CORRIERE DELLO SPORT – P. TORRI – Lo puoi amare o detestare. Ma di sicuro lo stai ad ascoltare. Non tanto perché in sala stampa si presenta una volta all’anno, quanto perché quando decide di parlare,
non puoi permetterti di perdere neppure una battuta che sia una verità, un’esagerazione, una bugia. Il tutto dettato da quel ruolo di direttore sportivo della Roma che Walter Sabatini occupa, con totale dedizione, dalla passata stagione, scelto da Franco Baldini, avallato dagli americani, coinvolto nel percorso di una rivoluzione che lo ha affascinato sin dal primo momento che gli fu proposto. Soprattutto perché gli consente di occuparsi a trecentosessanta gradi e in piena autonomia della cosa che ama di più, calcio e calciatori. Ieri, a Trigoria, tra una sigaretta e l’altra, per settantacinque minuti è stato un autentico mattatore, capace di controllare la tosse ma non sempre la sua dialettica (quell’imbranato, peraltro quasi in senso positivo, riferito a Josè Angel è stata un’autentica chicca). Ha disseratato di top player e dintorni. Ha urlato di sentirsi ormai romanista. Ha ribadito la sua totale fiducia in Zeman e nelle scelte di mercato di ieri e oggi. Ha confermato una conoscenza di calcio e calciatori che possono vantare in pochi. Ha anticipato un futuro che non potrà non essere diverso rispetto all’inizio del percorso. Ha annunciato altri due-tre acquisti, non regalando sogni ma solide realtà direbbe qualche pubblicitario di seconda fascia. Impossibile non rimanere affascinati da questo fiume in piena che potrà avere pure mille difetti, ma certo non quello di non conoscere il suo mestiere. Ma ora servono i fatti, cioè i risultati sul campo. Glieli auguriamo. A lui e alla Roma. Del resto tanta passione, prima o dopo, non può non essere premiata.
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