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Berdini: il peso medio della politica romana che ha spostato la Giunta a sinistra

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IL TEMPO (F. M. MAGLIARO) – Classe 1948, ha compiuto 68 anni lo scorso 16 dicembre, ed è l’uomo, dentro la Giunta Raggi, sicuramente con il pedigree politico e amministrativo di maggior peso, tanto che viene considerato l’elemento più rappresentativo dell’Amministrazione. È Paolo Berdini, assessore con due deleghe pesantissime: l’urbanistica e i lavori pubblici. Da sempre vicino alle posizioni della sinistra, fra il 1995 e il 2000 fu il consulente principale dell’ assessore all’urbanistica di Rifondazione Comunista, Salvatore Bonadonna nella Giunta regionale guidata da Piero Badaloni. E come consulente all’urbanistica ha lavorato con una serie di comuni del Lazio (Lanuvio, Aprilia, Oriolo e Bassano in Teverina), tutti, ovviamente, a guida di sinistra. La sua scuola di formazione è quella della grande urbanistica della sinistra. E Italo Insolera e Antonio Cederna sono sempre citati dallo stesso Berdini come i suoi maestri. Per un quadriennio, dal 2005 al 2009, Berdini ha avuto anche una cattedra a contratto all’Università di Tor Vergata. E, in quel periodo, risale il lavoro cui Berdini, in team, partecipò per la progettazione del piano urbanistico delle case dello studente di Tor Vergata costruite da una società del Gruppo Caltagirone. All’inizio degli anni 90, ricopre la carica di segretario generale dell’Istituto Nazionale di Urbanistica e la sua visione lo porta, poi, nel decennio successivo, ad avvicinarsi a Italia Nostra, tanto che fra il 2001 e il 2008 ne diviene membro della Commissione Territorio. Di fatto, quindi, la sua presenza e quella di Luca Bergamo, assessore alla Cultura e nuovo vicesindaco al posto di Daniele Frongia dopo il rimpasto successivo all’arresto di Marra e il ridimensionamento del “Raggio magico“, garantisce una forte impronta di sinistra alla Giunta capitolina targata 5 Stelle.

I mal di pancia, però, non mancano. Sia da parte di Berdini verso alcune decisioni della Giunta Raggi, sia da parte di Sindaco, assessori e consiglieri per molte dichiarazioni di Berdini considerate sopra le righe. Non c’è solo la vicenda dello Stadio della Roma come elemento di forte attrito fra Berdini e il resto della compagine governativa pentastellata, ma anche una serie di decisioni assunte nei primi mesi. Di fatto, ogni atto assunto da Berdini ha finito per generare perplessità o veri e propri mugugni. La Fiera di Roma ridimensionata; le Torri dell’Eur e la fuga di Telecom; la Città dei Giovani all’Ostiense totalmente bloccata; i Piani di Zona fermi al palo: in sei mesi di governo cittadino, secondo le voci interne al Campidoglio, dall’Assessore all’Urbanistica non sono arrivate le risposte attese. E iniziano a serpeggiare molte perplessità anche sulla unificazione delle due deleghe, Urbanistica e Lavori Pubblici: due deleghe pesantissime, che richiedono una enorme mole di lavoro quotidiano. E alcuni consiglieri 5 Stelle si interrogano su quando arriveranno atti anche dai Lavori Pubblici: non c’è traccia, ad esempio, di uno straccio di gara d’appalto per la manutenzione stradale e, dopo ogni goccia di pioggia, le buche proliferano come conigli. Ovviamente, poi, a questo stato di tensione permanente, si somma il lunghissimo tira e molla sulla querelle del progetto dello Stadio della Roma a Tor di Valle.

La posizione di Berdini è stata ribadita in ogni possibile circostanza ed è coerente con quanto lo stesso Assessore andava dicendo già durante la consiliatura Marino. In sintesi: per lui profondamente errato l’iter scelto perché rende il Comune soggetto passivo di scelte urbanistiche determinate dal privato che hanno determinato la scelta di un’area, Tor di Valle, che è sbagliata essendo “un deserto urbanistico“. La soluzione prospettata da Berdini è quella di «rientrare nelle previsioni del Piano Regolatore», il che significherebbe fare solo lo Stadio senza niente intorno. Soprattutto senza strade, ponti, metro perché queste opere danno origine a cubature in compensazione. Dall’altro lato, però, la visione della Raggi è molto meno talebana: troviamo un accordo, ma portiamo a casa almeno un’opera. Non si può sempre dire no.

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