Tammy Abraham, ha rilasciato una lunga intervista a The Athletic. Ecco le parole del centravanti giallorosso:
Sulla Roma:
“È un club incredibile. Mi sembra di aver avverato un sogno. Da quando ho messo piede in questo posto, tutti mi hanno fatto sentire a casa. Anche dal ‘benvenuto’ in aeroporto. È stato incredibile vedere tanta gente ad accogliermi. E poi quando segno, wow: quanta passione. Qui senti parlare di calcio dovunque tu vada”. Per Abraham è proprio cambiata la vita: “Rispetto al Chelsea, qui mi guardano con occhi diversi. Non sono più ‘il giovane dell’academy’: alla Roma mi hanno fatto diventare una star”
Sull’addio al Chelsea:
“Sono stato nel club da quando ero un bambino, non è stato semplice andarmene. Ma poi arriva un momento nella tua carriera dove devi fare ciò che è il meglio per te. Su di me c’erano diversi club, tra cui anche l’Arsenal. Poi sono arrivati Mourinho e Tiago Pinto: ho parlato con loro e ho capito l’ambizione del club e quanto mi volessero. Roma era il posto giusto per me. Grazie al cielo sono qui. In fondo si è visto anche con De Bruyne, Salah e Lukaku: hanno lasciato il Chelsea e hanno spiccato il volo e ora sono i migliori giocatori al mondo. Credo che per me fosse il caso di fare una cosa simile, e anche se la Serie A non è la Premier League si tratta comunque di andare all’estero, scoprire una cultura diversa e provare cose nuove. Un po’come dire: ‘sai che c’è? Questo è il mio momento”
Sulle finali col Chelsea:
“Puoi immaginare come mi sia sentito quando mi hanno detto che non avrei giocato la finale di FA Cup. Non è stato piacevole, ma ero lì per supportare i miei compagni. E la stessa cosa è successa anche in Champions. Volevo solo che la mia squadra giocasse bene e vincesse”
Sulle numerose panchine con i blues:
“Devo ammettere che ero in un momento davvero basso della mia carriera. Per un periodo mi ha messo in difficoltà psicologicamente. Verso la fine della stagione ero infastidito: lavoravo duro in allenamento e non avevo opportunità. Stavo facendo del mio meglio, arrivavo presto e andavo via per ultimo, ma comunque non avevo le mie chances. Avrei potuto capirlo se non fossi stato in forma, o avessi avuto l’approccio sbagliato. Ma spesso i miei compagni venivano a complimentarsi con me per le mie prestazioni in allenamento. Era la parte più difficile. Tuchel? Non mi ha mai detto cosa potessi fare per trovare spazio. Con lui ho giocato le prime partite, poi mi feci male, la squadra iniziò a vincere e quando tornai non trovai più posto. Ma non posso farne una colpa all’allenatore”
Sui primi contatti con Mourinho:
“Ricordo ancora le sue prime parole con me. Mi disse: ‘Tammy, vuoi rimanere nella piovosa Inghilterra o goderti il sole a Roma? Abbiamo riso e discusso piacevolmente. Ha giocato un ruolo importantissimo nella mia scelta per venire qua. Lo chiamo il mio ‘zio italiano'”
I consigli di Southgate prima del trasfermento in giallorosso:
“Abbiamo parlato qualche volta verso la fine della scorsa stagione, gli ho spiegato cosa avevo in testa e come stavo. E lui mi ha aiutato molto dandomi buoni consigli. Mi ha detto di riprendermi e di fare quello che fosse meglio per me, e che nella stagione successiva sarei tornato a giocare. Questo mi ha aiutato molto. Un elemento importante nel mio trasferimento è stato proprio il fatto che ci fosse il mondiale e io dovevo giocare per mostrare il mio valore. Devo solo tentare di farmi trovare pronto, e credo che se fai bene nel tuo club alla fine la chiamata dalla Nazionale arriva”
Ancora sullo Special One:
“È esattamente come lo vedete in tv. È il miglior allenatore al mondo, anche solo per come riesce a motivarti. Ha un modo suo per cui riesce a entrarti dentro e sa come tirarti fuori il meglio. Non ti dirà mai quanto sei bravo o quanto stai facendo bene. Ti dirà solo che puoi fare di meglio. Ricordo una partita in cui per i primi 15-20 minuti non mi sentivo me stesso in campo. A un certo punto, mi chiama e mi dice: ‘Lo so che non sei ti stai trovando bene in campo e che non ti stai sentendo a tuo agio. Ma ho bisogno di più da te’. A fine partita vincemmo grazie a un mio gol”.
Sul match col Leicester:
“E’ una partita importantissima. Quanti biglietti ho chiesto per la mia famiglia? 25, credo”
Sul derby con la Lazio:
“Significava tutto per i tifosi: non immagini quante telefonate e quanti messaggi ho ricevuto prima della partita, con gente che mi fermava per strada per parlarne.C’erano tifosi che bussavano e battevano sulle nostre macchine per motivarci”
Sul traffico romano:
“Qui guidano come dei pazzi. Non ci sono telecamere, quindi vanno tutti veloce. Le prime volte in cui arrivavo agli allenamenti con la mia macchina, i miei compagni da dietro mi clacsonavano. Poi arrivati a Trigoria mi dicevano: ‘Tammy, ma quanto vai lento’. E io gli dicevo: ‘Guardate che 50km/h sono tanti in Inghilterra’”.
Sul suo italiano e sul rapporto con gli altri inglesi nella Roma:
“Capisco i termini calcistici, sto prendendo lezioni ma sto imparando. Ed è bello avere accanto persone che conosco dall’Inghilterra. Ho parlato con Chris (Smalling, ndr) prima di arrivare e luì mi ha detto: ‘E’ un buon club e sarà una buona esperienza per te’. Mi ha incoraggiato”