Il Corriere della Sera (L.Valdiserri) – La presunzione, nel calcio, è un difetto pericoloso, perché impedisce di fare analisi e cercare le soluzioni ai problemi. La Roma di JamesPallotta e Walter Sabatini soffre di quella che si può chiamare, con nostalgia da cinquantenni, la sindrome di Fonzie. Fonzie era il personaggio di «appy Days», che non riusciva a dire: «Ho sbagliato». Così il presidente Pallotta, qualche mese prima di esonerarlo, ha detto a Garcia di avergli consegnato una squadra che avrebbe vinto loscudetto con qualsiasi allenatore e gli ha scelto preparatore atletico e staff medico. E così il d.s. Sabatini ha regalato Ljajic all’Inter, trattenuto Iturbe per poi scaricarlo alBournemouth, pagato Ibarbo per spedirlo al Watford, spostato in difesa Florenzi per non comprare un terzino e fatto credere che Castan potesse tornare in tempi brevi. Poi non ha indetto la conferenza stampa di fine mercato perché non aveva nulla da spiegare. Eppure vedere la Roma pareggiare per la seconda volta contro il Verona (l’Hellas ha fatto9 punti, due dei quali contro i giallorossi), vedere i veneti arrivare sempre per primi sul pallone nella ripresa e vedere che Szczesny è stato tra i migliori dovrebbe essere spiegato.
Spalletti ha chiarito: «L’aspetto fisico? Se fossimo riusciti a far valere la differenza tecnica, avremmo azzerato anche un eventuale divario fisico. Vendere Gervinho? Ce ne vorrebbero due! Però può capitare che un giocatore chieda di essere ceduto». Alla porta bussano Perotti e El Shaarawy, sponsorizzati da Preziosi (non contento di aver già rifilato Iago Falque) e Galliani. Il lavoro per Spalletti è tanto, l’atmosfera plumbea. Il sito Dagospia sussurra che Pallotta abbia dato mandato di vendere la Roma, perché ha capito che non è un affare. Il presidente ha smentito e, con lui, il d.g. Mauro Baldissoni. In attesa di vittorie sul campo e del progetto definitivo dello stadio, la realtà è questa: non saper battere il Verona né con Garcia né con Spalletti.