Derby Champions

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IL TEMPO (T. CARMELLINI) – Trecentosessanta minuti per decidere tutto. Il presente, ma anche il futuro di Roma e Lazio che arrivano a questo ultimo squarcio di campionato con il fiato corto e la necessità di mettere un piede nell’Europa che conta del prossimo anno. L’ultima piazza utile per la Champions, rappresentata da un quarto posto che costringerà a un preliminare durissimo per la programmazione della nuova stagione, è divenuto traguardo comune delle due romane. L’unico. Per la Roma obiettivo minimo stagionale dall’inizio, dopo aver duellato con l’Inter per lo scudetto nell’ultimo lustro, la porta «secondaria» alla Champions rappresenta davvero il baluardo per non definire «disastrosa» questa annata comunque negativa. Il successo contro il Chievo all’Olimpico e il simultaneo ko delle due dirette concorrenti (Lazio appunto e Udinese), hanno incredibilmente riaperto uno spiraglio ai giallorossi che si sono buttati via in tutti i modi quest’anno: e l’alibi del cambio ai vertici societari non sta in piedi. Per la Lazio un finale in calo dopo esser stata per buona parte della stagione lassù, dove nessuno pensava di poterla trovare. Alla fine, anche per i biancocelesti il posto in Champions è diventato obiettivo minimo per poter definire positiva questa stagione nella quale, al pari se non più dei cugini giallorossi, hanno buttato via troppe occasioni: l’ultima a Milano contro un’Inter che sembrava poter esser domata e che invece proprio contro la Lazio, e in dieci uomini, ha ritrovato stimoli e vigore. Si è ricordata di esser l’Inter vincitrice di «tutto» appena un anno fa. Alla fine nel calcio la differenza la fanno sempre o quasi gli uomini. Le due romane si affidano così ai loro punti di riferimento, a quei giocatori in grado di fare la differenza. Montella il «suo uomo» lo conosce da tempo e la fiducia accordata all’amico Francesco è stata ampiamente ripagata dal miglior Totti delle ultime stagioni: riportato a fare il centravanti il capitano ha ritrovato la via del gol fermandosi a un passo dal record di Baggio. Reja invece il «suo uomo» lo aveva in casa ma forse il feeling con l’argentino Zarate non è mai stato quello giusto per valorizzare il talento biancoceleste. Anche contro l’Inter Zarate ha dimostrato che se sta bene, ha voglia, gioca nel posto giusto e sente addosso la fiducia di squadra e tecnico, può fare la differenza. Appare chiaro come la Lazio, se vuole arrivare in fondo e centrare l’obiettivo primario, non può fare a meno delle sue giocate, del suo talento. Alle qualità e ambizioni delle due squadre vanno aggiunte però diverse varianti: due su tutte. Il calendario e l’Udinese che resta nel mezzo e, nonostante un paio di passi falsi inattesi, è la squadra che sta giocando meglio. Le quattro partite che rimangono, pendono sicuramente dalla parte della Roma, che viaggia però con quattro punti di ritardo sulla Lazio, pur avendo il vantaggio negli scontri diretti in caso di arrivo a pari punti sia con i «cugini» che con i friulani. Dipenderà molto anche dalla voglia delle altre a partire proprio dall’Udinese che avrà lo scontro diretto con la Lazio tra due giornate al Friuli. Ma anche dalla Juve (sempre contro la Lazio), dal Milan che arriverà all’Olimpico contro la Roma (bisognerà vedere se sarà già campione d’Italia) e da Lecce, Catania e Samp: tutte ancora nel pieno della bagarre retrocessione. Come molto spesso accaduto in passato, alla fine potrebbero essere proprio le piccole a fare la differenza (vedi Roma-Samp dello scorso anno), la voglia di restare in A e le motivazioni che le avversarie avranno negli scontri con le due romane. I tifosi delle due sponde del Tevere sognano, pensano a un futuro in Champions, ma soprattutto fanno i conti con le ambizioni dell’altra sponda. I giallorossi vorrebbero qualificarsi grazie agli scontri diretti nei derby e magari mandare la Samp in serie B per un senso di vendetta ritardato. I laziali di qualificarsi ovviamente ai danni della Roma: magari grazie ai torti arbitrali subiti dall’Udinese proprio nella gara contro i giallorossi… Si vedrà!

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