A Testaccio si festeggiano i 50 anni del Roma Club Testaccio, pezzo storico del tifo giallorosso. Prevista dalle 18:00 a mezzanotte una grande festa, con tanti ex calciatori che sfileranno sulle botticelle romane e racconteranno aneddoti dei loro tempi: da Nela a Candela, da Aldair a Giuseppe Giannini. Prevista la presenza anche di alcuni dirigenti e tesserati dell’As Roma.
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Presente anche l’ad Guido Fienga che ha dichiarato:
Quando rivivremo giorni come quelli dello scudetto?
“Speriamo presto. Porto innanzitutto il saluto di tutta la società, ci tenevamo ad essere qui e salutarvi perché questa è una festa troppo importante per tutti noi. Anche perché tutto quello che facciamo lo facciamo anche e soprattutto per guadagnare il vostro orgoglio. Non è sempre facile, però vi assicuro una cosa: ce la stiamo veramente mettendo tutta e alle volte i primi a soffrire per la frustrazione di non vedervi contenti siamo noi. Spero che quei momenti li vivremo il prima possibile, perché forse negli ultimi anno solo una notte vi abbiamo visti orgogliosi di quello che avevamo fatto, ossia la partita con il Barcellona. Però una notte è poco, è poco pure per noi, quindi desideriamo quanto prima vincere qualcosa. Non possiamo prometterlo, ma l’unica cosa che possiamo promettere è il nostro impegno che è veramente massimo, anche nel riconoscere i nostri errori quando li facciamo. Perché solo chi fa sbaglia. Per ripartire poi bisogna avere il coraggio di cambiare e fare quello che stiamo facendo anche quest’anno, lavorare il più possibile mettendocela tutta ogni giorno con grandissimo impegno. Spero che lo apprezziate“.
A chi è sorta per prima l’idea di Paulo Fonseca? Come avete concentrato i vostri sforzi per arrivare al tecnico lusitano?
“L’idea sorge alla Roma e in quel momento la Roma era guidata da me e quindi certamente la responsabilità di quella scelta è per forza ascritta a me. Questo è il momento in cui è la Roma che viene prima di tutto, per questioni anagrafiche, per scelte che ci hanno visto probabilmente contrapporci, non abbiamo più gli eroi, ma c’è il club prima di tutto, quindi non personalizziamo la scelta. Non è la Roma di De Sanctis, di Fonseca, di Fienga ma è la Roma di tutti noi. La scelta di Fonseca è stata una scelta assolutamente condivisa fra tutti e se lo volete sapere il primo che ci ha parlato sono stato io, ma non per questo è la scelta di Fienga, ma è la scelta della Roma. Speriamo che sia una scelta che ci renda contenti, già oggi lo fa, ma che ci porti tante soddisfazioni“.
A prescindere da ogni considerazione, questo popolo ha bisogno della presenza più assidua di un presidente.
“Posso dirvi una cosa: Jim è una persona che sta veramente dando tutto se stesso per la Roma. Recentemente, come sapete, gli abbiamo chiesto anche un aumento di capitale, che significa compensare con i fondi propri quello che serve per far ripartire la società. E devo dire che è stato approvato. Ho un contatto assiduo e quotidiano con lui, se voi parlate con Jim vi può dire qualsiasi cosa su quello che succede. Il fatto che non venga qui dipende sia dalla sua vita e ultimamente anche da una serie di scelte. Sicuramente nell’ultimo periodo questo calore nei suoi riguardi non l’ha ricevuto e gli sto dicendo una cosa, perché lo avverto io personalmente: può succedere che non la pensiamo ugualmente. Su Daniele De Rossi, se volete quello è stato il caso più violento, quasi, di disaccordo”.
Perché lei voleva trattenerlo a Roma, giusto.
E voi volevate mandarlo via, certo (ride, ndr). No io intendo (disaccordo, ndr) tra noi e voi. Quella è stata una scelta della società, di cui mi intesto anche la responsabilità. Però lo stiamo facendo solo e soltanto per il futuro della Roma. Tant’è che continuiamo ad investire nella Roma, non tiriamo fuori un euro dalla Roma. Possiamo sindacare se i soldi li abbiamo spesi bene o male, ma li abbiamo spesi e anzi ne stiamo spendendo tanti. Jim tiene alla Roma, soffre per la Roma forse anche più di me, forse perché la vede da fuori. Quando un papà vede un figlio che non rende, soffre sempre di più del figlio. Anche con me si è impegnato a venire di più, lo vorrei avere sempre di più a Roma, credo che verrà. Poi, come sempre, ci piace far vedere i fatti, purtroppo non sono ancora i trofei, ma ritengo che stiamo ripartendo facendo delle cose buone. Poi io sono un insoddisfatto cronico.
C’è un vecchio adagio popolare: andarci vicino conta solo a bocce, nel calcio conta vincere.
Per quanto mi riguarda, ci interessa solo vincere e speriamo di riuscirci.
Una mezza promessa
Non è una promessa, è uno stato d’animo: se non vinciamo non siamo soddisfatti. Ma lo dico pure a voi: se vinciamo 3-4 partite e siamo contenti, non esaltiamoci. Perché o vinciamo veramente alla fine, o altrimenti non abbiamo fatto niente”.
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