C’era una volta Campo Testaccio

C’era una volta Campo Testaccio

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campotestaccioIL TEMPO -In quello stadio, che Silvio Sensi, il papà di Franco, aveva costruito sul finire degli Anni Trenta, la Roma avrebbe vissuto un decennio della sua storia: dal 1929, data della prima partita ufficiale, due a uno al Brescia, all’addio del 30 giugno del 1940, stesso punteggio contro il Livorno.nizio e fine sotto il comune segno della vittoria, in un impianto di straordinaria suggestione, che era costato un milione e trecentomila lire, meno di mille euro al cambio attuale.

Da allora, la Roma non aveva più giocato in uno stadio di proprietà, i tentativi di Dino Viola si erano infranti contro la barriera inesorabile della burocrazia e la comprensibile opposizione del Coni, poco disposto a rinunciare all’affitto sontuoso pagato dalle società romane per giocare all’Olimpico. Curioso che di un primo passo, da un sogno troppo a lungo accarezzato a una realtà che prende contorni ben definiti, si sia parlato proprio a casa di Mickey Mouse. E sembra che, paradossalmente, stavolta nessuno ci abbia raccontato favole, nessun modellino di carta ma un progetto solido che sarà portato a termine.

Dall’area individuata, quella di Tor di Valle della quale a lungo si era parlato, all’appoggio garantito dalle istituzioni, stavolta la presenza di Alemanno aveva un senso, non più una copertura per una colossale presa per i fondelli. Fenucci a Trigoria accanto al Sindaco, Pallotta, Zanzi e Pannes a Orlando, al loro fianco Francesco Totti, un’immagine che la proprietà americana è orgogliosa di esibire nel mondo. Con perfetta padronanza dell’inglese, Luca Parnasi ha illustrano la connection che lega la sua impresa alla nuova Roma. Una società che gli americani hanno sottratto alle ruspe, per restituirle dignità, credibilità e prestigio. Garanzia di una crescita gestita senza isterismi e senza proclami, ma condotta attravreso un alto livello di professionalità, quella che i nuovi padroni hanno riconosciuto a Franco Baldini e Walter Sabatini.

La Roma sarà così la seconda squadra italiana a giocare in uno stadio tutto suo, dopo la Juventus, nel futuro si delinea un muovo tassello, il più importante, dopo lo sviluppo del progetto tecnico che la giovanissima età media rende ambizioso: L’attesa non sarà breve, ma almeno c’è la garanzia che non si costruiranno castelli di sabbia come quelli comicamente promessi, fragili ed esposti ai capricci del vento.

 

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