GAZZETTA DELLO SPORT – M. CECCHINI – Breve cronaca di un lungo addio. Nel gorgo che attira tutti solo verso il futuro della Roma, durante la malinconica vigilia Luis Enrique riesce a nominare la parola Chievo (per fare i complimenti) solo una volta. Vorrebbe scuotere l’ambiente creando un clima da ultima spiaggia («siamo in una situazione tale in cui se subiamo un’altra sconfitta non saremo più in lotta per l’Europa»), ma tiene banco più l’analisi del passato che le prospettive immediate. D’altronde, se si considerassero solo le partite in trasferta la squadra giallorossa sarebbe solo all’11° posto in classifica e perciò la delusione è palpabile. «Ciò che dispiace di più è che i tifosi pensino che non ce l’abbiamo messa tutta. Noi giochiamo per vincere le partite, non per pareggiarle, qualche volta per vincere una partita l’abbiamo persa, è il rischio che si corre, ma io me lo assumo».
«Ho già deciso» La sensazione è che adesso ne paghi anche pegno, visto che — sull’onda dell’esasperazione del tifo — per la prima volta lo spagnolo ammette esplicitamente l’ipotesi dell’addio a fine stagione. «Ci sono solo due possibilità: o resto vado via. Ho detto tante volte di essere un allenatore diverso, magari il più scarso della Serie A, e perciò quando arriverà il momento dirò quello che penso. Parlerò con la società, dirò tutto quello che è successo nella stagione, faremo le nostre valutazioni e io prenderò la mia decisione». Un attimo dopo, però, ammette di aver già deciso: «Io so chiaramente cosa farò, al 100%». E allora l’equazione pare agevole: se si sta parlando di un allenatore con un contratto in scadenza nel 2013, pubblicamente riconfermato dalla dirigenza e che ha già deciso il suo futuro, perché fare misteri per un matrimonio che prosegue? L’unica ipotesi è che si aspetti ad annunciare il divorzio per non turbare la squadra. Non a caso lo spagnolo dice: «Ai giocatori non ho parlato del futuro perché una volta che uno dice una cosa, dopo cinque minuti si sa in tutto il mondo».
«Grande futuro» Il Chievo è sempre più sullo sfondo, così come le preoccupazioni per un piccolo incidente d’auto (senza conseguenze) occorso a De Rossi a Ostia. Luis Enrique guarda avanti. «Quando sento i fischi per ragazzi di 20-21 anni mi sembra ingiusto. Occorre pazienza. Tra 4-5 anni questi giocatori faranno grande la Roma». Possibile, ma forse con un altro allenatore in panchina, probabilmente di scuola italiana (Allegri e Montella in pole). Ma questo è un futuro ancora tutto da scrivere.
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