IL MESSAGGERO (S. CARINA) – «Si quieres, puedes». Una filosofia di vita e un modo di pensare che fotografano Luis Enrique. Ex calciatore di Real Madrid e Barça, ora è l’allenatore dell’Atletico Barcellona che milita nella segunda division spagnola, la nostra serie B. Essendo una squadra filiale (dove militano i giovani della cantera blaugrana) è impossibilitata ad essere promossa in prima divisione e a partecipare alla Coppa del Re. Cresciuto come tecnico seguendo le gesta (e le indicazioni) di Guardiola negli ultimi tre anni, Luis Enrique ha un sito ufficiale e anche un blog personale che in realtà non è che aggiorni spesso. L’ultimo messaggio scritto risale al 24 febbraio ed è legato alla Fondazione Anima – che si occupa della completa assistenza ai bambini affetti da malattie croniche o terminali – della quale è socio. A questa fondazione ha regalato tutte le maglie che in carriera si è scambiato con gli altri calciatori per metterle così all’asta e ricavarne dei proventi da destinare all’associazione. A curiosare, c’è un po’ di tutto: da Angloma, Angulo e Pellegrino del Valencia a Pessotto della Juventus, passando per Owen e Heskey (Liverpool), Kaladze (quando giocava nel Milan), Di Livio (Fiorentina), Ballack (Leverkusen), Puyol (Barcellona), Figo (Real Madrid), Duff (Irlanda del Nord) e le sue maglie della Spagna con le quali ha giocato tre Mondiali. Proprio nel primo (1994), ricevette la gomitata da Tassotti che costò al difensore italiano la squalifica di 8 turni. Luis Enrique è uno sportivo a tutti gli effetti. Quando ha smesso di giocare al calcio nel 2004, si è trasferito un anno in Australia per praticare surf. Ma non solo: è un appassionato di triathlon, della maratona (ha disputato quella di New York nel 2005 e quella di Amsterdam nel 2006) ma soprattutto di ciclismo. Ogni estate dedica almeno una settimana delle sue vacanze per scalare insieme ad un gruppo di amici le Alpi francesi o i Pirenei. Ora gli manca la salita più dura: quella per arrivare a sedere sulla panchina della Roma.