IL TEMPO (A. AUSTINI) – Un intreccio fra tre società, un contratto ancora valido firmato due anni e mezzo fa, clausole, diritti e percentuali da far quadrare. Il caso Sanabria accende lo spento mercato della Roma di gennaio, con possibili (ma difficili nell’immediato) ripercussioni sul budget e quindi sulla capacità di acquisto. Ieri il Genoa si è accordato con il Betis Siviglia per avere l’attaccante paraguaiano in prestito 18 mesi, con diritto di riscatto fissato a 22 milioni, organizzando già le visite mediche per venerdì. Ma stando ai contratti, serve l’ok della Roma che infatti si è messa a studiare il caso prima di dare il suo via libera all’operazione. Dopo aver fatto scadere l’opzione di due anni per riacquistarlo a 11 milioni, i giallorossi fino a giugno hanno la possibilità di riprendere Sanabria pagando 14.5 milioni. Come può quindi il Betis concedere l’opzione al Genoa tra un anno e mezzo? Non solo, la Roma vanta il diritto di incassare il 50% del prezzo di vendita, qualsiasi esso sia, dopo aver incassato 7.5 milioni dagli spagnoli nell’estate 2016. Chiaro che un prestito gratuito non frutterebbe nulla adesso. A Monchi conviene che Sanabria venga ceduto a titolo definitivo, ma Preziosi non sembra intenzionato ad acquistarlo subito. Si dovesse trovare una quadra con relativo indennizzo girato a Trigoria, a quel punto si potrebbe anticipare l’arri-vo di Mancini in giallorosso. Il difensore atalantino è un obiettivo per giugno, i bergamaschi sarebbero disposti a concedere un prestito di 18 mesi con obbligo di riscatto a 25 milioni circa complessivi, a patto che la Roma paghi adesso almeno 3 milioni. Soldi che in cassa non ci sono, a meno che non li porti Sanabria, Defrel (piace a Galatasaray e Newcastle) o Machin: il Genoa vuole anche lui, tratta col Pescara e alla Roma spetta il 50% della rivendita. Un incastro dietro l’altro.