Addio Adriano: la Roma perde la scommessa

Addio Adriano: la Roma perde la scommessa

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Era stato accolto nella Città Eterna da vero ‘Imperatore’. Cinquemila tifosi della Roma avevano sfidato il caldo estivo per assistere allo Stadio Flaminio alla sua presentazione con la maglia giallorossa. Sembrava l’inizio di una nuova grande avventura, l’ultima chance di riscatto per un campione che si era perso e aveva già provato a ritrovarsi.
E invece, esattamente nove mesi dopo, mentre i compagni in Ucraina cercano l’impresa per non salutare la Champions League, Adriano e la Roma hanno deciso di dirsi addio. Lo hanno fatto attraverso l’elegante formula della «risoluzione consensuale» che, con due anni e mezzo d’anticipo (naturale scadenza prevista per giugno 2013, ndr), ha annullato un contratto da 5 milioni di euro lordi a stagione.

Una sconfitta personale, per l’attaccante brasiliano che giurava di aver ritrovato equilibrio e forza mentale, dopo gli anni di sofferenza tra Milano e Rio, la birra e la saudade come compagna di solitudine. Ma anche una sconfitta collettiva per la Roma, che su di lui aveva investito. «Adriano non è una scommessa, ma una certezza» erano state le parole usate dal presidente Rosella Sensi per scacciare lo scetticismo emerso con l’arrivo a Roma dell’attaccante. D’altronde, dopo i ripetuti fallimenti con la maglia dell’Inter, il ritorno in Italia del brasiliano dopo la buona stagione col Flamengo aveva innescato parecchie perplessità tra gli addetti ai lavori: in evidente sovrappeso, mentalmente fragile, ormai inadatto per i ritmi del calcio europeo erano stati i commenti più gettonati. Commenti che Adriano non è riuscito a smentire nel corso di questi nove mesi.

Dall’esordio in giallorosso ad agosto, in occasione della Supercoppa persa con l’Inter, al derby di Coppa Italia con la Lazio di gennaio, in cui si è procurato un brutto infortunio alla spalla destra, l’Imperatore ha collezionato appena otto presenze. Troppo poche per chi era stato accolto quasi come Gabriel Batistuta, il ‘Re Leone’ del terzo scudetto romanista, per chi aveva espresso la convinzione di «essere molto più maturo» e di poter «fare grande la Roma». A fermare la rinascita di Adriano, oltre alla sfortuna che si è materializzata con alcuni infortuni, è stata soprattutto la sua testa, i suoi comportamenti sempre border-line, e alla fine l’ultimo colpo: il ritorno ritardato a Roma dopo le vacanze di Natale, con le immancabili notizie di bravate, tra troppo alcool e una patente ritirata.

Atteggiamenti che hanno acceso la lampadina dell’allarme, e indispettito definitivamente la la dirigenza giallorossa. Non Rosella Sensi, che a gennaio ne aveva bloccato il ritorno in Brasile nonostante fosse ormai al capolinea con l’arrivo all’orizzonte della nuova prorietà americana, bensì Gian Paolo Montali. Il nuovo direttore operativo, futuro direttore generale, constatata l’impossibilità di recuperare un purosangue come Adriano, ha mediato con l’entourage dell’Imperatore per chiudere anticipatamente una storia d’amore mai sbocciata. Senza arrivare alla rottura (rescissione unilaterale), Montali ha mediato con l’agente Roberto Calenda per arrivare a via d’uscita in grado di soddisfare entrambe le parti. Così si è giunti alla risoluzione consensuale, col giocatore che riceverà arretrati e stipendi fino a marzo rinunciando ai compensi per il resto della stagione, e con la Roma che risparmierà complessivamente 12 milioni di euro. Ora è probabile che Adriano aspetti il ritorno della Roma da Donetsk, per salutare i suoi amici e compagni di questa breve avventura finale italiana. Poi, il ritorno a casa, dove il Corinthians e il campionato brasiliano sono pronti ad accoglierlo e a farlo sentire a casa. Senza stress nè fama mondiale

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