IL MESSAGGERO (P. MEI) – La sventagliata di mitra l’ha copiata da Batistuta: speriamo pure i gol, pensa il popolo giallorosso, e tutto quel che ne conseguì. Pablo Daniel Osvaldo è il capocannoniere, per non dire il cannoniere unico al momento, della Roma spagnola di Luis Enrique.
Copiare per copiare, non aveva che l’imbarazzo della scelta il giovane Osvaldo quanto a esultanza: solo che fosse rimasto nell’ultima Roma c’era il ciucciotto di Totti lasciando nell’armadio le magliette dell’amore(“6 unica”) o dello sfottò (”Vi ho purgato ancora”) o quando s’improvvisò cameraman per inquadrare con la telecamera la Sud del suo cuore. Tutti i freschi papà l’hanno imitato il biberon, non potendo tutti imitare Totti. Ci sarebbero state anche le orecchie amplificate di Delvecchio (mi fate sentire se fischiate ancora?) o le ali spiegate dell’Aeroplanino, quando Capello dava a Montella il permesso di decollare. “Senti bene” sembrava dire Luca Toni, mani a manopola delle orecchie. “Vedi bene”, la risposta di Pazzini a spalancare gli occhi. In fondo Firenze era un bel teatrino. Lì risuonava anche il violino di Gilardino.
Ora l’esultanza è diventata non un gesto ma un piccolo show: la televisione riprende tutto e il web mette in circolo con centinaia di migliaia di clic. Lo sanno gli altrimenti sconosciuti calciatori dello Starnjan, squadra islandese, i quali hanno prodotto con i gol dei veri “corti”: la pesca del salmone, la bicicletta, la manovella, il parto, il videogioco con Rambo e Rocky, il valzer a coppie e perfino il wc umano, con tanto di compagno tavoletta e di tiro della catena. Altri tempi quelli, un po’ ingenui, nei quali Gascoigne fingeva d’ubriacarsi in campo dopo essere stato pizzicato in un pub, Tardelli urlava che ancora si sente, o Eric Cantona si fermava maestoso in mezzo all’area a prendersi l’applauso. Bresciano lo ricorda: fa la bella statuina. Simpatico il laziale Gonzalez, che s’è tolto lo scarpino e l’ha battezzato telefonino, fingendo di chiamare: se si fosse tolto la maglia l’avrebbero ammonito, ma altri indumenti non sono previsti nelle sanzioni. Vucinic, per esempio, prima di mettersi in testa il cestino dei rifiuti e dopo aver fatto il wrestler a Lecce, un paio di volte s’è tolto i pantaloncini e se li è messi in testa come una maglietta: è finito in mutande ma non ammonito. E’ ancora misterioso il gesto di Matri, che prende qualcosa in mano, forse lo mangia e deve aver assaporato qualcosa di gustoso dall’aria soddisfatta che assume; Cristiano Doni si teneva su la testa, come a dire “vado a testa alta”, ma poi… Il toro vero Ferrante fece il toro con tanto di corna in un derby contro la Juve, e lo imitò, un po’ fessamente, il bianconero Maresca; e poi capriole (Oba Oba Martins e Klose specialisti), balli e balletti (dalla capoeira alla street dance, il primo fu Milla a Italia ’90, i laziali di Eriksson ballavano “Aserejé” allora di gran moda), cuori disegnati nel cielo: anche Pato lo faceva per la moglie; una volta separato è passato alla pistola. Calajò, più antiquato, tira con l’arco. Cristiano Lucarelli una volta ha simulato un amplesso da luci rosse e Robby Fowler, del Liverpool, peggio: una sniffata del gesso. Meglio il trenino del Bari, il cane che fa pipì, lo swing da golfista di Pepe. Anche Theo Walcott lo fa per ricordare che l’esclusione dalla Nazionale gli fu comunicata mentre giocava a golf; Zidane lanciava sassi nell’acqua (forse perché la moglie sognava il mare: mandiamolo in Ancona, disse l’Avvocato). Comunque tutti più veraci, pur se costruiti, di quelli che non festeggiano quando segnano il gol dell’ex: se dispiaceva tanto, potevano restare dove erano. Non ne avrebbe sofferto il cuore, ma solo il conto in banca.