IL TEMPO (M. FOURNIER) – Mille volte, mentre stringevo in unamano lo scudo, nell’altra il manganello, e mi allineavo aicolleghi per fronteggiare l’ennesimo «attacco» ho pensato: «Chissà se quel tizio, con la sciarpa giallorossa al collo che urla, sputa e mi sta tirando addosso di tutto, sa chesotto questa divisa c’è un romanista più romanista di lui». Mille volte, nel silenzio del mio U-boot, ho avuto questo flash: magari asserragliato dentro un blindato, o correndo dietro qualche gruppo di ultrà sovraeccitati: perché anche il celerino può essere un appassionato giallorosso o biancoceleste, solo che è un tifoso zen,almeno in pubblico. Tornato nel blindato o in caserma si riadegua agli standard del normale tifoso.
Ma non è di disordini che voglio parlare ricordando i miei derby vissuti da funzionario del Reparto mobile di Roma nel periodo che va dal 98 al 2007.Esiste, infatti, un derby silenzioso,senza esultanze, fatto di sguardi beffardi ed espressivi, suonato in sordina, condito di sfottò telepatici, che è quello tra gli uomini in divisa. Impagabile vincere il derby con vicino il collega funzionario lazialissimo,sfotterlo con gli sguardi, ma atroce averlo vicino nel momento della sconfitta. Il derby non fa sconti.
Il mio primo derby risale al 23 marzo del 1975. Arbitra Agnolin diBassano del Grappa, piove a dirotto, ho 12 anni, mi accompagna allo stadio mio cugino Armando Gazzelloni, figlio di Severino, capostipite di generazioni di Romanisti indomabili. Al 31° Pierino Prati consegna alla storia calcistica giallorossa una vittoria indimenticabile. L’ultimo derby lo vedo a casa il 26 maggio scorso con il mio amico Gianfelice, laziale, al quale, ospitandolo, ho regalato, purtroppo,il più grande dei godimenti. Ho 50 anni e i derby compresi tra queste due date me li sono visti tutti. Il derby non concede scampo a chi vuole evitare emozioni forti, è un tormento che può trasportarti alla vetta del piacere o nel più penoso sconforto. Non ci sono sconti per chi perde, sa già che dovrà affrontare le Forche Caudine dei vincitori, nella penosa attesa del prossimo derby nel quale riscattarsi. Ma il derby è anche la magnifica occasione in cui la Romanità, in entrambe le sponde, esprime tutta la creatività, l’umorismo, il sarcasmo che sono tipici di noi, che in questa città ci siamo nati e cresciuti. Memorabili striscioni degni del Belli e di Trilussa, inimmaginabili penitenze per scommesse perse. Non tutto purtroppo, col passare del tempo,è andato liscio, perché a questi si sono sostituiti atti di violenza. Nessuno potrà mai dimenticare la morte di Vincenzo Paparelli e la sconcertante vicenda del derby sospeso.
Ma la Città, le due tifoserie, sono riuscite con maturità a elaborare il lutto e a restituire al derby il suo reale significato. Se ancora taluni si ostinano in comportamenti violenti dobbiamo serenamente osservare che questi non sono tifosi ma parte di una minoranza che coglie l’occasione per creare disordini. Come poliziotto mi auguro che i miei colleghi possano rimanere inoperosi, come romanista inutile dirlo, come romano confido nel cuore buono ed intelligente di questa città che ci ha concesso il privilegio di esserne figli.