Daniele De Rossi, in occasione dell’anniversario del primo anno dal ritorno in edicola de “Il Romanista” ha rilasciato al quotidiano un’intervista esclusiva lunga 4 pagine. Questo un estratto delle parole del capitano della Roma:
Vai, finalmente la Roma. Anzi perchè quel primo tempo con l’Atalanta (e a Milano) non si è visto niente”
«Le partite che vanno così male le devi analizzare come le partite che vanno tanto bene. Ci sono tanti fattori. semplicemente una serie di cause. Ci sono partite sbagliate. Poi ci può essere un discorso tattico, atletico, ce ne sono mille. Con l’Atalanta per esempio loro avevano una preparazione di un mese e mezzo più di noi anche se erano seconde linee: sapevano che non avrebbero giocato col Copenaghen. Mentalmente erano liberi. Poi però non puoi attribuire la cattiva prestazione solo ai caso o a loro. Per niente. Noi siamo più forti di loro.
Da capitano mi attacco alla reazione nel secondo tempo.]a stessa che c’è stata col Miian. Dificile da spiegare, ma sicuramente la squadra non molla. non ci tiene a farsi schiaffeggiare. questo è il lato positivo. Bisogna solo andare avanti. Andiamo avanti…”
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Troppi nuovi, troppe cessioni? C’è un legame da trovare?
«Il legame va bene. Sono tanti ,ma si integrano bene. Questo è un gruppo sano, aiuta i giocatori nuovi, lì abbraccia e li accoglie in maniera spontanea e positiva. Fosse per me
terrei sempre tutti i compagni di squadra, anche perché mi affeziono e quando un compagno va via mi dispiace. Poi ci sono idee del mister, del presidente. del direttore e bisogna mettere tutto insìeme. Io queste cose non le posso sapere, forse neanche le devo sapere. Ma so che il gruppo c‘è, che qùesti arrivati sono forti che la squadra è forte”
L’ha fatta Monchi…
Il rapporto è corretto, cordiale, lui è il direttore, io sono il capitano, no un suo giocatore che non ha comprato ma confermato, quindi un suo giocatore. È stato un mercato movimentato. Anche lui è sotto pressione, lo vedo, dobbiamo lavorare. Sta sempre dentro le cose, nello spogliatoio, vuole sapere tutto, è puntiglioso, prendersi cura di noi. Sono uno dei suoi primi interlocutori in quanto capitano».
E di Eusebio Di Francesco?
«Di Francesco è parte di tutto questo. Abbiamo parlato anche oggi. la forza nostra è che ci siamo già passati. Col lavoro. seguendo l’allenatore, con la nostra forza, lasciandoci trascinare dallo stadio siamo usciti meglio di come stavamo e di quello che potevamo sperare. Mi dici di spiegarti Roma-Atalanta… Vai con la mente a Roma-Atalanta e poi a Roma-Samp, a Roma-Milan, anche a Roma-Fiorentina, a quello che si diceva… Ci sono stati momenti duri ma poi se pensi alla scorsa stagione pensi a una stagione super emozionante. E l’abbiamo fatta con i tifosi e seguendo l’allenatore. Lo scorso anno ne siamo usciti coni lustrini sul petto. Il mister è dispiaciuto e deluso. ma non demoralizzato. ll calendario non è stato semplice, ma tanto come giri giri sono 4 punti in 3 partite. Andiamo avanti, speriamo
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La Juventus è di un altro pianeta?
«Di un altro pianeta no. Sicuramente è più forte delle altre. A livello economico possono permettersi investimenti diversi da tutte le squadre italiane. Da quei punto di vista viaggiano su un altro binario. Però poi dobbiamo giocare, fare un campionato. mettere la palla in campo. Penso di poter dire che hanno faticato anche loro con Chievo e Parma. Dobbiamo provare ad arrivare assolutamente tra le prime 4. che è il nostro livello. Dobbiamo confermarci squadra da Champions. poi vediamo: vinciamo la prossima partita, quella dopo facciamo punti e vediamo. Vinciamole tutte e poi magari se perdiamo gli scontri diretti con loro arriviamo a -6. Non possiamo pensare che sono di un altro pianeta. Dobbiamo pensare di poter fare un miracolo, non perdere gli stimoli. Quasi come abbiamo fatto l’anno scorso».
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Lasciare?
«Prima o poi. Non so ancora quando. Io ho già fatto una stagione del genere, come si dice“scadente’ (ride) ma nel senso col contratto in scadenza, ed è stata una delle mie stagioni migliori. Appena arrivato Monchi ho rinnovato, il giorno dopo l’addio di Francesco. Non era neanche cosi tanto scontato quel rinnovo. pochi lo hanno capito. Non mi crea problemi la situazione».
A me sì. Hai sempre detto gli USA, ma il Boca?
«Gli Usa? Mi piacerebbe vivere l’America, se però sarò in grado di vivere la da calciatore, sennò in America ci sono andato anche quest’estate in vacanza. ll Boca? Posso andare a vedere anche adesso Boca-River in uno stadio che mi fa impazzire, ma non voglio perdere tempo, lasciare un brutto ricordo di me altrove».
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Tu sei una bandiera della Roma, cosa significa per te?
«Si lo so. E io mi sento una bandiera della Roma. Sai cosa significa? Significa che quando prendi una decisione, parli con un altro club che ti ha chiamato, e tutti ti dicono
di lasciare, parlo anche di cosa è successo in passato, la bandiera della Roma in quel momento si rende conto di essere di proprietà della Roma, cioè non sono la maglia ”della” Roma. la decisione non appartiene nemmeno più solo a te. Io mi sento proprietà dei tifosi della Roma. Della storia della Roma, come lo è stato Francesco, e non sei nemmeno più libero di scegliere per il tuo bene professionale perché rappresenti qualcosa, rappresenti qualcuno .Faresti male ai tifosi della Roma. Ora non mi sentirei un infame a lasciare a 35 anni e andare a fare due anni in America: mi sarei sentito una merda ad andare via due anni fa in una squadra italiana.
Tu sei romanista, non l’hai fatto. Sei la Roma anche come fattore che paradossalmente divide, una volta eri quello che ci faceva sentire uniti, oggi è il primo motivo per dividerci- Anche, se non soprattutto, per De Rossi…
«Lo scorso anno ho ritrovato l’unità. L’anno scorso ci siamo sentiti uniti nuovamente. È quello che ho detto dopo il Liverpool…A costo di sembrare provinciali per tanto tempo ancora, ma per me i romanisti sono quelli che: “guarda questi vincono la Coppa Italia e festeggiano per tre mesi”. oppure: “so’ quindicesimi in classifica e vanno in 60.000 a Roma-Brescia”. Io vivevo dei questo. Io sono rimasto a Roma per questo, perché questo è essere romanisti. Poi certo ti puoi incavolare, puoi fischiare, contestare, un giocatore. l’allenatore. la dirigenza però durante la partita trasciniamo la Roma. Lo scorso anno c’è stata unità. Quest’estate ho sentito grossa amarezza durante la campagna acquisti e ho temuto si fosse perso qualcosa; invece durante Roma- Atalanta ho sentito di nuovo tutti: i tifosi hanno pareggiato con noi, hanno trascinato la Roma. Se abbiamo ritrovato questo non mi sembra una cosa da poco».
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Ti sei pentito di aver parlato di maiali col microfono?
«Non mi pentirò mai di aver difeso un compagno di squadra o un allenatore o un dirigente se se lo merita. Non potrei mai pentirmi di difendere la Roma».
L’abbraccio ad Olsen è un manifesto in tal senso?
«No. lo voglio bene ai miei compagni. lo abbraccio tutti. Robin è un ragazzo meraviglioso. Ne stanno parlando troppo per quello che ha fatto finora, per me non ha sbagliato mai, magari prima dì un gol ha sbagliato qualcuno. Io. Manolas, un centrocampista o potevamo fare un passaggio migliore. Se dopo tre partite forse ha sbagliato – forse eh-su un gol, stiamo parlando della normalità, anzi, forse ha sbagliato meno di tutti gli altri, me compreso. Ma di che parliamo”
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A proposito di compagni: Nzonzi puo’ giocare nel 4-3-3. Ti ha dato fastidio il suo arrivo?
«Non mi compete. Non mi ha dato fastidio il suo arrivo, casomai ha dato fastidio a chi s’è inventato questa cosa. Posso giocarci tranquillamente insieme a Steven, ha
fatto anche il mio ruolo. possiamo anche alternarci. Mi sembra difficile dire che non possiamo giocare insieme. Non vedo un problema, come non potevo giocare con Gonalons. Sembrava che non potevo giocare con Paredes, ed è sempre andata bene. Chi dice che mi ha dato fastidio è una bugia».
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La calunnia che ti ha fatto più male?
«Quella che m’è venuta in mente appena mi hai fatto la domanda risale a un Fiorentina-Roma di Europa League: sbaglio un passaggio. prendiamo gol e la solita caviglia
che mi distrugge mi cede. Hanno detto che sono uscito apposta. E io non volevo uscire per quel motivo: “Ecco se esco adesso mi dicono che cerco una scusa”. Sapevo cosa avrebbero detto».
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Ha rivisto l’addio di Totti?
«No. è stata una settimana particolare. Un momento estremamente emozionante ma non piacevole. A me non piace quando vanno via i compagni di squadra ho pianto come un ragazzino quando sono andati via Perrotta, Cassetti. Se se ne va lui. con cui hai condiviso più cose di chiunque altro…è tanto triste».
La tua ultima partita?
«Ci sarà una mia ultima partita. Per forza. E io pensavo anche a quello quel giorno: “Prima o poi toccherà pure a me”. Vedere lui provato, segnato, è stato duro. Poi è stato tutto
molto romanista. certo. forte, toccante. profondo. ma non poteva essere altrimenti. Però è dura ,un tuo amico che vedi da calciatore tutti i giorni di colpo non ti vedi più.…».
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Durante Roma-Liverpool ti è capitato di pensare a Agostino Di Bartolomei?
«La storia di Agostino Di Bartolomei col Liverpool si lega a tante altre cose, a cose delicate. È un capitano che non ho vissuto da tifoso ma è quello a cui mi sono attaccato di più dopo. Quando ero grande. La famosa fascetta personalizzata non è nient’altro che un tentativo di fare una cosa semplice e sobria come ce l’aveva lui: una fascetta semplice e bianca sulla maglietta della Roma. Quando mi è stato proposto di metterci chissà cosa, ho voluto solo quello. Se non avessi tirato la fascia ai tifosi nessuno se ne sarebbe accorto, sono due anni che c’è scritto: “Sei tu l’unica mia sposa…”. (Pausa) Io volevo chiamare mio figlio Agostino. Ma mi ero giocato il jolly col nome della prima figlia e quindi l’accordo era che il nome doveva sceglierlo mia moglie. Ho abbozzato, ma mi piace il nome. Io l’avrei chiamato Agostino De Rossi. Forse sarebbe stato troppo».
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Siamo arrivati all’amore, che cos’è la Roma?
«Dovrei parlare un’ora e non basterebbe. ‘Tutti mi dicono: tu sei un tifoso. Si che sono tifoso della Roma, ma io sono un calciatore. non posso dare una definizione. La Roma può
perdere per colpa mia. vincere per merito mio. È una responsabilità grandissima. me la sento pesantemente sulle spalle. È un amore incredibile, cresciuto cogli anni. Nonostante mille volte abbia pensato dl mandare a fa***lo tutti. “ma lo sai che vi dico? lo me ne vado lì, “ma chi me lo fa fare”… “