatto allora e che non rifarei e che vorrei riuscire a fare adesso è mettere il bene della società al primo posto rispetto al bene personale. Credo che sia il modo che ti consenta di non sbagliare mai. Quando il mare sarà in burrasca c’è la tendenza a difendere se stesso.

Cosa può diventare la Roma da grande, quando crescerà?

Una squadra importante, una filosofia di gioco, andare allo stadio deve diventare un piacere. Mi piace più parlare di idea, piuttosto che di progetto. L’idea di una squadra che possa produrre un gioco. Potendo fare uno, due, tre inserimenti giusti ogni anno penso possa essere la Roma che vogliamo che diventi. Abbiamo bisogno della cultura sportiva ma di sostenerla con risultati concreti.

Quando parlava con Mazzini e parlava di ribaltone nel 2005 si riferiva a questo?

Lei fa riferimento a una telefonata in cui la trascrizione è una cosa, il tono era un altro. Era ‘cazzeggio’. Io non osavo immaginare un ribaltone, non sono rimasto su piazza a fare il direttore sportivo, sono andato in Sudafrica a vendere caffè. C’era speranza sì, ma non lo immaginavo. La speranza è abbastanza condivisa.

Come quando sei andato via, ci sono ancora Berlusconi e Petrucci. Anche la Roma per ripartire riprende te. C’è spazio in questa nazione per il cambiamento? E poi, la Roma oggi è molto strutturata, con molte figure importanti: Fenucci, Sabatini, gli americani. Il tuo ruolo qual è?

Non possiamo non pensare a cambiare a migliorare, anche se le facce restano le stesse. Le persone, anche con le stesse facce, possono cambiare. Si spera che i percorsi delle persone portino un miglioramento. Non c’è una regola per cui si deve sempre rimanere uguali a se stessi. Le persone che si diventano lo diventano attraverso gli sbagli e le cose vissute. Credo e spero di essere migliore di qualche anno fa, di essere più attento, meno attento al piano personale. Si possono cambiare le cose anche con le stesse persone. Il ruolo che ho è quello di coordinare le varie attività che si svolgono, che hanno delle figure importanti. Fenucci è l’amministratore delegato e si occupa dell’amministrazione, Sabatini ha responsabilità sportive, io quella di sovraintendere e coordinare le molteplici attività della Roma e cercare di renderle armoniche, e che portino insieme lo stesso messaggio. Loro sono più importanti di me dal punto di vista specifico, io penso ad un punto di vista complessivo.

Su Totti, avete davvero rischiato di perderlo? Si può vincere in due anni come dice Sabatini o in cinque anni come dicono Totti o DiBenedetto? Luis Enrique è già un tecnico al top?

Mai temuto di perdere Totti. L’intenzione della società è di vincere nel più breve tempo possibile, ma non posso e non voglio darmi una scadenza. Molto dipenderà da come usciamo da quest anno in cui si può formare il nocciolo, la filosofia di questo modo di giocare. Poi si può essere più precisi l’anno prossimo, magari con due inserimenti, e si potrà dire cosa possiamo fare. Di sicuro è un progetto a termine medio-lungo. C’è una determinazione nel costruire qualcosa e di metterci il tempo che ci vuole. La Roma è abituata ad aspettare 18 anni, aspettare due anni non sarà un problema. Su Luis Enrique: mi è stato detto di parlare con lui, e ho visto non sul piano tecnico, ma la persona che era. Parlammo un paio d’ore, poi gli dissi che avrebbe parlato con Sabatini della parte tecnica. Ovviamente avevo avuto un approccio con Guardiola, gli dissi se ti va di fare un salto a Roma, lui mi disse di aspettare qualche anno. Ma Luis mi è piaciuto, l’ho adorato subito come persona. I fatti mi hanno dato ragione, come persona. Perché ha un grande ascendente sui giocatori, perché non li conquisti se non hai credibilità. E questo è un grande punto di partenza. Ma fantastico, lui ieri mattina pioveva e per non arrivare tardi a Trigoria è partito alle 5. E’ davvero forte. E’ vero, che è alla sua prima esperienza. Ma il vero delitto non è nel non fare gli sbagli, ma nel non trarne insegnamento. In tutti i libri si parla di sbagli in amore e nel mondo, eppure si continua a farne. Qual è il problema? Lui è un grande allenatore, ha tutte le caratteristiche per vincere subito. Ma dobbiamo dargli gli strumenti.

Ha chiesto un nuovo stile nei confronti della classe arbitrale, la Roma si è sprovincializzata? E lei?

Sì, con le mie esperienze spero di essere cambiato io e spero, credo anche, che sia cambiata anche la classe arbitrale. Io però non ho imposto niente, ho detto che a me piace un calcio in cui non si parla per niente dell’arbitro. In Inghilterra è considerato un particolare. Quando l’ho detto a Luis Enrique mi ha detto che non si è mai interessato dell’arbitro, perfetto. Poi abbiamo parlato del ruolo importante del settore giovanile. Quindi non ci sono imposizioni, se dai dei messaggi poi speri che vengano recepiti da tutti, ma è un processo lungo. Una volta che passa questo tipo di calcio, un calcio meno velenoso, ne guadagneremo tutti.

Il suo arrivo è stato accolto come se la Roma avesse preso un fuoriclasse, la spaventa un po’ questo?

Da morire, è tanta la responsabilità. Questo tipo di credito è una cosa completamente nuova per me, sono sempre andato nei posti da perfetto neofita e per poi conquistarmi la fiducia piano pano, lavorando, che è più facile. Prima non avevo niente da perdere e tutto da guadagnare, adesso è il contrario, quindi sì, ho paura, ma mene farò una ragione.

Sarà imposto il fair play finanziario, come farete a limitare le richieste dei vostri giovani se dovessero esplodere?

Intanto speriamo che esplodano. Il discorso è abbastanza ampio, ma non c’è solo un’aumentata richiesta dei giocatori che dovessero diventare grandi giocatori, ma nel frattempo speriamo ci siano più ricavi. Stiamo già lavorando su questo e speriamo un giorno di fare definitivamente il salto di qualità quando potremo realizzare lo stadio.

Quanto è importante lo stadio?

È importante, la realizzazione di un stadio significa pensare di aumentare sensibilmente i ricavi e fronteggiare meglio le esigenze che hai detto.

Quando lei andò via fu definito un consulente di mercato, oggi andrebbe a prendere un caffè con Rosella Sensi in Campidoglio che ora fa parte dell’amministrazione capitolina?

Se ci fosse l’occasione sì: le cose personali hanno una sede, un valore, le cose che invece sono istituzionali e di rappresentanza un altro.

Come pensa di cominciare dagli obiettivi falliti, l’Europa League e il derby, e in che modo si può coniugare il modello americano con quello inglese e spagnolo?

I due obiettivi falliti sono una responsabilità che abbiamo, però ho trovato un ambiente in cui viene concesso del credito, si concepisce che si può aspettare a vedere dove arriviamo e non è usuale per queste piazze. Quindi questa speranza è un qualcosa che dovremmo coltivare, è una bella sensazione, mi aspettavo che ci fosse meno di questo tipo di credito concesso. Riguardo al modello, vediamo: è con i confronti che si può cambiare e migliorare. Non sono tutti mondi dorati gli altri, sono mondi che hanno vantaggi ma anche problemi, ma la tendenza deve essere quello di prendere ciò che c’è di buono nelle altre esperienze.

L’impatto di Luis Enrique sul calcio italiano è quello che si aspettava?

L’impatto che ha avuto è quello che immaginavo, sapevo che sarebbe stata difficile e lo è, però mi dà molta soddisfazione il suo impatto con la Roma

Da quanto tempo ha avuto i primi contatti con la nuova società?

Avvisaglie delle trattative intorno dicembregennaio. Una telefonata l’ho avuta a marzo, per dire che la cosa si stava realizzando. Il primo incontro con DiBenedetto ad aprile a Firenze. Poi abbiamo aspettato il closing per incontrare lui i soci, uno James Pallotta. Gli altri soci non li ho ancora conosciuti

Quanto c’è di Baldini in questa Roma?

La scelta di Sabatini la rivendico. Non credo però che avrò a che fare con lui a lungo, visto quanto fuma. Anche la scelta di Fenucci, la scelta dei dirigenti, di coloro che dovranno operare. C’è tanto.

Per arrivare nell’elite del calcio europeo cosa manca alla Roma? A livello di dirigenza è al top.

Al top…diciamo che c’è del mestiere, delle esperienze. Ma queste esperienze sono da inserire nel contesto in cui si opera. Questa società ha delle potenzialità, come mi è stato spiegato dai dirigenti nuovi. E soprattutto è Roma. Ci sono società come il Liverpool, la cui città non ha le potenzialità di Roma. Con il tempo e i potenziamenti giusti nel giro di qualche anno, che poi è l’intenzione degli americani, c’è tanta italianità nel loro retropensiero, ma sono persone di businness che vogliono fare un investimento, non speculazione, ma investimento si.

Da dove lei deve partire per dare un segnale di concretezza?

Io sono arrivato nel momento in cui si è stabilito che dovevo arrivare. Non c’è stato nessun cambiamento rispetto a quanto stabilito, era chiaro da subito che non potevo venire prima. Le priorità sono quelle di risolvere il contratto di De Rossi, di chiudere la faccenda con Totti, di fornire gli strumenti alla squadra, finanziari e di sostegno, di poter esprimersi nel modo migliore. Certo, De Rossi è una priorità, il contratto è in scadenza e noi vogliamo l’accordo.

Ha mai pensato a Capello?

No, mai. Ci vogliono certe persone per fare un certo tipo di percorso, lui non è mai andato a costruire qualcosa dove c’è bisogno di aspettare. Quando alla Roma c’era qualcosa di ricostruire da capo, se n’è andato. Lui solo sa gestire una squadra di tanti campioni, ma qui siamo agli albori.

Cosa le è mancato di più dell’Italia e di Roma?

Non mi è mancato niente. A parte che a Roma sono regolarmente tornato, una due volte al mese. Non me la sono fatta mancare. Godersi Roma da passante qualsiasi ha tutta un’altra qualità rispetto a uno che ci lavora. Me la sono goduta anche di più, quindi non sono tornato perché mi mancava. Non so perché, ma non è per questo.

Come ha accolto le critiche? Si parla di stadio, c’è stavolta la possibilità di poterlo ottenere con DiBenedetto?

Accetto le critiche e il confronto, continuamente. Ma non troverete confronto di fronte a calunnie e falsità. Io però sarò sempre disponibile al confronto. Lo stadio è un’esigenza, è quella la strada che bisogna percorrere. C’è bisogno di una propria casa. Sono sicuro che ce la faremo, non so quanto ci vorrà con questa legge. È qualcosa che si deve ottenere, le società per azioni senza un immobile reale non si può più sostenere. Ci arriviamo, sicuro che arriviamo.

Nei confronti delle squadre del nord i tifosi hanno spesso lamentato un’eccessiva sudditanza, cambierà qualcosa? Ci sono molte aspettative su di lei, invece lei cosa si aspetta dai tifosi e dell’ambiente?

Non è nei rapporti con la classe arbitrale che ci deve essere un cambiamento, c’è una percezione della classe arbitrale che deve essere cambiata. È un fatto sostanziale, se i miei giocatori riescono a percepire l’arbitro come una parte accessoria, giocano più tranquilli. Ma devono essere loro a percepirlo, non devono pensare che il risultato possa dipendere dall’arbitro. Dalla tifoseria c’è l’aspettativa di avere un po’ di pazienza, e sembra che ci sia stata concessa. Mi aspetto quello che sento: io sostenevo che questa fosse la piazza adatta per questo tipo di idea, la romanità è uno stato dell’anima che io non potrò avere, i tifosi non siamo noi che ci lavoriamo, il tifoso vero è quello per il quale il tifo è un costo, in termini di spesa emotiva. Mi aspetto che possano partecipare a questo tipo di condivisione

. E’ vero che potrebbe assumere la carica di vicepresidente?

No, non è vero. Ci sarà il consiglio di amministrazione giovedi prossimo e saranno stabilite le cariche. Lo stadio si farà.

Nei colloqui con DiBenedetto e Pallotta ha mai avuto la sensazione che il loro impegno sia concentrato soprattutto su quello? E che se il discorso andasse troppo per le lunghe potrebbero disimpegnarsi?

Io ho avuto un colloquio con loro in un albergo e la prima cosa che ho chiesto a loro prima di sedermi era: “volete fare speculazioni con la Roma?” Perché dovevo ancora decidere se accettare. E loro mi hanno detto che volevano fare qualcosa di buono per questa società, per le loro origini italiani e per la voglia di fare qualcosa di buono abbinato al loro nome. Ho percepito l’intenzione di costruire, di avere un tornaconto personale, di immagine ma soprattutto di sentimento. Poi non posso escludere che se non riuscissero nel loro intento potrebbero accantonare. Si sta seguendo un’idea più che una scadenza di tempi. Anche io, anche se non ho ancora il contratto, se non dovessi riuscire nell’intento, alzerò le mani.

Dopo l’intervista con Totti e quello che si è creato cosa ha appreso?

Tanti insulti. Totti il più grande calciatore degli ultimi trent’anni di calcio italiano, ma non è che se dice che un albero è verde mentre invece è secco è giallo, allora l’albero è verde. Se gli chiedo di discutere sul suo ruolo se ne può parlare, le verità, che non sono mai assolute, vengono fuori dal confronto. Si può avere torto o ragione. Ci può stare che una volta su un milione che abbia ragione io. Di Totti e con Totti si può parlare, e facilmente, con lui si può.

Il tifoso deve sperare cosa?

Che prenda corpo l’idea che abbiamo in testa. Che ad esempio si istauri e venga consolidato un gioco propositivo. Il tifoso poi si deve augurare poi che questo si sedimenti giorno per giorno. De Rossi ha detto che con i soldi risparmiati dal suo contratto la Roma potrebbe comprare un giocatore sempre più forte. I biglietti vip nei match-clou? Ci proveremo in tutti i modi, poi con le nostre finanze non riusciremmo a prendere uno forte come De Rossi. Sui biglietti, a inizio campagna abbonamenti, era stato specificato che nelle partite top ci sarebbero state delle maggiorazioni, tra l’altro inferiori a quelle degli altri stadi. A Lecce-Milan costa una curva 30 euro, a Roma-Milan 22 euro. Noi volevamo anche incentivare la gente ad abbonarsi.

Continuerà un rapporto part-time con la federazione inglese? Cos’ha avuto di più la proposta della Roma rispetto ai club inglesi che l’hanno corteggiata in questi mesi?

Ho dovuto accettare una collaborazione per le prossime due amichevoli perché devo lasciare tutto com’era programmato a chi mi sostituirà, che ancora non c’è. Devo lasciare uno start-up in piedi e non potevo esimermi. Già ridurrò il tempo per le amichevoli, prima stavo 10 giorni con la squadra, ora starò solo il giorno prima della partita, oltretutto gratis. Per un breve periodo di tempo non avrò il contratto né con uno, né con l’altro. La firma arriverà quando mi metterò a sedere con il Cda quando questo sarà definitivamente compiuto. Ma non ho mai discusso di questo. Ci sono miliardi di lavori di eguale responsabilità che però non ti fanno guadagnare così, quindi per me non è un problema.

La Roma continuerà a perseguire la sua politica nei confronti della tessera del tifoso?

Sì. E proseguiremo nella legalità, ma cerchiamo di mettere in piedi gli strumenti che possono rendere lo stadop il più frequentato e frequentabile possibile. Non per i ricavi economici, ma per cercare un ambiente in cui le partite si possano vedere. Celtic-Ranges è uno spettacolo di serie C, ma lo spettacolo dello stadio dovete vederlo. L’atmosfera è parte integrante del gioco, preponderante anzi. Quella è la strada che vorremmo percorrere, nel massimo rispetto della legge

 

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