CORRIERE DELLA SERA (L.Valdiserri)- «Non sarò mai un problema per la Roma e farò il tifo per questa maglia in campo, in panchina o in tribuna». Per non essere frainteso, Francesco Totti ha scritto nei giorni scorsi questa frase sul suo sito internet. E non ha certo cambiato idea. A 38 anni, con alle spalle una vita tutta in giallorosso (un totale di 740 partite e 299 gol; 585 presenze e 242 reti in serie A), Totti vorrebbe soltanto chiudere al meglio una carriera inimitabile. L’ideale sarebbe alzare un trofeo e poi salutare con una grande festa.
Nemmeno un santo, però, potrebbe essere soddisfatto dell’utilizzo deciso per lui da Garcia nelle ultime giornate: 1) 51’ in Inter-Roma; 2) panchina per tutti e 90 i minuti in Sassuolo-Roma e Roma-Genoa; 3) solo 21’ entrando come terzo cambio in Milan-Roma, con i giallorossi sotto per 0-2.
Garcia si è fidato degli uomini che avevano battuto Sassuolo e Genoa, riproponendo per la terza volta di fila (record assoluto) gli stessi undici. La gara contro il Milan, però, era diversa. I rossoneri venivano da tre sconfitte consecutive e la curva milanista li ha contestati prima, durante e dopo la partita. Andavano attaccati, come ha fatto Gervinho nella prima azione della partita che ha portato la Roma vicino al gol dopo 40 secondi. È il senno di poi? Forse. Ma segnare un gol al Milan nei primi venti minuti, probabilmente, avrebbe provocato un tracollo nell’avversario. La Roma, invece, temporeggiando e giocando sotto ritmo, ha permesso ai rossoneri di riprendere pian piano coraggio.
Ma c’è anche un caso-Pjanic. Garcia è stato duro con il bosniaco a fine gara, dicendo che non si possono perdere certi palloni a centrocampo. Vero. Ma come è vero che Pjanic ha dato la sua disponibilità a giocare anche quando aveva la caviglia a pezzi e si sarebbe aspettato un po’ di riconoscenza in più.