IL RIFORMISTA (F. SPAGNA) – Un colpo davvero molto duro per i piccoli azionisti e tifosi della Roma. L’annuncio dell’offerta vincolante per il 62,24% delle quote della squadra capitolina in mano alla famiglia Sensi (Roma 2000 srl) da parte della cordata capeggiata dall’italo-americano Thomas DiBenedetto ha determinato il panico con una flessione teorica del prezzo del titolo di oltre il 35 percento. Da 1,16 euro di quotazione, il titolo è crollato in Borsa raggiungendo un prezzo teorico di 0,67, allineandosi così al prezzo d’offerta. Va ricordato, infatti, che l’offerta vincolante (valore a cui verrà effettuata anche l’Opa obbligatoria) considera un prezzo di 0,6781 euro per azione, corrispondente a una valutazione dell’intera società di circa 90 milioni (oltre 155 milioni fino a pochi giorni fa). Una situazione che non potrà non accendere i fari della Consob su una operazione che suscita in Borsa molte perplessità.
Da quanto si è stato reso noto l’offerta verrà lanciata da una newco (60% cordata DiBenedetto, 40% Unicredit) la cui capitalizzazione non sarà sufficiente per far fronte agli impegni finanziari. Appare probabile che la provvista per il versamento dei 70,3 milioni di euro a Roma 2000 proverrà da un finanziamento della stessa Unicredit. Va inoltre considerato che, non appena trasferite le quote alla newco ed effettuata l’Opa obbligatoria, la As Roma lancerà un aumento di capitale da 35 milioni di euro che sarà sottoscritto pro-quota dai singoli soci. Ricapitalizzazione per riequilibrare la posizione debitoria della società e avere le risorse per rilanciare la squadra nel campionato 2011/2012.
Si comprendono le perplessità della Borsa e dei piccoli azionisti della Roma che rischiano di pagare indirettamente il conto che la famiglia Sensi aveva con Unicredit. Un debito che, al 31 dicembre 2010, ammontava a circa 280 milioni di euro. O si accontenteranno di vedersi riconosciuta una cifra molto ridotta rispetto alle reali valutazioni di mercato del titolo As Roma oppure, qualora non aderissero all’Opa obbligatoria, sarebbero costretti a mettere nuovamente mano al portafogli nel successivo aumento di capitale. Sarebbe, dunque, molto importante che la Consob valutasse attentamente la posizione di Unicredit che potrebbe aver trovato una soluzione creativa per rientrare almeno formalmente di parte del debito. Se le voci che circolano sul mercato fossero vere, la cessione assomiglierebbe all’operazione Alitalia-Air One, orchestrata qualche anno fa da Intesa Sanpaolo: finanziare un soggetto terzo per rientrare di un debito incagliato e scarsamente esigibile.