Derby. La storia di Alessandro: “A me disabile laziale lo stadio era...

Derby. La storia di Alessandro: “A me disabile laziale lo stadio era stato vietato”

SHARE

rassegnastampaIlMESSAGGERO.IT -FABRIZIO ANGELI – «Mi chiamo Alessandro, ho un grave handicap dalla nascita e sono giorni che mi batto per ottenere il diritto di andare a vedere il derby allo stadio». Il racconto delle disavventure di un tifoso laziale è comparso ieri mattina su un blog e ha presto fatto il giro del web, spinto solo dalla sua grande forza di volontà e dalla rabbia per questa storia di ordinaria follia istituzionale e discriminazione e barriere architettoniche e mentali che ha scatenato un vero tam tam di indignazione nella Rete e non solo.

In sintesi, la sua Lazio stasera gioca il derby “in trasferta” e così Alessandro, «abbonato biancoceleste da sempre in tribuna Tevere», giovedì va in un negozio a comprare un biglietto per disabili con accompagnatore per la stessa sezione dell’Olimpico. Ma quando mostra al Roma store la famigerata tessera del tifoso (ovviamente laziale) necessaria per l’acquisto il commesso si scusa di «non essere autorizzato a emettere nessun biglietto a disabili che non siano di fede romanista». Alessandro non si dà per vinto e comincia a interpellare tutti: la società giallorossa, l’Osservatorio nazionale per le manifestazioni sportive, persino il Coni. «Niente da fare – racconta con voce ancora incredula – secondo le nuove disposizioni per la sicurezza non posso comprare biglietti né per quel settore né per nessun altro dello stadio, perché costretto in carrozzina».

Eccesso di zelo. In effetti l’inghippo c’è e persino evidente: i disabili possono assistere alle partite dell’Olimpico solo dalla tribuna Tevere, che però da quest’anno in occasione dei derby è stata totalmente assegnata alla tifoseria “di casa”, per evitare contatti con gli avversari. «Come se un romanista dopo un gol subito se la possa prendere con me in carrozzina», commenta amaro Alessandro, 43 anni, da 22 impiegato alla Bnl, una casa a Monteverde con moglie e due figli piccoli.

Cuore da sportivo. «Sono nato il 9 gennaio, come la Lazio, e l’anno dello scudetto ero il portafortuna di mister Eriksson: mi voleva all’allenamento del sabato, mi sedevo in panchina e ogni volta diceva “Tienimi gli occhiali, sennò si rompono”». Alessandro è un tifoso speciale per davvero, al di là dei luoghi comuni che si usano per metterci la coscienza a posto sulla disabilità. Uno come lui, che negli anni si è conquistato l’amicizia di tanti calciatori e allenatori oltre all’affetto dei tifosi di tutti i colori, fuori dalla sua curva proprio nella magica sera del derby non ci si vede proprio. «Ora che ho messo su famiglia ho un po’ allentato questa mia passione, ma mi sento ancora con molti: Guerino Gottardi, Beppe Favalli con cui avevamo il rito del “caffettino” prima dell’allenamento a Formello, il grande Roberto Mancini che mi regalò la maglia della sua ultima partita in Champions League con le firme di tutta la squadra dopo la morte di mia madre. E ora vengono a dirmi che la mia semplice presenza allo stadio è diventata un “problema”».

Un po’ di buonsenso. Altre telefonate, sollecitazioni, l’attenzione di qualcuno meno distratto all’Osservatorio e nella società e alla fine il “problema” si trasforma in una bella notizia: «Una telefonata, la Roma si scusa per l’accaduto e mi invita al derby con due biglietti omaggio. Ma non è giusto che persone nella mia condizione siano costrette a montare uno scompiglio simile per poter vedere una partita di calcio. Spero solo che la mia storia sia utile a quei tifosi che si sono dati per vinti». Due biglietti per la Monte Mario, e questa sera Alessandro potrà sentirsi un tifoso come tutti.

NO COMMENTS

LEAVE A REPLY

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.