“Non vedrete una Rometta”

“Non vedrete una Rometta”

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IL MESSAGGERO – A. ANGELONI – La Roma in mano a Walter Sabatini. Il calcio lo fa lui, insieme con  Zdenek Zeman, che gli ha chiesto di costruire una Roma spettacolare, che  sappia divertire. «Arrogante», termine che piace tanto a Sabatini. Lo  scorso anno non lo è stata, anzi spesso si è fatta mettere i piedi in  testa. Lo scorso anno c’era il codice etico, una Roma che ha scelto  spesso di auto punirsi, vedi provvedimenti contro il povero Osvaldo, ma  quella (…) «era la Roma Montessori», inventata da Luis Enrique e Baldini «che non ha portato risultati consoni al valore  della squadra», sottolinea il ds Sabatini. Quella Roma non era stata  disegnata totalmente da lui, quella che sta per nascere sì.  L’impressione è che molto ora sia in mano del direttore sportivo. Che si  presenta in sala stampa e decide tempi e modi della conferenza. Al suo  fianco, Elena Turra e Catia Augelli, quest’ultima ha sostituito Daniele  Lo Monaco a capo della comunicazione. Ecco il ds: presente, passato e  futuro, tutto nelle sue parole e nelle sue mani.

Obiettivi minimi della Roma? «Non  possiamo fissarne, lo scopo è quello di creare una squadra competitiva,  spettacolare, divertente, una grande Roma. Non vanno tirate le somme  oggi, siamo ancora dentro un percorso. La Roma lo scorso anno ha  raggiunto espressioni di gioco intriganti, poi nel girone di ritorno c’è  stata una flessione, non siamo riusciti a coagulare intorno alla  squadra un’idea positiva di noi stessi, in sintonia con i reali valori».

Perché Zeman? «Chiarisco  subito: Zdenek non è il nostro “scudo spaziale”, per noi è la scelta  tecnica e non un tappabuchi. Lui coincide con quello che abbiamo sempre  voluto: una Roma che io ho definito arrogante, che determina, che cerca  sempre il risultato, che porti gli attaccanti a fare settanta gol.  L’allenatore mi sta rigenerando. Gli dico: Zdengo, sono un po’  preoccupato per la difesa. Lui mi risponde: non ti preoccupare,  attaccheremo.

Arriverà un top player? «Io contesto questo  neologismo calcistico. Lo scorso anno il Milan ha preso Nocerino ad  esempio, che a me piaceva molto, ha giocato da top player, ma non è  stato definito così, anzi sembrava un reietto. Noi vogliamo prendere  ottimi calciatori e lo faremo. Giocatori dal nome roboante sì, non top  player».

Unicredit ha stabilito l’obiettivo: Champions League. «Naturalmente ci pensiamo ma non posso definirlo un nostro obiettivo. Ora l’obiettivo è avere una squadra forte».

Castan arriva? «È  molto probabile che arrivi. Non dico che sarà il prossimo Thiago Silva,  ma è efficace, serio, dominante, gioca la finale di Libertadores, un  evento di portata sociale che mobilita milioni di persone. Ad esempio  perché Piqué, che ha giocato una finale di Champions, è top player e  Castan che sta giocando in finale di Libertadores no? Castan è un ottimo  giocatore, vedrete».

Bradley? «Non è un’operazione di marketing, come ho sentito dire. È un giocatore pragmatico, sicuro, vuole vincere».

Tachtsidis? «È  una richiesta dell’allenatore, che mi ha detto: lo trasformerò in un  campione. È lento, ma Zeman lo renderà veloce. Il numero di  centrocampisti è già competitivo. Quelli che io considero forti  giocatori della Roma lo scorso anno sono stati un po’ delegittimati:  Pjanic e Lamela sono reietti? Se l’argentino sarà una buca lascerò la  Roma, mi gioco la mia credibilità. Anche il vituperato Osvaldo è  fortissimo. Perché siamo così depressi?».

Siete voi ad aver punito spesso Osvaldo. «La  Roma Montessori si comporta così. E a me che mi frega? Osvaldo ha una  ricchezza interiore ed è un grande calciatore. Cerchiamo di volergli  bene. Ma che mi frega se tira una bestemmiotta o dà una spintarella se  poi la butta dentro? Osvaldo è incedibile».

Al di là dei top player, ci sono i soldi per fare mercato? «Se  la Roma vuole crearsi una storia non può andare su operazioni troppo  costose, tipo Piqué. La Roma sta ricostruendo una sua situazione  economico-amministrativa e deve farlo coi giusti mezzi, altrimenti  finiremmo male. Ma la Roma non sarà una rometta. Gli interventi di  personaggi come Mansour sono suggestive ma si placheranno, non  dureranno».

La difesa è un problema, diceva. Come si corre ai ripari? «Intanto  stiamo recuperando Burdisso. Prenderemo un altro difensore centrale,  forse anche due. C’è Dodò, che esalta il mio senso estetico del calcio e  vi farà divertire. Il vituperato Josè Angel è qui perché Zeman mi ha  chiesto di tenerlo: in certe situazioni è un po’ imbranato ma ha tutte  le prerogative per uscire bene. A destra? Stiamo prendendo un ragazzo  forte, con caratteristiche diverse dagli altri. Non è italiano e non  sarà van der Wiel. Poi, abbiamo deciso di tenere Rosi».

Questione Tancredi. «Zeman vuole lavorare personalmente coi portieri e non era giusto sottrarre lavoro a Franco, che considero un amico».

Destro? «Situazione complessa, siamo vigili».

Borriello e Pizarro? «Valuteremo e ci confronteremo con loro».

Baldini sta perdendo potere? «No,  lavoriamo in sintonia. Non siamo in conflitto, anche se qualche  confronto c’è è ci sarà. Franco è indispensabile, rimarrà a lungo qui».

Kjaer è stato bocciato? «Da me, non da Zeman. Ho paura che il primo errore nella nuova stagione sarebbe tombale per lui».

Perché acquisti quasi tutti dall’estero? «Quei  pochi calciatori sono difficilmente raggiungibili. Ogbonna sarebbe  piaciuto a Zeman e a noi, ma ha una valutazione non congrua, ho ritenuto  che un investimento così importante per un giocatore che ha disputato  solo la Serie B non sarebbe equo. Ma siamo una delle poche società  importanti ad aver preso un ragazzo che non andava neanche in panchina e  che è venuto a Roma e ha fatto molto bene, come Borini».

Cosa non condivide di Zeman? «Ci  sono delle cose su cui ci confrontiamo, per adesso posso dire che mi  tranquillizza molto, mi piace. Capisco che abbia la voglia di  confrontarsi, e le sue idee sono ancora feroci e avanguardistiche dopo  anni. Abbiamo grande empatia, sarà questione di tabagismo».

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