Il Messaggero – Claudio Ranieri ritrova la Lazio, stavolta in coppa. E sa bene che, soprattutto qui a Roma, è la sua partita. Tre successi su tre in poco più di una anno, cinque gol segnati e uno subito. «E voglio vincere anche questa, faremo di tutto per riuscirci». Niente turn over, dunque. Solo cambi dettati dalle condizioni fisiche di alcuni titolari, tra l’altro da verificare nel test a Trigoria di stamattina. A parte lo squalificato Totti, il convalescente Pizarro e il secondo portiere Lobont, i migliori sono a disposizione. «Il derby è il derby, sarà comunque una gara vera. Mai un intralcio, nemmeno se arriva tra due incontri di campionato. Perché noi teniamo anche alla Coppa Italia e puntiamo a restare il più a lungo possibile impegnati su tre fronti».
L’approccio del tecnico di San Saba è quello dello specialista dei derby. Vincente a Roma, imbattuto in assoluto in Italia, a Torino e Firenze, e in Spagna, a Madrid e Valencia, le uniche sbandate a Londra. «L’allenatore deve parlare meno, i ragazzi si caricano da soli perché sentono l’euforia dell’ambiente. I giocatori sono pronti. Per i supplementari e anche per i rigori che abbiamo provato. Io penso e parlo solo della Roma, non guardo alla Lazio. Non c’è una favorita in queste gare. Noi stiamo facendo bene, la Lazio pure. In campionato noi stiamo cercando di risalire partita dopo partita per tornare a lottare per lo scudetto, siamo tra le quattro-cinque in corsa. Non sto a pensare se ci resteranno pure loro, basta che ci resti la Roma che deve andare avanti anche in Champions».
Fino a quando l’argomento è il suo, cioè il derby, Ranieri riesce a dare l’immagine di chi è coinvolto in pieno (e ancora) nel progetto. La Lazio lo accende, anche se in città si respira una normalità che l’Evento di solito non conosce. Diversa è invece quella dell’allenatore che dovrà chiudere la stagione a Trigoria in un gruppo che sembra la tribù dei musi lunghi, anche quando vince. Così, affrontando ogni caso, si arrende sempre di più all’evidenza di uno spogliatoio ormai ingovernabile. Per lui e per la società che non può più aiutarlo. I dirigenti, presi dagli scenari del cambio di proprietà, non sono più lì a sostenerlo, nonostante anche ieri mattina Rosella Sensi, al bar, lo abbia incrociato per scambiare due chiacchiere.
Ranieri, sospirando, prova a dire che «il gruppo è allegro, tranquillo e si allena bene». E che «non ci sono malumori, ma scazzi improvvisi che si fermano li, sono positivi, fanno bene». Ormai giustifica pure i nervi scoperti: «Queste piccole cose che succedono sono il frutto di una grande voglia, da parte di tutti, di fare, di partecipare, di dare una mano per questa rincorsa. Il bello è che a tutti prima delle partite dico sempre che gli ultimi quindici minuti sono quelli decisivi e che le squadre che hanno più giocatori di qualità hanno maggiori chance proprio nelle fasi finali delle gare. Io farei a gara per giocare gli ultimi quindici minuti».
«Qui ogni settimana c’è un caso: Pizarro, Totti, Vucinic, Rosi e presto anche Pettinari, così ce l’abbiamo tutti» sbuffa Ranieri che dimentica quelli precedenti con protagonisti Mexes, Nicolas Burdisso, Adriano, Perrotta e Simplicio, tanto per fermarsi ai titolari. La litigata di venerdì scorso con Vucinic è ancora capitolo aperto. Nessun incontro e niente scuse. I due fermi sulle rispettive posizioni poco concilianti. La conferma viene dal tecnico che attacca: «Io non ho parlato con lui, non sono io che devo parlarci. La porta del mio spogliatoio è sempre aperta. Comunque, non sarà ceduto: deve capire che l’allenatore lo vuole lo vuole sopra ogni misura, la società pure e quindi Mirko rimane qui al cento per cento». E aggiunge, chiamando in causa pure gli altri: «Io non devo dare spiegazioni. Faccio l’allenatore e scelgo per il bene della Roma. Questo i giocatori lo sanno e al resto pensa la società, perché dovrei farlo io?». Il riferimento è alle multe che, se arrivano o no, poco gli importa. Come, ormai, del rinnovo del contratto. «Io sono sereno, non credo che se avessi rinnovato non ci sarebbero gli scazzi. Comunque non mi interessa».