IL TEMPO – A. AUSTINI – Il conto alla rovescia non si interrompe. La Roma aspetta i soldi dello sceicco e intanto porta avanti i suoi programmi come se nulla fosse. Non c’è alternativa. Firmato il preliminare con Adnan al Qaddumi, ora Pallotta attende che si verifichi l’unica condizione in grado di dar via ai contratti definitivi: il versamento entro il 14 marzo di 50 milioni nella As Roma Spv Llc che consentirebbe al misterioso imprenditore arabo di affiancare i soci americani nel consorzio senza però prendere il controllo del club.
Non è stato e non poteva essere il consiglio d’amministrazione di ieri a cambiare le carte in tavola. Le questioni all’ordine del giorno erano altre – ingresso nel cda di Zanzi con trasferimento delle deleghe e approvazione della semestrale – e non c’è stata neppure l’occasione di un confronto diretto tra il partito degli scettici e quello dei più fiduciosi sulla trattativa con l’arabo: nessun consigliere «di peso» in quota Unicredit si è presentato a Trigoria, neppure Pippo Marra che aveva preannunciato una richiesta di chiarimenti.
Il vice direttore della banca Paolo Fiorentino ha partecipato in videoconferenza e la questione è stata così affrontata marginalmente, in attesa di notizie concrete dallo sceicco. Che è tornato a Roma e continua a lavorare sull’affare, pur tra mille difficoltà e in un clima di crescente scetticismo. Pallotta vuole comunque aspettare il termine del 14 marzo ma i tanti, troppi dubbi emersi negli ultimi giorni non lasciano indifferente anche l’ala americana della Roma.
La banca è la prima a non fidarsi ma non è la vera parte in causa: l’affare riguarda le quote di Pallotta e sarebbe talmente conveniente per il futuro del club che in caso di un esito positivo un po’ tutti sarebbero pronti a mettere da parte lo scetticismo. Cinquanta milioni in cassa versati da un investitore che non chiede di comandare rappresentano un’occasione troppo ghiotta per non andare fino in fondo.
Basta dare un’occhiata ai conti della Roma: senza gli introiti della Champions per la seconda stagione consecutiva, nel semestre chiuso lo scorso 31 dicembre la perdita consolidata è stata di circa 26 milioni di euro (i dati ufficiali sono stati diffusi solo a tarda notte). Un risultato praticamente identico rispetto alla semestrale dello scorso anno (allora il «rosso» è stato di 27,1 milioni). Aumentano i ricavi grazie alle maggiori presenze al botteghino e al marketing ma ancora non basta per rendere la società sana. Il nuovo accordo con lo sponsor tecnico può aiutare: ormai ci siamo, entro due settimane si chiude con Nike (in vantaggio) o Adidas. La vera svolta ai conti la darebbe solo un miracoloso piazzamento in Champions, con ricadute effettive nel prossimo esercizio.
Ma la Roma, anche nel recente passato, ha vissuto momenti peggiori. La continuità aziendale, come confermato da Baldini, non è a rischio a prescindere dallo sceicco: l’aumento di capitale già stanziato da almeno 80 milioni, destinato comunque a crescere, darà nuova linfa agli investimenti in attesa dello stadio.
Intanto ieri è toccato a Italo Zanzi ricevere formalmente le deleghe operative ereditate dal predecessore Mark Pannes, che rimane in cda. Al nuovo «Global Ceo», nominato nel board per cooptazione, fa invece posto Andrea Gabrielle per «motivi personali». L’ormai ex consigliere, a capo dell’azienda che si è occupata del restyling del sito ufficiale del club, è spesso in America e per questioni di praticità ha deciso di dimettersi. Rimane in consiglio Tom DiBenedetto: in realtà non si è mai pensato a lui per liberare un posto nonostante sia sempre più lontano dalle vicende romaniste.