La Gazzetta dello Sport (M.Cecchini) – Tutti in piedi. Nessuno si senta escluso. Per chi ha a cuore il calcio italiano, è una notte da «selfie» collettivo, come quelli che i giallorossi fanno dentro gli spogliatoi abbracciandosi. Il presidente Pallotta è raggiante e alla fine piomba nella zona degli spogliatoi per congratularsi con tutti, ma in particolar modo con l’artefice principale di questa vittoria: lo stratega Eusebio Di Francesco, che viene addirittura accolto in sala stampa dall’applauso dei giornalisti. «Finalmente raccogliamo i frutti del nostro lavoro. Giusto o sbagliato che sia, in Italia si guarda sempre al risultato e quindi, come mi prendo le critiche, stavolta accetto anche i complimenti. Io ci ho creduto, l’ho trasmesso al gruppo e ho provato a mettere i giocatori nelle condizioni migliori. Avevo pensieri positivi. Dopo il k.o. con la Fiorentina non ho dormito fino alle 5 e così, visto che sono un pazzo, ho studiato questo nuovo sistema di gioco in grado di mettere una pressione differente al Barça. Se fosse andata male mi avreste ammazzato. All’andata meritavamo 6,5, però stavolta abbiamo trascinato l’ambiente e meritiamo un 10 e lode contro una squadra che non aveva mai perso in questa Champions. Non è stata fortuna: ce lo siamo meritato. Non è nato un nuovo sistema di gioco, è nata una filosofia. L’Italia aveva bisogno di una squadra di caratura europea e abbiamo dimostrato di esserlo».
ROTTA SU KIEV – Perciò il tecnico ha creato una Roma fantastica, che può vantarsi addirittura di non aver subito neppure un gol nelle partite europee giocate in casa. Non basta. Stavolta si è sbloccato anche l’attacco. «Merito anche di Schick – aggiunge Di Francesco, che sulla porta dello spogliatoio ha abbracciato uno per uno giocatori e staff – Ho fatto questo sistema di gioco per aiutarlo e avvicinarlo a Dzeko in zona centrale. A livello tattico è stato quasi perfetto. Il lavoro di squadra è stato eccellente. Ora non dobbiamo accontentarci, come a Roma a volte succede. Perché fermarci? Io punto alla finale di Kiev, ci credo. Ora penso al derby, ma voglio la stessa fame anche nel campionato. Il rigorista? Lo scelgo io: erano De Rossi e Nainggolan, ma il primo era Daniele». È ora di stappare champagne: «Vero, festeggerò con la mia famiglia, ma ricordatevi che si può festeggiare sempre qualcosa di più importante». Messaggio forte e chiaro. Kiev, ormai, è solo a due passi.