50 sfumature di Lucio

50 sfumature di Lucio

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EDITORIALE CGR – Alzi la mano chi, tre settimane fa, dopo il roboante successo a San Siro contro l’Inter, poteva immaginare di assistere da spettatore, quasi inerme, all’ennesimo sfaldamento storico della Roma. La cocente eliminazione dall’Europa League sotto i colpi di Lacazette e compagni, la finale di Coppa Italia compromessa dalla sconfitta per 2-0 all’andata nel Derby, l’allungo della Juve in campionato, l’intervento di Pallotta da Boston che inevitabilmente ha destabilizzato ancora di più gli umori interni a Trigoria, ma soprattutto la deflagrazione definitiva dello Spalletti furioso. Un concentrato di errori strategici, calcistici e comunicativi, nel perfetto stile Roma, autolesionismo allo stato puro.

NERVOSISMI, POSSIBILE NUOVA FUGA E SOGNI DI GLORIA – Il tecnico di Certaldo circa un anno fa si era presentato così: “Questo è un ambiente meraviglioso dove lavorare, creiamo lo stile Roma, bisogna cambiare mentalità, avere l’ossessione per la vittoria” un bignami delle dichiarazioni di un allenatore, convinto al suo ritorno, di portare a termine quella missione calcistica interrotta nel 2009. Nel mezzo i grandi risultati della scorsa stagione, gli attriti con Francesco Totti, l’eliminazione dalla Champions col Porto, un inizio di stagione con qualche sbandamento e poi la crescita esponenziale di una squadra, che con la difesa a tre e i gol a raffica di Dzeko si era riproposta come assoluta protagonista della stagione 2016-2017, arrivando a giocarsi le proprie carte su tre fronti, come non accadeva da quasi un decennio.

A sentire parlare oggi Luciano Spalletti, sembra di vivere una realtà parallela: “C’è gente che è pronta a stappare se mi levo dai cog….ni; Io sto antipatico a voi e voi state antipatici a me; Se non vinco vado via e dovrebbero farlo anche i grandi calciatori che stanno qui da dieci anni; il mio contratto non conta nulla, contano le vittorie; Non sono uno sfigato, sono fortunatissimo… l’elenco potrebbe proseguire quasi all’infinito. Il tecnico toscano, schiacciato nella morsa di un contrasto ormai aperto con parte dei media locali e vittima, a suo parere, di un accerchiamento malsano iniziato addirittura prima della sua firma a Miami, a tratti sembra anche lasciare aperta la porta alla sua permanenza, soprattutto quando (ormai raramente) riesce a parlare di calcio nelle sue conferenze: “la partita col Lione – dichiarava sabato scorso – ci ha dimostrato che il nostro livello è altissimo, ma i margini di miglioramento e di crescita di questo gruppo sono paurosi; a parte Juan Jesus, molti calciatori sono arrivati a ridosso del preliminare e altri come Mario Rui e Rudiger si sono infortunati gravemente”Evidente la frecciatina alla società per il ritardo nei tempi dell’ultimo mercato (per non parlare di quello di gennaio dove Spalletti, pur non avendo fatto richieste specifiche, si aspettava l’arrivo di almeno un calciatore pronto “con i giovani apprendisti non ci facciamo nulla”).

La sensazione, per molti, è che questa sorta di guerriglia dialettica instaurata con la stampa, sia una exit strategy per giustificare il suo addio a giugno. “Con Luciano i rapporti sono ottimi, è un grande allenatore, spero resti ma dipende da lui” così James Pallotta ha restituito con eleganza e, forse su suggerimento dell’amico Franco (Baldini) a Spalletti la patata bollente. Dopo gli incontri istituzionali per lo stadio, il saluto alla squadra domenica mattina e le riunioni su marketing e prospettive future con il trio di Baldissoni, Gandini e Massara, ci si attendeva un confronto tra presidente e allenatore che invece, a meno di cambiamenti di programma dell’ultim’ora, non avverrà vista la partenza di Spalletti direzione Firenze per tre giorni di riposo concessi alla squadra.

La sensazione più o meno generalizzata è che il contrasto tra Spalletti e alcuni esponenti della carta stampata romana sia un po’ come osservare il dito e non la luna: le reali criticità della Roma sono ben altre. Se Spalletti dovesse lasciare la Capitale, sarebbe il quinto in ordine di tempo dopo Luis Enrique, Zeman – la parentesi Andreazzoli – Garcia in sei stagioni ad abbandonare una nave, che ciclicamente torna ad imbarcare acqua da tutte le parti, a dimostrazione della totale impossibilità di definire i contorni di un ciclo tecnico duraturo nel tempo. Non si conosce il nome del futuro direttore sportivo (dopo la fuga di Sabatini ad ottobre); non si sa se la Roma avrà prima o poi un main sponsor che permetta alla società di incamerare nuove risorse finanziarie per migliorare un bilancio che segna un nuovo, preoccupante, rosso di 53 milioni (in base ai dati dell’ultima semestrale); non si comprende quale sia il ruolo strategico e gestionale del consigliere Baldini, trincerato nei suoi uffici di Londra; il futuro dello stadio è appeso alla risultanza di una palese querelle politica tra Pd e Movimento 5 Stelle; i contratti dei giocatori più importanti non sono stati ancora rinnovati, perchè non vi è certezza del risultato sportivo di questa stagione, visto che il Napoli resta a -2 dai giallorossi con un finale di campionato tutto da giocare e da scrivere.

Nel mezzo di questa tempesta, i tifosi ondeggiano senza avere risposte sul futuro della propria squadra, l’augurio è che da qui ai prossimi mesi non ci sia un nuovo naufragio generale e non si debba, dunque, ricominciare tutto da capo, neanche la Roma fosse divenuta un enorme gioco dell’oca.

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